Buja: il Parroco risulta positivo all’alcol test


Cosa dirò ai miei fedeli? Domanda non facile a cui monsignor Emidio Goi, 76 anni, parroco di Buja dovrà cercare di dare una risposta; forse potrebbe dire che "per stare più vicino ai suoi fedeli non c’è niente di meglio che un buon bicchier "divino" (tuttoattaccato :). Oppure semplicemente che un prete in fondo non è altro che un uomo con le sue debolezze. O ancora chiedere a gran voce che per i preti ci sia un apposito "PreteAlcolTest" di manica più larga!

Paola Treppo dal sito www.gazzettino.it

Nella terra del buon vino uscire "vivi" dall’alcoltest è difficile, specialmente se la prova viene eseguita dopo cena. Ma, vuoi per cultura, vuoi per solidarietà (più spesso maschile), a livello popolare il conseguente ritiro della patente è sentito spesso come una sorta di “abuso”: ci si sente vittime di una legge ingiusta, che penalizza la convivialità in ogni caso difficile da rispettare percorrendo le rinomate strade del vino.

Tanto che tra gli amanti del bicchierino, non necessariamente avvezzi al vizio del tajut, nasce una sorta di più o meno tacita alleanza. E il giudizio negativo passa in secondo piano. Mal comune, insomma, mezzo gaudio: a chi non capita di sgarrare?

Ma se a essere "pizzicato" non è un paesano ma qualcuno che in paese ricopre un ruolo pubblico, allora scatta un meccanismo diverso. Capita a chi governa, a illustri professionisti e anche a chi, dall’altare, parla di un Dio che non legiferò di certo in materia di astemia.

È successo domenica sera al parroco di Buja, un bravo sacerdote che è stato fermato per un normale controllo dai carabinieri della stazione di Gemona mentre, a bordo della sua Golf, guidava sulla strada che dalla cittadina del tallero porta ad Artegna. Sono le 23.

Lui è monsignor Emidio Goi, 76 anni, nativo di Gemona, parroco di Buja dal 2000, mezzo secolo dedicato alla Chiesa festeggiato con la comunità bujese da pochi giorni. Il prelato soffia nel palloncino e risulta positivo. Per poco, in realtà: 0,65 (la soglia è 0,50), ma è sufficiente per il ritiro della patente.

Angosciato e amareggiato è oggi il sacerdote, che dice: «Preferirei morire piuttosto che essere considerato un ubriacone». Adesso si chiede con che coraggio potrà mostrarsi ai fedeli, ai suoi ragazzi: «Quel diavolo di bicchierino… Un Amaretto di Saronno».

Colpevole, si fa per dire, quella cena in famiglia, per salutare un parente che presto sarà sottoposto a un’operazione. Dito puntato contro l’“ammazza caffé” che, a saperlo, sarebbe rimasto ben tappato nella bottiglia. «Ero perfettamente in me al volante e cosciente di quel che facevo – dice col cuore in mano il parroco -; altrimenti non mi sarei mai messo al volante».