Carnia: Di Centa, il re del fondo prova l’ultimo ruggito

 di Antonio SImeoli
Il Freikofel e il Pal Piccolo sono baciati dal sole. Sotto, la neve sulla pista dei laghetti di Timau luccica. Una signora spinge a fatica gli sci da fondo. Ci avverte: «Oltre la cunetta c’è Di Centa». Venti metri ed ecco piombare ad alta velocità il bi-campione olimpico di Torino. «Vi aspettavo prima – ci dice quasi irritato – potevate farmi le foto quando ero in pieno allenamento lanciato a grande velocità, adesso devo mettere la tuta e andrò più piano». Sa di avere 42 anni Giorgio Di Centa, di essere a quindici giorni dall’ultimo Mondiale di una straordinaria carriera in cui ha partecipato a cinque edizioni delle Olimpiandi e a nove prove iridate, ma sa di andare ancora forte. Al bar della pista gestita dalla Aldo Moro Paluzza, la squadra “di famiglia” pochi minuti dopo spiega meglio perchè. «Arrivo da un anno difficile, un anno fa ho dovuto lasciare i Giochi Olimpici di Sochi per operarmi di ernia al disco. Dopo tre mesi ho ripreso ad allenarmi, ma già dai raduni di settembre con la Nazionale capivo di non essere più al passo con i migliori. Poi a fine dicembre ho deciso di fermarmi, ho fatto degli accertamenti e i medici mi hanno trovato un batterio che andava ucciso. Dieci giorni di antibiotici e sono tornato a sentirmi bene». Alla Cortina-Dobbiaco è andato forte… «Sì, la condizione è buona, ora andrò una settimana in altura in Trentino, dormirò in un rifugio a quota 2.400 e scierò a 1.800; quindi qalche giorno in Carnia e la partenza per i Mondiali di Falun. Correrò solo la 50 km a tecnica classica dell’ultimo giorno il 1 marzo». L’obiettivo? «Entrare nei primi dieci, quello che verrà di meglio sarà tutto buono». Poi? Sta pensando di smettere? «Con le gare di Coppa del Mondo sì. Subito dopo il Mondiale andrò alla Vasaloppet, 90 km in Svezia a tecnica classica. Poi parlerò con il Gruppo sportivo carabinieri. Farò le maratone ancora per una stagione, un circuito stimolante ma con un approccio alle competizioni più distaccato, specie durante la preparazione estiva». Ma chi glielo fa fare a gareggiare ancora a 42 anni suonati? «Semplice: ho la fortuna di praticare uno sport che da oltre vent’anni è diventato il mio lavoro e in cui mi riescono ancora bene i risultati. So di avere quasi 43 anni, ma i sacrifici non mi pesano ancora quindi….». Che gara sarà a Falun? «Difficilissima. Dovrà andare tutto per il verso giusto. E i materiali avranno un’importanza fondamentale. Confido molto nei mio ski-men Giancarlo Silverio. Per fortuna, come tecnico a gettone per la Federazione, mi seguirà nella trasferta in Scandinavia prima ai Mondiali e poi anche alla Vasaloppet. Lavora nel Corpo Forestale regionale e continuerà a “mangiarsi” le sue ferie, lo fa da anni. Non finirò mai per ringraziarlo. Andrà là qualche giiorno prima e dovrà indovinare gli sci giusti, io poi ci metterò le gambre e il cuore. I tifosi friulani possono stare tranquilli, correrò anche per la nostra terra. Come sempre». Sicuro di dare addio alla Coppa del Mondo? «Sì…ma se arrivo nei primi quattro chissà…Tuttavia è bene essere realisti: la testa è come quella di un ventenne ma la “carrozzeria” comincia ad avere i suoi anni». Di Centa, ha già pensato cosa farà “da grande”? «Il brigadiere dei carabineri». Al Gruppo sportivo? «No, in una stazione della Carnia. Ho 26 anni di servizio, c’è tempo prima della pensione». Al Gruppo sportivo o in Federazione la sua esperienza sarebbe utile magari come allenatore… «No. Voglio tornare a casa, nella mia Carnia, tra i miei boschi». Dove tutto cominciò… «Sì (si gira e scruta la pista di fondo fuori dalla finestra ndr). Avevo 5 anni e mi portava qui mio padre Gaetano. Era uno che andava a prendere i bimbi casa per casa per portarli ad allenarsi se capiva che lo sci era entrato loro nell’anima. Vede? Ora Boris Maieron, il battipista utilizza il gatto delle nevi per preparare il tracciati e creare i binari per la tecnica classica, alla fine degli anni ’70 eravamo noi bimbi a lisciare la pista avanzando con gli sci di traverso. Poi arrivavano gli adulti a creare i solchi…». Un’altra epoca…La scintilla quando le è scoccata? «Beh, mia sorella Manuela è stata un punto di riferimento, lo sci è un affare di famiglia e ho coninciato a sognare di gareggiare forte per entrare in un gruppo sportivo». A scuola? «Non mi piaceva andarci, volevo stare all’aria aperta. Così dopo la seconda ragioneria sono andato a lavorare in una cooperativa agriforestale». A fianco a lui c’è l’amico del cuore. Ride mentre Giorgio parla e gli dice: «Raccontagli del contratto». L’amico del cuore ha un nome e cognome, ma nella valle del But basta chiamarlo “Vescul”. Lui assunse Di Centa in quella cooperativa. Giorgio lo scelse perchè il Vescul, suo primo tifoso, gli avrebbe consentito di allenarsi e gareggiare. Ma.. «Mio papà mi fece mettere per iscritto che era mia e solo mia la scelta di non essere più andato a scuola. Poi, dopo una settimana andai dal Vescul dicendogli che o mi avrebbe dato da maneggiare una motosega o me ne sarei andato. Mi accontentò dandomi pure una tuta antinfortunistica. Poi a 17 anni entrai nei carabinieri». Cosa fa nel tempo libero? «Mi occupo del bosco, motoseghe e trattori sono la mia passione, gli unici sfizi che mi concedo. Avevo comprato una moto dopo Torino, ma l’ho venduta assieme a quella da trial spaventato per un piccolo incidente e perchè avevo bisogno di soldi per la casa nuova…» È un bi-campione olimpico… «Sì, ma soldi nel fondo non girano…». Niente sponsor? «Guardate (mostra il cappellino e il marsupio sul tavolo ndr), tre piccoli sponsor li ho procurati fuori dal Friuli. Una ditta di Bergamo con un grande appassionato che la dirige e un’impresa che mi ha fatto gli impianti termoidraulici della casa: poche migliaia di euro. Solo il Coni ci aiuta con dei premi a seconda dei risultati conseguiti in Coppa del Mondo». Meno male che c’è la Benemerita… «È la mia casa, lì sono cresciuto come atleta, ora farà l’appuntato dei carabinieri nella mia Carnia». Ripensa mai a quelle due fantastiche domeniche di nove anni fa alle Olimpiadi? «Sì. Anche a quando, pochi giorni prima della staffetta, deluso dal quarto posto della prima gara telefonai a mia moglie dicendole che sarei tornato a casa». Poi… «Per alcuni anni ho ripensato spesso a quei trionfi preparandone altri, ora mi meraviglio quasi che mi riconoscano per strada. Voglio vivere in tranquillità, come uno tra tanti: sono fatto così». Niente trasmisisoni tv, comparsate o altro? «Mah, per la verità mi offrirono un posto all’Isola dei famosi… avrei guadagnato bene anche se avrei dovuto chiedere l’autorizzazione all’Arma. Però…». Però? «Mia moglie Rita mi disse che se avessi accettao mi avrebbe fatto trovare le valige fuori di casa». Dicono che i suoi figli vanno sorte sugli sci. «Laura va per i 18 anni e non scia, Martina ne ha 14 e va benino, Gaia e William, 10 e 8 anni, vanno forte. Ma è presto…». Lei li potrà allenare… «No. Io farò il carabiniere e taglierò il bosco, il mio hobby, un passatempo che fa sembrare un allenamento sugli sci un divertimento». Papà Gaetano che dice? «Ha 87 anni, mi ha sempre detto che si può andare forte fino a 45 anni nel fondo…» In bocca al lupo vecchio leone, ci siamo quasi.