Tomezzo: Carniacque è in difficoltà ha quattro milioni di debiti

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di Michela Zanutto.
Nonostante gli ultimi due bilanci in attivo, Carniacque è in difficoltà. La società che gestisce il ciclo integrato dell’acqua per 36 Comuni dell’area montana più tre consorzi è debitrice per quasi 4 milioni di euro nei confronti di alcuni dei suoi medesimi soci. Il macro problema sono i mutui accesi dalle amministrazioni locali e, con la legge Galli, passati tout court alla spa. Un’emorragia che costa alla società, e in ultima analisi a tutti gli utenti, circa 900 mila euro l’anno. Troppo. La vicenda si trascina dal 2010 senza soluzioni. Ma ora il nuovo cda ha pronto un piano di rientro. Intanto entro ottobre è fissata l’acquisizione delle quote ex Amga. «Confermo che la società ha avviato formalmente uno studio di risanamento per proporre varie soluzioni alternative a una assemblea dei soci da tenersi entro l’anno – spiega il presidente Fabrizio Luches, alla guida della società da giugno –. Soluzioni che guardano all’esclusivo interesse delle comunità locali. Non è linea di indirizzo del cda svendere la struttura a padroni stranieri. Il servizio deve essere gestito in loco perché le problematiche sono diverse rispetto a una struttura di pianura». Una rassicurazione indispensabile che fa tirare più di un sospiro di sollievo in Carnia. Ma il problema resta. Nei giorni scorsi Luches ha comunicato le difficoltà a tutti i soci. La relazione non fa sconti. Perché «la situazione è delicata», scrive il presidente. Cinque i problemi: modifiche normative che hanno portato Carniacque da semplice gestore di reti a realizzatore di nuove infrastrutture, c’è poi l’obbligo a realizzare il Programma di interventi approvato dal Cato, ma soprattutto la capitalizzazione societaria insufficiente a fare fronte agli impegni, oltre alle difficoltà a ottenere finanziamenti dalle banche (non esistono garanzie immobiliari) e operare sulle tariffe. La vera origine del «disequilibrio», come definisce Luches la morosità della spa nei confronti dei Comuni, è la complessità a «finanziare i corposi investimenti». Fino a ora «i soci non hanno incassato buona parte dei crediti loro spettanti e hanno finanziato la società consentendole di fare fronte agli impegni che il proprio ruolo e gli accordi con l’Autorità d’ambito imponevano – è scritto ancora nella lettera inviata ai soci –. Appare superfluo precisare che Carniacque non è al momento in grado di onorare tali legittime richieste». Uno status quo che non porta lontano. Ecco perché il nuovo cda «sta valutando la sostenibilità finanziaria di un piano di rientro per canoni e manutenzioni residui, oltre alle rate di mutuo scadute dal 2010, da saldarsi in 10-12 rate mensili da novembre – spiega Luches –. In questo modo le posizioni andrebbero a chiudersi fra agosto e novembre 2015, mentre l’assolvimento dei ratei gli anni successivi. Pena l’impossibilità a procedere con gli interventi manutentivi sia ordinari sia straordinari per l’assenza di risorse. In ogni caso il piano di rientro impedirebbe l’esecuzione degli interventi di investimento del Programma di interventi». La società non ha problemi ad adempiere alle obbligazioni ordinarie, ovvero investimenti programmati, stipendi, regolazione con l’utenza o allacciamenti. Ma se i Comuni creditori chiedessero la restituzione dei ratei, allora la società rischierebbe il fallimento. Ecco il perché del piano di rientro. Per il Piano d’ambito, l’immediato futuro è fatto solo di interventi urgenti per evitare smottamenti o rischio igienico-sanitario. Intanto Carniacque rimane autonoma. Perché mercoledì saranno acquisite le quote di Amga: 260 mila euro.

Una risposta a “Tomezzo: Carniacque è in difficoltà ha quattro milioni di debiti”

  1. Aggiornamento del 19/10/2014

    «Un disastro totale». È esplicito il sindaco Giorgio Morocutti (nella foto) sulla questione Carniacque. «Sapevamo che una simile gestione era insostenibile». Meglio mantenere il servizio in Comune: né è convinta anche Clara Vidale, sindaco di Forni Avoltri, che con Cercivento ancora non hanno consegnato le loro reti idriche alla società, o in seconda battuta, qualora la Regione legiferi l’accorpamento del servizio anche dei piccoli comuni montani in Carniacque, che almeno la gestione sia all’attuale livello dei 37 Comuni di Carnia, Valcanale e Canal del Ferro senza confluire in ambiti più estesi. «Meglio una soluzione “in house” – spiega Vidale. Noi siamo aperti a soluzioni solidali con gli altri Comuni, ma speriamo questo avvenga in ambito locale. Noi siamo pronti e lo abbiamo dimostrato acquisendo le quote, come Comuni, le azioni di Amga». Morocutti difende il suo Comune, «virtuoso, e che ora sarà chiamato a pagare i debiti derivanti da gestioni di altre municipalità che non hanno ritenuto di mantenere in sesto le reti idriche, ma hanno preferito, con i soldi del post.terremoto, costruire piazze che non erano indispensabili. L’entrata dei tre Comuni che si erano rifiutati di farlo, in Carniacque, comporterà – prosegue Morocutti – un ulteriore sbilancio nei conti di Carniacque». Dopo la sentenza che imponeva ai tre Comuni carnici che gestivano in proprio il ciclo integrato delle acque, e in attesa della legiferazione da parte della Regione in merito, Forni Avoltri, Cercivento e Ligosullo sono, come ha definito Morocutti, «nel limbo. Ritengo che la gestione debba rimanere autonoma per tutti i Comuni montani, e spero – conclude il sindaco – che i tanti colleghi che esprimono solidarietà nei nostri confronti agiscano e chiedano alla politica regionale quell’autonomia spesso ricercata ma mai chiesta con decisione».

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