Friuli: la Furlana, danza parente povera della Taranta

di Valter Tomada

Così lontane, così vicine. La taranta di Puglia – oggetto di revival negli ultimi anni – e la furlana, danze tipiche di due regioni agli antipodi dell'Adriatico, uniche due danze estatiche superstiti in Italia: con elementi di similarità come il perenne moto rotatorio che richiama a danze orientali come quelle sufi dei dervisci rotanti. Questo parallelo apparentemente ardito fu tracciato per la prima volta da uno che di musica ed estasi se ne intendeva, don Gilberto Pressacco  e non stupisce che in memoria della sua visionaria attitudine a rintracciare legami culturali molto oltre l'apparente banalità, la rassegna «Terre dell'uomo» abbia voluto sviluppare un incontro sul tema a Coderno di Sedegliano, in collaborazione con l'associazione a lui titolata. A spiegare l'unicità di queste danze sono stati gli etnomusicologi Pino Gala e Placida Staro, che colloquiando con Valter Colle hanno mostrato le peculiarità di queste danze popolari. Ciò non toglie che negli ultimi decenni abbiano subito contaminazioni così forti da non essere quasi più riconoscibili nei loro tratti autentici: e sarebbero necessari da un lato un lavoro filologico per recuperarne l'essenza genuina, dall'altro un'azione di proselitismo per tenerne in vita la pratica. In Puglia ci sono riusciti, trasformando le notti della taranta in un grande evento turistico con ampio spiegamento di fondi pubblici (800mila euro l'anno); la furlana è tenuta in vita solo dai gruppi folkloristici, ognuno a suo modo. Destino inglorioso per una danza così intrigante e diffusa che si meritò l'attenzione di un Papa come Pio X, che nel 1913 la consigliò ai giovani al posto del "diabolico" tango, ispirando un irriverente sonetto al mordace Trilussa. La furlana era già stata edulcorata in senso più conforme alla morale, perché in passato era ritenuta scandalosa. La versione sistematizzata da Titta Marzuttini l'ha resa più castigata e semplice, comunque meritevole di interesse da parte di artisti come Ravel, che nella suite per pianoforte "La tombeau de Couperin" chiama un movimento proprio "forlane" in onore di quella danza che veniva da Oriente ma piaceva anche in Occidente. Come sosteneva Pressacco.<br />