Pontebba: in mostra le scatolette che raccontano la Grande guerra

di Davide Francescutti.
Una scatoletta di latta contenente carne o pesce, dai colori vivaci e ammiccanti ma da consumarsi in un contesto di distruzione, spesso ultimo pasto prima di un periodo in prima linea che poteva significare la morte. Il vissuto quotidiano delle truppe italiane e austriache che si fronteggiavano cento anni va sul confine a Pontebba ci viene restituito dalla mostra “La Grande guerra di latta”, interessante raccolta delle abitudini alimentari durante il conflitto che si è meritata per questo, grazie a un parallelismo con la manifestazione universale milanese, il marchio di Expo 1915. In esposizione dal primo al 30 agosto, nella sala del consiglio comunale, oltre 300 oggetti che i volontari dell’associazione “Quello che le montagne restituiscono” hanno ritrovato negli scorsi anni durante i lavori di recupero di trincee e fortificazioni che dal giugno scorso fanno parte del nuovo parco tematico sulla Grande guerra Bombaschgraben (vallone del Bombaso in tedesco, dal nome di un torrente della zona di Pontebba). «Abbiamo preso il titolo della mostra – spiega il presidente dell’associazione Simone Del Negro – dall’omonimo libro delle Edizioni Menin scritto da Giovanni Dalle Fusine e Gianluigi Demenego: come loro, abbiamo voluto mostrare la quotidianità delle truppe al fronte attraverso il cibo, elemento di vita legato però in questo contesto alla morte». In quello che rimane dei baraccamenti a ridosso della prima e seconda linea di combattimento, i volontari friulani hanno trovato nel terreno e tra le rocce numerose testimonianze dei pasti dei soldati: non solo lattine, ma anche bottiglie, gavette e posate, debitamente ripulite e restaurate. «Le scatolette – continua Del Negro – contenevano all’incirca 220 grammi di tonno o di carne ciascuna, ma potevano essere consumate soltanto dopo il nulla osta dei superiori quando mancava il rancio caldo preparato dalle cucine da campo». Con i loro disegni sgargianti donano colore alla memoria storica, basata su fotografie in bianco e nero, permettendo pure un viaggio nel marketing pubblicitario dell’epoca. «In esse – sottolinea il presidente – si può ammirare la pregevole grafica dei marchi, alcuni ancora presenti nelle nostre dispense, come Cirio o Bertolli. C’erano prodotti etichettati con nomi patriottici, come “Antipasto finissimo Trento e Trieste”, “Alici alla Garibaldi”, “Filetti Savoia” o dedicati al generale Cadorna, tutti con l’immancabile tricolore». Con il protrarsi della guerra l’alimentazione, o per meglio dire la fame, divenne anche determinante per l’esito finale dei combattimenti. «Le razioni alimentari – conclude Del Negro – dovevano assicurare al soldato italiano circa 4.350 calorie, ma alla fine del 1916 vennero ridotte e il morale delle truppe ne risentì. Per questo sul fronte del Piave si pensò di rivitalizzare l’animo dei soldati aumentando la quantità di cibo distribuita. Di contro, la razione distribuita ai Kaiserjager austriaci era inferiore, con 200 grammi di carne in brodo che alla lunga fecero la loro parte nelle sorti del tragico primo conflitto mondiale». In concomitanza con la mostra, il 30 agosto, alle 20, sarà presentato il libro “I dolci del ricordo” di Maria Cristina Castellani, discendente di profughi pontebbani a Genova.