Quando la storia passa dalla Carnia, qualcuno ricorda Giuseppe Chittaro Job?

 

Io, Ermes Dorigo, sì, perché, quando fu interrogato dai Carabinieri di Tolmezzo, gli chiesero se conoscesse qualcuno e lui buttò lì il mio nome, per cui fui gentilmente accompagnato da due Carabinieri in caserma, per chiarire la mia posizione. Io risposi che non lo conoscevo e che forse poteva essere uno dei “grandi”, quando ero in Collegio dai Salesiani. Una veloce verifica confermò quanto avevo affermato e con tante scuse potei tornarmene tranquillo – come quando ero stato convocato –a casa.

Da: Lotta Continua,13 febbraio 1980

Udine, 12 – Giuseppe Job Chittaro, l’uomo che avrebbe consegnato il documento su Fioroni a Pat Trivulzio ha alle spalle una storia lunga ed avventurosa. Chittaro non è un  triestino come scrivemmo nel giornale di domenica ma un friulano, come suggeriscono i cognomi, tipici di quest’angolo d’Italia e come dicono i dati anagrafici del comune di Udine, la città dove nasce una quarantina di anni fa. Figlio legittimo per alcuni, figlio adottivo di Giuseppe e Olimpia Job, per altri, Chittaro cresce a IIleggio, una frazione di Tolmezzo tra i monti della Carnia. Di questo paese sperduto e sconosciuto Chittaro finirà per essere il personaggio più famoso. Ma anche il più inquietante per le vicende che celebrità gli hanno dato. La prima volta che Chittaro sale agli onori della cronaca – titoli e foto sui giornali locali -è agli inizi degli anni ’70, imputato nel processo che si celebra il 16 maggio del ’72 nella piccola aula del tribunale di Tolmezzo. Il processo deve giudicare Chittaro – che non si presenta – per una serie di piccoli reati, furtarelli che non sempre hanno a che vedere con la professione, vera o pretesa, del rivoluzionario: alcuni gioielli finti rubati ad una statua della madonna in una stradina di montagna, uno zaino, una coperta e dei liquori rubati in un rifugio alpino, due vecchi moschetti Beretta calibro 21, sottratti ad un poligono militare dove il custode l’ha riconosciuto. Ma, sul fondo delle piccole ruberie, raccontate dalla lettura delle deposizioni rese in istruttoria dal Chittaro, si aprono squarci di una oscura vicenda accaduta tra il settembre e l’ottobre del ’69. Una storia che ha per drammatici ingredienti la morte di un anarchico, l’esistenza di una radio emittente clandestina, ed un campo di addestramento «guerrigliero» in alta montagna. Lontano dalle grandi città, nel cuore di un’area sottosviluppata coperta di caserme e di malcontenti, avrebbe dovuto sorgere – a quanto racconta Chittaro –  riedizione della Sardegna dei caschi blu e del banditismo, un’isola di guerriglia.

Legato a Feltrinelli e alfiere di questa Sierra maestra da strapazzo, proprio lui, Giuseppe Job Chittaro. Che incontra a Milano un anarchico francese, autore insieme a Pinelli, Valpreda ed altri dello sciopero della fame davanti il palazzo di giustizia di Milano, nei primi giorni dell’ottobre del ’69. Il biondo anarchico francese, amico di Cohn Bendit nei giorni del maggio parigino, è colpito da foglio di via. Chittaro lo prende con sé, gli promette di fargli passare il confine con Austria e, su una macchina carica di materiale logistico e di propaganda parte per la Camia. E’ il 6 ottobre, il 7 Chittaro ed il francese compiono il furto di due fucili al poligono di Tolmezzo, il giorno dopo giungono a Sauris. A Sauris altre quattro persone attendono Chittaro e l’anarchico: due tedeschi e «due compagni di lotta» Mario e Romano. Da lì inizia una marcia di montagna. La «base mobile» ha il compito di disturbare le trasmissioni di Radio Praga e di rivolgere proclami rivoluzionari ai pacifici montanari dell’Austria, pochi chilometri più in là. Ma in breve, si accorgono di essere seguiti dai carabinieri, sulle tracce del Chittaro e del francese per il furto d’armi nel poligono, oltre che per i furti d’arte, precedente specialità del Chittaro. Il gruppo si divide: i due tedeschi da una parte, Mario e Romano dall’altra, Chittaro e il francese da un’altra ancora. Verso mezzogiorno il Chittaro abbandona la carabina e si separa dal francese. Poco distante, su quelle stesse montagne, il 25 ottobre viene trovato il cadavere di un uomo con accanto i due fucili rubati al Poligono di Tolmezzo ed un colpo alla testa. Il documento, un foglio di congedo militare, è intestato ad un certo Pino Rossi. Ma in breve 1’identità è accertata: l’uomo è Daniel Gérard Collet. Intanto Chittaro è sparito. E’ riuscito a raggiungere la Francia. Le indagini, mesi dopo, vengono condotte da un ufficiale dei carabinieri giunto appositamente da Roma. L’ufficiale si chiama Varisco, un nome che sta cominciando a diventare famoso per il ruolo assunto nell’istruttoria Valpreda. Varisco – come si sa – morirà nel giugno 1979 per mano delle BR a Roma. L’allora capitano Varisco archivia rapidamente il caso: il francese si è suicidato, anche se qualcuno dice che il corpo presentava tre colpi al volto e non uno alla nuca come afferma la versione ufficiale.

Chittaro è in Francia, a Mulhouse. Può contare su influenti amicizie. Ha avuto modo di farsele durante i suoi soggiorni milanesi. Quando, ancora prima della vicenda della base mobile, frequentava l’albergo «Commercio Occupato», il circolo anarchico della Ghisolfa, la casa dello studente di viale Lamagna, il circolo chiamato «Internazionale 2000».Quando, strana specie di emigrante, Chittaro è intestatario di cinque auto che dovranno servire al trasporto di ricetrasmittenti ed altro. Quando mantiene rapporti con Feltrinelli, di cui vantarsi nelle cene d’osteria a Tolmezzo, dove ritorna a raccogliere lettere di emigranti e a far circolare e distribuire «materiale sovversivo». Quando conosce Allegra.

Sarà proprio Allegra a consigliarlo amichevolmente di disfarsi delle macchine, di sottrarsi ad ogni responsabilità. Chittaro gli ha scritto una lettera. Sono passati pochi giorni dalla morte dell’agente di PS Annarumma. Chittaro sostiene di aver udito all’Albergo Commercio certi discorsi che, in un certo senso, potevano preludere alla volontà di giungere al morto per far precipitare le cose. In giro, Chittaro va dicendo di essere in possesso del filmato della TV svizzera sugli scontri in cui trovò la morte Annarumma e di averlo poi distrutto perché in alcuni fotogrammi, lui stesso, il Chittaro, poteva essere riconosciuto.

12 dicembre 1969: sono passate poche ore dalle bombe alla Banca dell’Agricoltura. Allegra si ricorda di Chittaro. Si procura il suo numero di telefono. Glielo dà il console italiano a Basilea, Pastinelli, che con il «guerrigliero» amico della questura intrattiene buoni rapporti. Allegra gli telefona verso la mezzanotte e prepara un incontro. E’ per il giorno dopo a Basilea: Chittaro e Calabresi parlano a lungo. Senza ricavarne nulla – dirà Calabresi – che tra le altre cose chiede a Chittaro chiarimenti sulla lettera che il friulano avrebbe scritto all’avvocato Gentili su Pinelli, sugli anarchici. Forse Chittaro viene scaricato. Fatto è che viene arrestato in Francia e processato a Colmar. Viene concessa l’estradizione e Chittaro viene incarcerato a Tolmezzo.

Ma dura poco. Lo interrogano e lui parla, dice molto. Poi c’è l’amnistia e lo rilasciano. Al processo del maggio ’72 per i furti d’arte e di armi viene assolto. «Cose vecchie», dice il pubblico ministero.

Lui, Chittaro, non si è neppure presentato. Ha altro da fare. Ha ripreso i contatti con Feltrinelli, viene segnalato in una vacanza sullo yacht dell’Editore con Saba, un sardo il cui nome uscirà poco dopo. Poi di Chittaro si perdono le tracce. Ha molte amicizie al posto giusto, qualcuno lo aiuta a ritornare nel silenzio per tornare fuori al momento opportuno.

Feltrinelli è morto, è morto Calabresi, è morto Varisco. Lui, però è vivo, e dal buio civile ed umano della sua condizione di guerrigliero amico delle questure lascia filtrare uno o più documenti. Quelli che tirano in causa Fioroni. E che, assieme, al «rivoluzionario» di Tolmezzo fanno emergere dal sottofondo delle infiltrazioni e delle complicità, i nomi di Calabresi, di Allegra e di Varisco.

 

Toni Capuozzo

 

CHI RICORDA IL “TEOREMA CALOGERO” E L’ARRESTO DI TONI NEGRI IL 7 APRILE?

Io sì, perché gli avevo scritto come redattore di MACCHIE, e pochi giorni dopo:

 

Rebibbia G 12

Roma 18 aprile 1982

Caro Dorigo,

la tua lettera mi ha raggiunto dopo un lungo giro. Adesso sono infatti a Rebibbia Roma in attesa del processo che dovrebbe aprirsi in giugno. Il mio indirizzo è dunque Rebibbia G 12 Roma. Grazie per la tua lettera. Ho anche guardato il numero di Macchie che hai spedito e mi sembra una cosa davvero agile e radicata. Mi piacerebbe molto scrivere qualcosa per voi. Ma piuttosto che riaprire il discorso su il 7 aprile – cosa che potrebbe benissimo fare un altro – non credi che sarebbe più piacevole discuter di cose che mi stanno infinitamente a cuore, come ad esempio tematiche regionalistiche, separative, di decentramento effettivo…? Per quanto riguarda il 7 aprile ti segnalo l’ultimo numero di Critica del diritto, tutto dedicato al processo. Potresti ritagliare qualche articolo da quel numero. E poi si può intervenire, qualcuno di noi, subito. Comunque ti faccio spedire dall’agenzia 7 aprile (Via Tomacelli 103. 00186) alcuni materiali che sono stati recentemente elaborati. Per quanto riguarda il mio intervento io preferirei, come ti dicevo, un tema più legato alla vostra realtà. Al tipo di battaglie che conducete con forte radicamento. Mi dici se ti va bene? Aspetto un tuo cenno. Ti ringrazio molto per quello che comunque farai per noi. Questa galera è brutta, lunga, troppo lunga – e troppo ingiusta.

Ciao. Un abbraccio fraterno.

Tuo Toni Negri

 

Negri sconterà in totale, durante la sua vita, dieci anni di carcere di cui gli ultimi quattro in semilibertà.