Alto Friuli: scossa del 30/01/2015, parla l’esperto «Quello del ’76 fu tremila volte più forte»

 L’epicentro della scossa di terremoto avvertita ieri notte in Friuli all’1.45 è stato individuato dagli studiosi del Centro ricerche sismologiche di Udine nella zona tra Moggio Udinese e Resiutta, sotto il versante settentrionale del monte Plauris. Partita da una profondità di circa quindici chilometri, ha avuto una magnitudo di 4.1 gradi della scala Richter. Una potenza, come spiega il ricercatore del Crs Gianni Bressan, «tremila volte inferiore rispetto a quella sprigionata durante il sisma del 1976». Nella giornata di ieri non ci sono state segnalazioni di danni a persone o cose. Per Marco Mucciarelli, direttore del Crs, «il terremoto è avvenuto in un’area sismicamente molto attiva, poco a nord dell’epicentro del terremoto del 1976, la più sismica della regione. Dal 1977, da quando è attiva la rete di monitoraggio, i terremoti più rilevanti sono stati quelli di Chiusaforte (18 aprile 1979, magnitudo 4.8); di Mena (1 febbraio 1988, magnitudo 4.1); del Monte Sernio (14 febbraio 2002, magnitudo 4.9). Il terremoto è stato sentito in un’area non molto estesa, con effetti di scuotimento del suolo ben al disotto dei parametri necessari per causare problemi. Dopo un evento sismico di rilievo come quello della notte tra giovedì e ieri c’è la possibilità – avvertono gli esperti – che nelle prossime due settimane, o forse per un periodo anche più lungo, ci siano “repliche”, ossia nuove scosse dello stesso ordine di grandezza o comunque entro un grado (nella giornata di ieri ne erano state registrate circa sette). «Stiamo monitorando la situazione momento per momento – sottolinea Bressan – perché, nel caso ci fosse un’altra scossa di una certa importanza, il quadro potrebbe modificarsi ulteriormente provocando una sorta di reazione a catena». Gianni Bressan, originario della frazione di Mena, in Comune di Cavazzo Carnico, quest’anno compirà sessant’anni e nella sua mente i ricordi del 1976 (all’epoca aveva poco più di vent’anni) sono nitidi. «Non avrei mai immaginato – racconta – di diventare uno studioso dei terremoti, invece faccio questo lavoro da circa trentadue anni. Capisco bene che cosa si prova quando si sente una “botta” di terremoto. È una paura a cui non ci si abitua mai». Lo dimostrano le decine e decine di telefonate che, a cavallo delle 2, sono arrivate ai centralini del vigili del fuoco e della protezione civile. «Hanno chiamato una ventina di persone, manifestando curiosità e preoccupazione» riferiscono infatti dal comando dei pompieri di via Popone, a Udine. Il Centro ricerche sismologiche di Udine, che fa parte dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), per il 2014 ha realizzato una mappa degli eventi sismici che si sono verificati in Friuli Venezia Giulia. «Si è trattato di scosse – precisa il ricercatore Bressan – di magnitudo compresa tra 1.4 e 3.2. Il tasso di sismicità, dunque, è stato piuttosto blando e ha riguardato, in particolare, la zona tra Venzone e Cavazzo; quella tra Villa Santina, Tolmezzo e Verzegnis e quella di Trasaghis. Poi, il 18 gennaio, nell’area di Villa Santina c’è stata una scossa di magnitudo 2.9. Il territorio friulano, spiegano ancora dal Crs, è una zona sismica caratterizzata dalla collisione tra la micro-placca Adriatica (di origine africana) e il continente euro-asiatico. Grazie alla rete geodetica di stazioni Gps denominata FreD- Net (Friuli regional deformation network, www.crs. inogs.it/frednet)si è potuto stimare un movimento in atto dell’area friulana in direzione nord di 2-3 millimetri all’anno. La rete sismometrica del Friuli, inserita nella più ampia rete dell’Italia Nord-Orientale del Crs (http:// rts.crs.inogs.it), consente di rilevare e localizzare i terremoti e di stimarne l’energia rilasciata (espressa grazie alla magnitudo). Il primo nucleo di questa rete sismometrica, composto da 7 stazioni, fu installato il 6 maggio 1977 nell’area epicentrale del terremoto del Friuli. Nel tempo, come detto, si è estesa all’intera Italia nord-orientale e, tramite lo scambio dati con le reti nazionali di Italia, Austria, Slovenia e Svizzera, contribuisce al monitoraggio sismico del settore alpino sud-orientale. Dal 1977 sono stati localizzati circa ventimila eventi, di cui novecento con magnitudo superiore a 3, potenzialmente percepibili dall’uomo. Molto più raramente, i terremoti possono avere effetti catastrofici. In Friuli ciò è avvenuto ad esempio nel 1976, nel 1511 e nel 1348. Nell’ultimo secolo hanno causato danni significativi anche i terremoti di Tolmezzo del 1928, del Cansiglio del 1936 e di Bovec, poco oltre il confine italo/sloveno, nel 1998 e nel 2004. Convivere e difendersi dai terremoti è però possibile: basta seguire le indicazioni che arrivano dalla sismologia, dalla geotecnica e dall’ingegneria sismica per minimizzare i potenziali effetti di questi eventi naturali. La conoscenza del carattere sismico del nostro territorio, l’utilizzo di costruzioni adeguate, il rispetto dei vincoli in aree soggette a frane e dove il terreno amplifica le onde sismiche, sono, assieme all’informazione preventiva e alla capacità di pronto intervento a seguito di fenomeni sismici, gli elementi chiave per ridurre il rischio sismico.