Arta Terme: i vincoli ne frenano la vendita, l’albergo Rossi in degrado problema per il Comune

di Gino Grillo.

 Da hotel di lusso, punto di riferimento di tutta la montagna carnica, a cattedrale nel deserto, con molte incognite per il futuro: questo è l’albergo Rossi, da anni in disuso e attualmente in pieno degrado. La struttura, che copre con le aree esterne una superficie di 26 mila metri quadrati, è stata acquisita al patrimonio comunale di Arta Terme alla fine degli anni Novanta. «All’epoca – ricorda l’ex sindaco Gardel – avevamo previsto di utilizzarlo come casinò, ma poi lo Stato cambiò idea su queste strutture e non se ne fece più nulla». L’investimento fu di quattro miliardi di lire, «compresi alcuni crediti che l’amministrazione vantava dall’allora gestione», a fronte dei quali venne acceso un mutuo ventennale che ancora il Comune paga, per circa 27 mila euro attuali. Il progetto per il casinò e quelli seguenti di utilizzarlo come scuola alberghiera, o ancora quale struttura sportiva dotata di campo di calcio, piscina e wellness, prevedeva una spesa di 14 miliardi di lire. «Non mi sento di addossare colpe alle amministrazioni precedenti – incalza l’attuale primo cittadino Marlino Peresson -, allora le aspettative e le prospettive erano diverse dalle attuali. Certo è che si sono fatte molte illazioni sul futuro di questo importante complesso, ma mai alcunché di concreto». A frenare il fatto che il Comune acquistò solamente una parte del complesso: un dodicesimo è ancora in possesso degli eredi Rossi. Il tribunale di Tolmezzo ha decretato che le due proprietà sono indivise, per cui diventa particolarmente difficile contattare i vari eredi dei Rossi. Il Comune ha inoltre chiesto alla Regione e alla Soprintendenza di conoscere quali sono i vincoli architettonici da rispettare. «Vincoli questi che tengono lontano i possibili acquirenti – commenta ancora il sindaco –; abbiamo avuto richieste informali di interesse da parte di investitori privati, (società e imprenditori russi e austriaci, ndr) gli unici attualmente che potrebbero sbrogliare la matassa, ma dopo i primi contatti nulla è stato ufficializzato». «Purtroppo mancano i fondi, e anche il pubblico (Stato, Regione) hanno stretto i cordoni della borsa – prosegue Peresson –. Inoltre abbiamo un’altra importante struttura, già recuperata ma non utilizzata che è l’albergo Savoia. La soluzione sarebbe di trovare un imprenditore privato disponibile a investire nel nostro territorio».