Ampezzo: i Postini non ci stanno, facile prendersela con l’ultima ruota del carro

di ” I postini Ampezzo” da “Lettere al MV” di oggi.

Il 16 aprile, sul Messaggero Veneto, è stato pubblicato un breve articolo riportante le proteste sporte dal comune di Ampezzo contro Poste italiane per la ritardata consegna del bollettino comunale. Il contratto di recapito programmato, stipulato con Poste italiane, prevede infatti la consegna immediata di tale bollettino, da concludersi in un arco di tempo non superiore alle nove giornate. Invece, a detta del sindaco Michele Benedetti, il bollettino è stato recapitato a macchia di leopardo con un ritardo di circa 10 giorni. Il consigliere comunale Carlo Petris, si è espresso con le seguenti parole: «Temevamo che qualche postino avesse cestinato il bollettino comunale». «È un’altra vergogna», conclude il consigliere con stoica rassegnazione «ma dobbiamo abituarci». Quella che ad alcuni può apparire come una semplice e forse innocua insinuazione, ferisce con l’amaro retrogusto di un’accusa ingiustificata e infondata i diretti interessati – i postini a cui il disservizio viene imputato con l’accusa più odiosa: non quella di aver ritardato la consegna a causa di un’imprevista e ingente mole di lavoro, o di un ritardo nello smistamento della posta, bensì quella di essersi addirittura disfatti dei bollettini in questione, di averli cestinati, non si sa bene se per pigrizia o per dispetto. Ma c’è in fondo da meravigliarsi di fronte a tale accusa? Come sappiamo le proteste per il malfunzionamento o il disservizio di una prestazione vengono, per comodità e forse mancanza di fantasia, fatte ricadere sempre sull’ultima ruota del carro, l’ingranaggio che sta alla fine della catena di montaggio: l’impiegato, il dipendente di basso rango, il postino. Non ci si interroga mai invece sulle ragioni più profonde, endemiche e direi quasi sistematiche, del malfunzionamento stesso. Non si investiga cioè le condizioni di lavoro in cui il disservizio prende forma, quasi che il sistema fosse da considerarsi a priori positivo, il migliore possibile, e dunque i disguidi fossero automaticamente da imputare alel “mele marce” che ne compromettono il regolare funzionamento. Quest’accusa superficiale sembra tanto alla diagnosi di un medico frettoloso che preferisce basarsi sulle dicerie e sull’apparenza, piuttosto che andare a fondo con un’analisi scientifica e accurata delle condizioni del paziente. Un modo come un altro perché il “tutto resti com’era” tipicamente italiano possa andare avanti indisturbato. Ai fini di una diagnostica attuale e più attenta, noi possiamo forse contribuire con la nostra scarsa, ma pur sempre utile e rilevante, conoscenza da “ultime ruote del carro”. I bollettini comunali in questione, così come documenti ufficiali attestano, sono pervenuti all’ufficio postale di Tolmezzo in data 9 aprile e sono stati dunque consegnati nel corso delle tre giornate seguenti da quegli stessi postini accusati di non saper distinguere i cestini dalle buche delle lettere. Quello che è successo ai bollettini dal 27 marzo, data in cui sono stati portati alla Posta di Udine, al 9 aprile, quando finalmente sono arrivati a Tolmezzo, non ci è dato di sapere, in quanto la nostra conoscenza è appunto limitata dalla posizione localizzata che occupiamo nel sistema. Sia come sia, di un certo disservizio c’è stato e chi di dovere in Poste italiane si occuperò di risarcirlo. Dal canto nostro sappiamo che nessuno ci risarcirà delle accuse infondate che abbiamo ricevuto. D’altra parte, per riutilizzare le parole di stoica rassegnazione del consigliere comunale, quest’accusa è un’ennesima “vergogna”, a cui però non possiamo che “abituarci”