Franceschino Barazzutti: la ritirata (delle Istituzioni) dalle valli della Carnia

Ospitiamo un intervento del già sindaco di Cavazzo Carnico Franceschino Barazzutti sul tema delle UTI, oggetto di molte recenti discussioni e da lui ripreso in chiave polemica. «Con la recente elezione da parte dei sindaci della Carnia del sindaco di Tolmezzo Brollo a presidente dell’Unione territoriale intercomunale è giunta a compimento anche sul piano istituzionale la ritirata dalle valli della Carnia. In verità la ritirata è iniziata alcuni anni fa con l’avanzare dell’onda del centralismo fatto propria sia dal centrodestra che dal centrosinistra che, in ciò, pari sono. Sintomatico è il caso del servizio idrico che d’intesa hanno prima centralizzato in Carniacque spa togliendolo ai Comuni per portarlo ora da Tolmezzo al Cafc di Udine». «Questa ritirata dalle valli è il prodotto, da un lato, di una teoria politica liberista, di destra, fatta purtroppo propria e accentuata dal Pd, che ritiene di risolvere i problemi con il centralismo (vedi tribunale, servizio idrico, Uti), dall’altro dello smarrimento della cultura – e quindi della politica – montanara negli stessi abitanti della montagna e nei loro sindaci. Di quest’ultimo aspetto ho avuto la controprova assistendo alla riunione dei sindaci della Carnia in occasione della discussione e approvazione dello statuto dell’Uti. Tralasciando i timorosi e rinunciatari interventi di troppi sindaci improntati al “non va bene, ma è il male minore” oppure al “se non lo approviamo ci mandano il commissario”, mi ha colpito l’intervento del sindaco di un piccolo Comune destinato a contare nell’Uti quanto il due di coppe quando briscola è denari, destinato, come tanti altri, ad avere in municipio un computer, un dipendente e …tanti spazi vuoti. Secondo questo sindaco la costituzione delle Uti è positiva poiché pone indistintamente tutti i territori della nostra regione sullo stesso piano, per cui avranno successo o falliranno tutti insieme. Posizione che rivela chiaramente che il nostro sindaco ha smarrito l’identità del proprio territorio che in politica si esprime nel “differenziale montagna”, la cui rinuncia equivale al suicidio». «Agli amministratori pubblici della Carnia sfugge anche il notevole e sostanziale passo indietro costituito dalla sostituzione della Comunità montana con l’Uti. Infatti, mentre la Comunità era lo strumento dei Comuni per la programmazione e promozione dell’armonico sviluppo economico e sociale dell’intero territorio montano, in particolare di quello “alto”, l’Uti è lo strumento dei Comuni per l’organizzazione dei servizi sull’intero territorio. In sintesi: la Comunità aveva una qualifica politica, l’Uti ha una caratterizzazione organizzativa. Il che pone una domanda: chi provvederà alla elaborazione politica complessiva per la Carnia ed alla programmazione dello sviluppo? Si pensa forse di elevare l’organo esecutivo “Consorzio Industriale” anche a ente politico programmatore dello sviluppo economico?» «Mentre i sindaci discutono giustamente sulle Uti, sfugge loro che l’ultima legge organica della Stato sulla montagna – la 1102 – risale al 1971. Poi non c’è stato nessun provvedimento organico (la legge 97/1994 tale non è) per fermare e invertire il declino della montagna. Sarebbe il caso di chiedere all’Uncem e al suo presidente nazionale on.le Borghi del Pd, alla presidente Serracchiani, detentrice della delega alla montagna, nonché vice segretaria nazionale del Pd di sollecitare governo e parlamento ad approvare una nuova legge organica per la montagna. Contemporaneamente va elaborata dal basso sul territorio una “vertenza montagna”». «In questi giorni 40 anni fa eravamo nelle tende sotto le scosse del terremoto. La gente si organizzò spontaneamente prendendo in mano la situazione. Ora davanti al terremoto economico-sociale è indifferente e subisce. Allora ai nostri piccoli Comuni, attraverso uno spinto decentramento, furono attribuiti gravosi compiti che seppero assolvere egregiamente in quelle circostanze straordinarie. Ebbene, quel decentramento e quell’autonomia, che produssero in quella situazione straordinaria il meraviglioso risultato della ricostruzione, perchè non si attuano a maggior ragione anche nell’attuale situazione ordinaria?» Sotto il cielo della Carnia c’è troppa confusione. La cultura e la politica vera sono state cacciate via da un lato dall’indifferenza della gente e dall’altro lato dal servilismo verso chi comanda in Regione di quella che dovrebbe essere la classe dirigente locale». «O la gente di Carnia esce dall’indifferenza, prende a cuore il destino della propria terra, ricostruisce lo spirito proprio delle comunità di montagna e in esse individua ed elegge ai vari livelli i propri rappresentanti politici e istituzionali tali che abbiano la dignità, la volontà e il coraggio di combattere, tenendo la schiena ben diritta, per il bene della propria terra e non per il proprio, o la Carnia sarà in breve solo un’espressione geografica, svilita persino nel suo nome proprio da quello posticcio di Alto Friuli».