Carnia: «Io, malgaro: qui c’è la mia vita», la storia di Renato Gortani e la sua famiglia

di Silvia Zanardi.
Cosa vuol dire svegliarsi sotto le nuvole bianche e i raggi del sole, respirare l’aria e sapere se il tempo sarà bello o pioverà, insegnare qualcosa a qualcuno, guardarsi intorno e ritenersi fortunati di poter fare tutto questo di giorno in giorno, di anno in anno e per una vita intera? Non lo so. La mia vita è troppo frenetica e distratta dalla vibrazione del cellulare per poter anche solo immaginare una risposta. E, sì, mi piacerebbe fermare il tempo e vivere un po’ come Renato Gortani e la sua famiglia per guardare la cima di una montagna e fantasticare sul futuro in silenzio. Quel momento arriverà. Per ora mi accontento di camminare fra i fiori selvatici che popolano i prati in cui Renato porta le vacche a pascolare. I fiori selvatici mi sembrano una perfetta rappresentazione dell’umanità: nascono ovunque da semi mossi dal vento, sono uno diverso dall’altro, con la fantasia pare abbiano baffi, ciuffi, nei, cappelli. Presi singolarmente dicono poco ma in gruppo sono un inno alla bellezza… ne vado pazza. Qui siamo a quota 1.583 sul monte conosciuto per essere una delle tappe più dure del Giro d’Italia. A malga Pozof trascorre l’estate la famiglia Gortani, che, vent’anni fa, ha trasformato un fabbricato senza vita in una malga accogliente e in un agriturismo, dove si mangiano gustosi formaggi con il frico di patate, la polenta e i mitici cjarcions, i ravioli ripieni tipici della Carnia. «Quando siamo arrivati qui, questo fabbricato era una cattedrale nel deserto – mi racconta Renato –. Ma sasso dopo sasso lo abbiamo tirato su. Ci siamo aiutati fra famigliari: io e i miei figli cercavamo una malga, mia moglie e mia cognata hanno insistito per fare anche l’agriturismo, che oggi ci dà grandi soddisfazioni». Renato è da sempre un uomo di malga. Suo padre l’ha iniziato al mestiere di casaro quando aveva cinque anni e lo ha portato nella malga di famiglia – al confine con l’Austria – per venire incontro alla mamma, che aveva appena dato alla luce un fratellino. Lavorare a contatto con gli animali, piegarsi ai voleri della natura, asciugarsi le lacrime quando tutto sembra perduto sono lezioni di vita che si imparano solo in ambienti come questo, dove la fatica dell’uomo e la sua tenacia sono gli unici mezzi per riuscire a concludere qualcosa. In tempi fortunatamente lontani, erano gli unici mezzi per sopravvivere. «Quando ho fatto la mia prima esperienza di malga la guerra era finita da poco… mi sembra ieri che mio padre mi raccontava di quando, per pura fortuna, è riuscito a salvarsi dalla violenta rappresaglia tedesca che ha falcidiato cinque dei suoi operai. Mio padre all’epoca aveva 37 anni e cinque bambini piccoli, l’ultimo aveva solo 15 giorni – mi racconta –. Ogni tanto penso che mio papà, allora, aveva l’età di mio figlio Michele. Questi ricordi sono sempre dentro di me, per ricordarmi quanto attaccamento c’è stato in quei tempi, nonostante il pericolo, all’attività». Nel mondo a colori di malga Pozof, sul monte Zoncolan, Michele Gortani, il figlio di Renato, segue il lavoro del padre e insegna il mestiere a ragazzi giovani che dopo le scuole trascorrono l’estate qui, per imparare ad accudire le vacche e a fare i formaggi. Ma Michele è laureato, in giurisprudenza. «Avrei potuto concentrarmi su altro, ma sapevo che la mia natura si sarebbe realizzata solo in un ambito come questo – dice –. Penso che fare quello che piace in un periodo difficile come questo renda l’uomo più felice e contento. Io lo sono, e quindi non posso che essere convinto della mia scelta». Per Renato è una soddisfazione vedere che l’attività a cui, con grande passione, ha dedicato la sua vita trova continuità nella famiglia e nei giovani che anziché fare le solite vacanze fra selfie e discoteche, vengono qui a dare una mano. «Con questa esperienza i ragazzi si responsabilizzano, si alzano presto di mattina e vanno a letto presto la sera. Mi piace vedere che sono molto più felici il giorno in cui arrivano che nel giorno in cui se ne vanno». Il lavoro è scandito da ritmi ben precisi. Di prima mattina si lavorano i formaggi, con il latte munto dalle vacche la sera prima. «Tutte le nostre vacche sono di razza bruna, attualmente ne abbiamo una novantina fra adulte, manzette e vitelline di prima erba – mi spiega Renato –. La selezione di questa razza per i nostri formaggi arriva dalla tradizione di mio padre, che l’ha scelta per la qualità del latte che produce e per la buona attitudine degli animali al pascolo. Conosciamo ogni vacca per nome, cosa che per chi fa questo mestiere è abbastanza banale, ma le conosciamo una a una anche per i carattere che hanno: ci sono quelle più irrequiete che si allontanano dalla mandria, quelle più tranquille, quelle più diffidenti. Il rapporto che instauriamo con loro è fondamentale per il loro benessere e per la bontà del latte». Le vacche brune di Gortani, dallo sguardo dolcissimo, pascolano tutta l’estate sullo Zoncolan, nutrendosi di erbe fresche e aromatiche che rendono i loro formaggi così buoni. «In questa zona della Carnia le varietà botaniche sono davvero tante e ogni stagione è diversa. Ci piace pensare che sia il latte a comandare il casaro: in base al suo profumo e alla sua consistenza diamo vita al formaggio che meglio rispecchia la qualità dell’ambiente. Un ambiente adibito a malghe è un ambiente sano – dice Renato – perché gli animali lo custodiscono, lo curano, lo tengono pulito». Le nostre fredde giornate invernali, quindi, si scalderanno con il calore del sole, dell’erba, dei pascoli e con il profumo del latte e dei formaggi che casari come Renato, i suoi figli e i “ragazzi” hanno preparato durante l’estate. In questi giorni, malga Pozof sta chiudendo perché la stagione è finita e gli animali hanno terminato il loro periodo di pascolo sullo Zoncolan. Ma l’attività di caseificazione continua nell’azienda di pianura, fino alla prossima stagione. «In questo ambiente, si è continuamente stimolati a vivere la vita – dice Renato –. La natura ti può mettere in ginocchio ma ti regala anche le più grandi soddisfazioni. Sono stato fortunato a conoscere questo mondo fin da bambino e ad aver trasmesso ai miei figli la stessa passione per questo mestiere».