Alto Friuli: per l’acqua «no al gestore unico, il modello è Trento»

di (m.z. dal MV di oggi)

Dopo gli aumenti delle bollette ed in vista di quelli che seguiranno a breve c’è già chi propone la chiusura di Carniacque. «La spa ha prodotto un rosso di 4 milioni», attacca Franceschino Barazzutti (nella foto), ex sindaco di Cavazzo e attuale numero uno del Comitato per la tutela delle acque del bacino montano del Tagliamento. Il sodalizio, insieme con il Comitato acqua libera di Paluzza, punta alla gestione comunale dell’acqua. «Durante questi anni abbiamo assistito alla sottrazione ai nostri Comuni del servizio idrico per centralizzarlo in Carniacque, operazione che ha reso costoso e complicato un servizio di per sé semplice – sostiene –. I Comuni, operando sul posto con i propri mezzi e dipendenti, hanno sempre fornito acqua a costi minimi, interventi immediati, un rapporto diretto con l’utente». Il peccato originale di Carniacque è la centralizzazione: «La spa opera da Tolmezzo con modelli adatti alle città – spiega Barazzutti –. Ma su un territorio montano vasto, con abitati piccoli e dispersi, quella gestione non può che provocare debiti, disagi e disservizi. È irrazionale, comporta costi elevati e ricavi inadeguati per la scarsa presenza di utenti, prevalentemente anziani». Ecco allora che i due comitati propongono un elenco delle cose da fare e da non fare. Nella lista nera finisce il «mantenimento in vita di Carniacque». Divieto anche per il gestore unico. «La Regione punta a un matrimonio fra Carniacque, Acquedotto Poiana e Acquedotto Friuli Centrale. Un’unica società, che sarà poi assorbita dalla multiutility bolognese Hera». La strada, secondo i comitati, è «decentrare la gestione del servizio restituendola ai Comuni singoli o associati per vallata secondo il modello della Provincia di Trento, dove su 217 Comuni 27 gestiscono il servizio in Consorzio e gli altri sono autonomi, mentre la Provincia gestisce tutti i depuratori».