Baracetti: l’autonomia va difesa da tutti senza divisioni

L’articolo 26 della legge 546/1977 che istituisce l’università di Udine, fissa con chiarezza, come proposto da me e dai parlamentari friulani, le motivazioni e i compiti ad essa affidati dal Parlamento della repubblica.  Infatti esso dice: «L’università di Udine si pone l’obiettivo di contribuire al progresso civile, sociale e alla rinascita economica del Friuli e di divenire organico strumento di sviluppo e di rinnovamento dei filoni originali della cultura, della lingua, delle tradizioni e della storia del Friuli».
Anche se per qualche opposizione friulana al cosiddetto localismo, non passò l’appropriata dizione “Università del Friuli”, i compiti affidati all’ateneo chiariscono che il Parlamento ha voluto istituire qui da noi una sede universitaria chiamata certamente alla formazione generale delle giovani generazioni, ma nel contesto e al servizio specifico dell’intero territorio del Friuli e della sua identità. Vedi,in particolare, i poli universitari costituiti anche a Gorizia e a Pordenone. Il Parlamento, il governo e le forze politiche democratiche, nella prima legge per la ricostruzione delle zone terremotate del Friuli, accoglievano così, pur con gravi ritardi, una forte pressione che si era espressa dal basso con larghissima partecipazione dei giovani, della cittadinanza, delle istituzioni rappresentative, della Chiesa friulana dal clero all’arcivescovo monsignor Battisti, che seppero essere veramente non solo eredi spirituali del Patriarcato di Aquileia, ma anche interpreti dei diritti e della dignità del popolo friulano dei nostri tempi. Lo dico da laico e ci credo fermamente perché corrisponde alla verità dei comportamenti attuali e del passato. Oggi a Trieste, ma anche da noi, qui in Friuli, non sono pochi quelli che sottovalutano o negano l’esistenza dei valori dell’identità del nostro popolo. Certo, in 140 anni dell’unità del Friuli all’Italia, i frutti del centralismo, dell’annullamento e della compressione delle diversità regionali si sono fatti sentire e sono stati forti. Basta ricordare le multe che nell’era fascista venivano imposte nelle scuole agli alunni friulani o sloveni che si esprimevano in madrelingua o il divieto imposto alla Chiesa di pubblicazioni o cerimonie religiose che non fossero in italiano. O il clima generale tendente a liquidare la dignità della nostra lingua, a umiliarla e contenerla soltanto nel folclore, nelle mura domestiche o nelle stalle. Ma dalla Resistenza, dalla repubblica è nata la Costituzione che tutela le minoranze linguistiche, che riconosce istituzioni democratiche e legislative alle diverse identità regionali considerate fino al 1948 soltanto, come il Friuli, mere entità geografiche. Una Costituzione, insomma, che riconosce e valorizza come componenti essenziali dell’unità nazionale e ora anche europea, le diversità identitarie e anche linguistiche. <br />
D’altra parte, per far crescere l’identità friulana non sono in atto fenomeni dirigistici o elitari imposti dall’alto. Basta ricordare le 125 mila firme per l’istituzione dell’università friulana raccolte nei paesi terremotati; le 50 mila firme del settimanale “ Vita cattolica “ per la Rai in friulano (che dall’aprile scorso ha iniziato trasmissioni sperimentali nella nostra lingua). E ancora i 50 mila cittadini dell’intero Friuli che hanno firmato la petizione per ridare al Friuli forme associative unitarie, come la Comunità delle province friulane, che potrà divenire un valido strumento di autogoverno per lo sviluppo della nostra terra. O il 70% dei genitori friulani che hanno dovuto firmare una domanda perché i loro figli possano nelle scuole parlare e studiare anche in friulano. O le migliaia di cittadini dei comuni del Portogruarese che, pur dopo due secoli dal regalo a Venezia di questa zona friulana da parte di Napoleone, sentono la loro identità friulana e vogliono il ritorno nella Patria del Friuli. O, per ultimo, il grande applauso degli industriali friulani che, al teatro Giovanni da Udine, hanno indirizzato alla donna di governo canadese che, orgogliosa delle proprie radici friulane, ha parlato in madrelingua. Ecco dunque che la battaglia di oggi che si combatte in Friuli, dal Goriziano, all’Udinese, alla Carnia, al Pordenonese per difendere e valorizzare l’autonomia e l’identità dell’ateneo del Friuli, anche nei confronti del governo nazionale e della giunta regionale, è una battaglia per la valorizzazione generale di tutto il Friuli, di tutto il suo popolo. Vogliamo affermare i nostri diritti in una regione che può rimanere anche unita, ma certamente non accentrata. Favorevole invece all’autogoverno e allo sviluppo delle sue due componenti principali: il Friuli e Trieste. L’università di Udine, che già ha dato al Friuli intero, è chiamata a dare ancora di più come prevede il patto firmato ieri tra essa e le rappresentanze dell’intero Friuli. A tal fine occorre però che le forze politiche friulane, sia di maggioranza che di minoranza, a Roma e a Trieste, facciano il loro dovere, lasciandosi alle spalle, per il bene comune, ogni divisione di parte.