Carnia: Delio Strazzaboschi e l’avanguardia del peggio

di Delio Strazzaboschi – Prato Carnico.

Si continua a prendere in considerazione solo un aspetto dello scambio economico, quello della domanda di beni e servizi che soddisfano bisogni umani, trascurando l’offerta, ovvero la disponibilità di risorse naturali, come clima, terra, acqua, minerali, combustibili, eccetera. Ma la storia dimostra che negli ultimi due secoli si sono consumate più ricchezze naturali che nei diciotto precedenti, sfruttando risorse ad un ritmo senza uguali. La sete di averi, la ricerca del profitto, ha superato confini e limiti mai infranti, proseguire sulla medesima strada rappresenta ormai una minaccia per la continuità della specie. Non ci sarà quindi la “fine della storia” (capitalismo planetario e perenne) perché scompariranno le risorse necessarie a permetterlo. Forse la crescita economica non sarà più quella del XX secolo, non si avrà più di quanto oggi è dato. I poveri ne soffriranno maggiormente e potrebbe riemergere una struttura sociale a caste, come nell’era pre-industriale. La crescente diseguaglianza economica rafforzerà ulteriormente l’economia a scapito della democrazia (“curioso abuso della statistica”): i ricchi si riprenderanno il controllo dell’intera società, la concentrazione di denaro e potere nelle mani di pochi privilegiati provocherà ulteriore impoverimento dei meno abbienti. Tranne una piccola minoranza irriducibile, si preferirà abdicare alla propria libertà in cambio di un’utile sottomissione, “farsi schiavi pur di aver da mangiare”. Le elezioni diventeranno inutile formalità, perché basate su sistemi elettorali controllati dai partiti che, a loro volta, saranno dominati dalle élites politiche e dalle oligarchie economiche. I sogni di libertà, benessere e pari opportunità per ognuno si riveleranno prima irrealistici e poi irrealizzabili. Invece di immaginare strategie contro tale crisi epocale, la società si autocompiace: non si vuol credere che le cose possano cambiare, in peggio. Eppure il mondo è in recessione dal 2009, gli scambi commerciali via internet non sono più universali ma prevalentemente nazionali, per la prima volta nelle maggiori economie i consumi interni superano le esportazioni, come in Cina e in Russia, i cui bisogni post-industriali (sanità, istruzione, turismo) consumano meno materie prime e quindi meno importazioni. La globalizzazione è in ritirata e nuove barriere invisibili, nell’interesse degli Stati nazionali, si stanno ricostituendo. L’Italia è al solito all’avanguardia nel peggio: precarizzazione del lavoro, disoccupazione di lunga durata e riforme dannose hanno diminuito il livello complessivo di protezione dei lavoratori. Poi c’è il primato del clericalismo di tutte le forze politiche; per le ingerenze della chiesa, peraltro evasore fiscale, nessuno si indigna più (come ai tempi del papa re) e la laicità della politica e perfino dello Stato sono scomparse. Non solo, nel belpaese si parla ormai a vanvera, come in epoca pre-scientifica: ogni affermazione, pur legittima, viene rispettata anche se clamorosamente falsa! Vengono quotidianamente formulate asserzioni prive di significato, senza alcuna relazione con la verità né assunzione di responsabilità verso i destinatari, tutto è accettato senza censura. Scomparse semplicità e chiarezza, comandano approssimazione e menzogna, la politica comunica per immagini nel vuoto di idee, la perdita di senso dei discorsi porta alla sfiducia verso il linguaggio stesso. E toglie perfino la voglia di parlare.