Carnia: Dante Spinotti e il Natale passato a Muina di Ovaro

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L’uomo della Carnia sente la sua terra. Non è soltanto la diceria popolare a guidare gli istinti, è così e basta. Sarà l’odore, sarà l’imponenza del monte, sarà il silenzio. Certo, per un signore che attraversa spesso Los Angeles a piedi o dentro un’automobile, planare lassù dove osano le aquile dev’essere un benefico sorso d’ossigeno e di pace.

«Non c’è storia fra un Natale in California e uno a casa – spiega Dante Spinotti, nel ristretto gotha dei direttori della fotografia del cinema internazionale – quando ritorno a Muina di Ovaro mi purifico, riazzero il flusso vitale e riprendo i respiri lunghi. Anche mia moglie in America non coglie le stesse emozioni di quando la notte del 24 ci riuniamo tutti qui attorno a un fuoco. Se non ci nasci, non cogli fino in fondo il richiamo della foresta».

Mister Dante stavolta non si è infilato in un boeing affrontando un volo transoceanico, è stato paracadutato nella sua storia da una tratta più breve, da quell’Ungheria dove gli americani hanno fatto camping per il kolossal epico Hercules: The Thracian War, con protagonista Douglas Johnson, The Rock.

150 milioni di dollari di budget e sei mesi di riprese europee dirette da Brett Ratner per «spendere un qualcosina di meno rispetto alla botta se fossimo rimasti negli States. Una ventina di milioni risparmiati di questi tempi proprio schifo non fanno. Oltre ad avere set di posa di qualità, loro favoriscono l’immigrazione artistica con immediati sgravi fiscali. E sparisce qualunque dubbio su dove piantare tende».

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