Alto Friuli: “Dov’era, com’era” paradigma della rinascita di Venzone dopo il sisma

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di Luciano Simonitto – Carnia di Venzone.

Il neo eletto presidente della Regione visita Gemona e l’addita quale capitale della ricostruzione per anastilosi. Credo abbia confuso la “capitale del terremoto” e quindi del dolore, con un modulo particolare di riedificazione, alimentando così l’antagonismo che serpeggia tra le due cittadelle fin da secolo XII. Il nostro presidente è giovane, ben per lui, non conosce il passato pedemontano, non sa che ricostruire “dov’era, com’era” comportava rancori, odio, la perdita di voti, dieci-quindici anni di baracca. Tempi di ricostruzione lunghi perché tale dogma comportava il trasferimento del centro storico in altro sito per la ricomposizione dei conci, numerati, fotografati, posti orizzontalmente qual fossero lignei galleggianti in uno stagno, a fine opera ripresi per essere riposti nel sito originale.La scelta operata dai consiglieri comunali del terremoto, in primis dal sindaco Antonio Sacchetto, è stata categorica. Dettata dalla filosofia del “dov’era, com’era” paradigma della rinascita della cittadella, monumento nazionale, scrigno d’arte dalla cultura mondiale. Le scelte da noi operate non riscontravano il plauso popolare e le tante vittime facevano aleggiare sentimenti iconoclastici verso “l’antico” che si tradussero in un doloso incendio dove erano stati riposti i rilievi del duomo. Costruire “extra moenia” come a Gemona sarebbe stato facile sia sotto l’aspetto economico che cronologico, avrebbe evitato 10, 15 o più anni di baracca. Ma a quale prezzo? La perdita di entelechie stilistiche che ci accomunano agli stilemi oltralpini, veneti, fiorentini. Potrei addurre molte valenze artistiche diffuse inter moenia ma lo spazio concessomi mi induce a ritenere sufficiente indicare il portale più ornato del tempio, quello del Cristo Pantocratore attorniato dai simboli dei quattro evangelisti identico a quello di Chartres (Parigi 1194-1225) culla dell’arte gotica. Da ex consigliere di Venzone dal 1975 al 1999, suffragato dalla partecipazione dei consiglieri operanti prima e dopo il terremoto, colgo l’occasione per invitare il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, a visitare e “leggere” Venzone anche perché ci sono ancora delle ferite dell’orcolat cui l’ente da lui retto dovrà porre dovuta attenzione. Ai gemonesi non mi rimane che il classico adagio “omnis quisque faber fortunae suae” , cioè ognuno è artefice del suo destino.