Coopca: la rabbia dei soci e dei lavoratori, Procura indaga sul concordato, i consulenti e i loro compensi

di Domenico Pecile.
I volti della rabbia e dell’indignazione. I volti della disperazione e della paura. Eccoli i volti dei dipendenti, dei soci prestatori, dei semplici cittadini, di rappresentanti di amministrazioni locali, dei delegati di altre realtà industriali. Eccoli i volti increduli delle cinquecento persone sferzate da vento, freddo e pioggia, ammassate a fianco del “mausoleo” della CoopCa, il magazzino da 15 milioni di euro, paradigma di una catena di errori e oltraggio al buon senso, alla sobrietà e all’efficienza. «Se muore la CoopCa muore anche la Carnia». Il cartellone campeggia a ridosso dei manifestanti. Quel manifesto vuole esorcizzare la paura, rimuovere lo spettro di una debacle economica che porta il nome di soluzione “spezzatino”, la vendita cioè dei singoli punti vendita al migliore offerente, smembrando la CoopCa e le sue radici che affondano nella storia del mutualismo carnico. Storia di orgoglio, laboriosità, solidarietà, economia. «Una storia – dirà dal palco improvvisato il segretario generale della Cisl Alto Friuli, Franco Colautti – che all’orizzonte vede ora delinearsi una fine ingloriosa a causa di inadeguate e avventate scelte manageriali e gestionali che ne hanno snaturato i valori fondanti. Ci sono già casi di piccoli Comuni (Dogna, Raveo, Ligosullo, Preone , Resiutta) che ormai non hanno né una scuola, né una farmacia, né uno sportello bancario. Se vengono meno anche i negozi potremo dire addio anche agli ultimi presidi sociali nelle comunità». Quei volti si aggrappano alla possibilità che il Tribunale ammetta CoopCa al concordato preventivo per evitare il fallimento. Il Piano del cda è depositato da giorni. Per adesso si sono fatti avanti Alì spa e Discount, La prima azienda rileverebbe due negozi in Veneto, l’altra i negozi di Tarvisio, Rivignano, Codroipo, Spilmbergo e Tolmezzo mercato. Pochissimo se si pensa che ce ne sono 38. Il tribunale di Udine ha accettato poi la richiesta di prorogare fino all’8 aprile la possibilità di presentare ulteriori integrazioni al piano, sperando in un salvataggio delle coop nazionali, guidate da Coop Nordest. Potrebbero essere acquistati altri 13 punti vendita. Le coop solidarizzano con i soci prestatori che hanno subito il congelamento dei loro 26 milioni di risparmi con il rischio di non vederli più, ma mandano a dire che la distribuzione piccola e media non può non soggiacere alla dura lex del mercato, dei fatturati, dell’economicità, dei bacini di utenza. Quindi anche ieri mattina, in occasione dello sciopero dei lavoratori proclamato dalle organizzazioni sindacali di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uil Tucs preoccupati per le ricadute occupazionali e sociali della crisi, più volte è stato ribadita la richiesta di aiuto alle centarli cooperative. Il timore è anche quello che quello deposititato sia un Piano debole, monco. «Scriva pure – dichiara un socio prestatore – che il Piano presentato dal cda fa acqua sia sotto il profilo economico, sia sotto quello tecnico. E avremo modo di spiegarlo». E ieri tra quei cinquecento volti intizizziti, c’era anche quello dell’attuale presidente di CoopCa, Ermano Collinassi. Per lui un’accoglienza fredda, ma né insulti, né verbosità. Un manifestante gli ha ostentato a pochi centimetri dal viso un cartello con la scritta “I lavoratori a pagare, i dirigenti a ballare”. Guardano alle centrali coop e alla politica, sindacati, dipendenti e soci prestatori. Lo strappo della presidente Serracchiani nei confronti del cda («Gestione molto poco oculata con scelte azzardate») oltre ad allungare nuove, inquietanti ombre sulla vicenda CoopCa, da molti ieri è stata giudicata tardiva. «Dalla politica ci aspettavamo e ci aspettiamo di più», precisa un manifestante. E non a caso quando dal palco viene annunciata la presenza del’europarlamentare Isabella De Monte non ci sono applausi, ma soltanto un urlo ironico che squarcia l’attimo di silenzio: “Era ora”. Lei c’era, però. Di consiglieri regionali nemmeno l’ombra. E sempre ieri è rimbalzata la notizia che anche la Procura, oltre a continuare il lavoro di indagine (allo stato attuale ci sono dodici indagati) sta esaminando il Piano per verificarne tutti gli aspetti e sul quale dovrà esprimersi dopo il giudizio del Tribunale. E che la procura abbia sottoposto CoopCa ai raggi X lo dimostra il fatto che lo scorso mese di gennaio aveva chiesto la nomina di un commissario straordinario. La prima replica era arrivata dall’assessore regionale alle Attività produttive, Sergio Bolzonello, secondo cui tutto era sotto controllo e che le osservazioni della Procura erano superate giacchè il cda si era rinnovato per buona parte con avvicendamenti o per dimissioni. E sempre ieri, a margine della manifestazione, un socio prestore ha fatto sapere che l’emolumento per i due professionisti indicati dalla Regione per redigere il piano, Verziagi e Masi, è pari a 66 mila 500 euro. «Ci risulta – aggiunge – che la Regione non metterà un euro e che quindi la spesa sarà sobbarcata dai soci prestatori». Susanna Pellegrini, segretaria regionale Cgil commercio ha ribadito nel suo intervento che «ci sono errori e gravi responsabilità. Oggi però non è il giorno della ricerca della responsabilità di questo disastro, sarà la giustizia amministrativa a fare il suo corso». Vero è – ha sottolineato – che dal 17 novembre data in cui CoopCa ha presentato la richiesta di concordato a oggi sono passati quasi cinque mesi. «Oggi siamo qui perché c’è bisogno di una accelerazione e di una volontà comune». Unità e volontà comune sottolineate anche dal sindaco di Tolmezzo Brollo e fatta propria dai suoi colleghi di Paluzza, Enemonzo, Ampezzo, Lauco, Tarvisio, Ovaro, Paluzza, Raveo, Prato Carnico, Socchieve, Verzegnis e altri ancora. I cinquencento volti ascoltano. C’è poca voglia di applaudire perché non c’è nulla da applaudire. In prima fila una signora tiene tra le mani il cartello con la scritta “Avete fatto più danni di due guerre”. Concetti riassunti bene da Ezio, dipendente di Coopca e da Gloria arrivata da Trieste che al termine del suo intervento chiede in un silenzio assordante: «Di che vita vivremo»?