Carnia: omaggio a Romano Marchetti, che il 26 gennaio 2017 compie 104 anni

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di Ermes Dorigo.

Le Cooperative assumono fin dall’inizio del Novecento, quando erano presenti circa 120 di queste associazioni, un ruolo considerevole per quanto concerne l’evolversi della società in Carnia; infatti, la costituzione di tali associazioni hanno creato in questa zona una partecipazione attiva a livello economico, sociale, amministrativo e politico. Le Cooperative si sono diffuse  allo scopo di creare degli strumenti di progresso, favorendo il miglioramento della qualità della vita delle popolazioni montane, combattendo la povertà e l’usura presenti sul territorio carnico.

Tra queste purtroppo non più  la Cooperativa Carnica di Consumo, fondata nel 1906 dai socialisti, ma  ancora vive diverse Casse Rurali e Artigiane, fondate dai cattolici – la prima nel 1900 -, che nel 1994, dopo la fusione, hanno assunto la denominazione di Banca di Credito Cooperativo della Carnia, modificando lo statuto sociale in linea con le disposizioni contenute nella Legge Bancaria d.lg. n° 385/1993.

Durante il periodo fascista, però, queste associazioni vennero represse, in quanto il regime non riconosceva il diritto di associarsi liberamente come previsto all’art. 18  (“I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”), mentre la nostra Costituzione riconosce ad esse all’art. 45 un ruolo fondamentale: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità”.

La formazione della Giunta di Governo della Zona Libera rappresenta il punto d’arrivo di questa tradizione cooperativistica e un modello per la successiva creazione della Comunità carnica.

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La Zona Libera della Carnia e del Friuli fu una vera e propria isola democratica in un territorio invaso ed annesso alla Germania dopo l’8 settembre 1943. Il primo obiettivo dei dirigenti politici e militari della Resistenza carnica e friulana fu quello di costituire nuovi e legittimi organi di potere locale ‑ i sindaci e le Giunte comunali ‑ per gestire la normale attività amministrativa. I Sindaci e le Giunte comunali popolari dovevano essere eletti dalla popolazione. Così, dalla fine di agosto a tutto settembre, nei comuni della Zona Libera si svolsero le elezioni, le prime libere elezioni in Italia dopo venti anni di regime fascista.  Si votò per capifamiglia, secondo la tradizione delle latterie sociali, l’unico modo possibile in quelle circostanze, e votarono anche le donne se ricoprivano tale ruolo.

Le Giunte comunali, composte da un numero variabile di persone, da cinque ad undici, avevano il compito di amministrare la vita del Comune, di costituire la Guardia del Popolo (cioè la Polizia Municipale), di amministrare i beni pubblici, di organizzare il servizio di alimentazione, di contribuire alla lotta, dando aiuto alle formazioni partigiane. Le Giunte rappresentarono un successo non solo per l’affermazione di principio costituita dal fatto che erano state liberamente elette dalla popolazione, ma per come funzionarono: tenevano pubbliche sedute alle quali partecipava la comunità, che poteva così discutere i problemi che direttamente la riguardavano.

Verso la metà di agosto del 1944 scaturì l’accordo sulla necessità di costituire un Governo della Zona Libera della Carnia e del Friuli, cioè un Governo civile unico di tutta la zona liberata. Esso fu costituito ad Ampezzo il 26 settembre del ‘44. La Giunta era composta da  cinque rappresentanti dei partiti antifascisti ed era allargata, con funzioni consultive non deliberative, ai rappresentanti, delle formazioni partigiane e delle organizzazioni di massa, cioè i Gruppi di Difesa della donna, il Fronte della gioventù e i Comitati dei contadini e degli operai.

Aveva così inizio un’esperienza di alto valore politico e civile che, a detta anche degli storici, non ebbe eguali in nessuna delle repubbliche partigiane sorte in altre zone d’Italia nella primavera‑estate del ‘44 e che ebbe il carattere peculiare di un’esperienza di autogoverno caratterizzata da autonomia di decisione, dalla facoltà di legiferare e di operare autonomamente, senza interferenze da parte dei comandi partigiani.

Fu un’esperienza breve ‑ durò infatti dal 26 settembre al 10 ottobre, (giorno in cui il grande rastrellamento scatenato da nazisti, fascisti e cosacchi pose fine a questa esperienza) – ma di grande significato per l’intensa azione di riorganizzazione civile che fu proposta. Non dimentichiamo che l’azione di governo della Giunta della Zona Libera fu svolta in una zona annessa al III° Reich, strategicamente essenziale per le comunicazioni ed i trasporti da e per la Germania; assegnata infine a orde disperate di cosacchi e caucasici, che si erano qui insediati con le loro famiglie e ai quali era stato promesso che, a guerra finita, la Carnia sarebbe diventata la loro patria, la Kosakenland.

In quelle condizioni difficili si svilupparono concetti di democrazia che sembravano ormai dimenticati dopo venti anni di dittatura, e quelle esperienze anticiparono principi che furono poi ripresi nella Costituzione dell’Italia repubblicana.

Vediamo, come esempio, due decreti, relativi alla riforma tributaria e alla giustizia.

Nel primo caso la Giunta di Governo elaborò un decreto di carattere finanziario, con il quale vennero abolite tutte le imposte e le tasse esistenti e venne fissata un’imposta straordinaria sul patrimonio, la cui consistenza doveva essere accertata dalle Giunte popolari comunali. L’imposta era progressiva e partiva dal 2% per i patrimoni di 200.000 lire per giungere all’8% per quelli di un milione; per noi è una anticipazione di quanto previsto all’art. 53 della nostra Costituzione: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

Per quanto riguarda la giustizia fu decretata l’istituzione del Tribunale del popolo, che doveva giudicare tutti i reati che non avevano carattere politico o militare, cioè i reati comuni. L’importanza del decreto sulla giustizia risiedeva soprattutto in due principi fondamentali: il principio della gratuità della giustizia e l’abo1izione della pena di morte per tutti i reati comuni (Art 27, comma 4°: “Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra”).

Un primo provvedimento, però, fu il decreto sulla riapertura delle scuole elementari. Data l’impossibilità concreta di stampare un nuovo manuale scolastico, i giovani del Fronte della Gioventù, ovviamente i più interessati ai problemi della scuola, suggerirono l’adozione provvisoria del libro Cuore di Edmondo De Amicis.

Romano Marchetti, interpellato sul motivo di questa scelta, ha risposto così: «Cosa vuoi che ti dica?  L’indicazione non era così ingenua come può oggi apparire: dopo un ventennio di esaltazione della forza e di educazione allo spirito guerriero fra i giovani (si ricordi il motto di Mussolini “Libro e moschetto fascista perfetto”) il libro di De Amicis diventava un testo di tutto rispetto ed apprezzabile per il richiamo ai buoni e semplici sentimenti ed anche un segnale di continuità con la storia risorgimentale, rispetto alla quale, per noi, il fascismo rappresentava una parentesi degenerativa. Ai comunisti della Garibaldi-Carnia va il mio riconoscente ricordo per il notevole contributo dato alla guerra di Liberazione e soprattutto alla creazione della Giunta Civile della Repubblica democratica nella Alpi e Prealpi Carniche che, secondo alcuni  storici (prof. Dondi dell’Università di Bologna) è stata la più perfetta e democratica tra tutte; in questo caso grande merito ebbe il comunista dott. Gino Beltrame;  per il ruolo principe nella costituzione dei Sindaci della liberazione, nonché dei CLN comunali, di vallata, della Carnia, che ne furono premessa: in questo caso emerge soprattutto la figura di Tranquillo De Caneva. Ritengo mio dovere ricordare almeno alcuni dei comunisti della Garibaldi, che si distinsero particolarmente: Augusto Nassivera (Nembo), che si era messo in luce a seguito della Festa degli alberi a Forni di Sotto, strappando dall’aiuola quell’albero che, in omaggio al fratello Arnaldo, Benito Mussolini aveva comandato venisse piantato in ogni comune: nel 1945, partigiano tra i primi, divenne comandante garibaldino; il dott. Aulo Magrini (Arturo), sacrificatosi per difendere i propri compagni, di cui già tanto s’è detto e scritto, che aveva fatto pure parte della rete pro-resistenza, creata in Carnia da osovani nell’inverno ‘44/’45; Italo Cristofoli (Aso), pure lui comandante partigiano della Garibaldi, ucciso in azione a Sappada: era di Pradumbli, paese famoso per il gruppo di anarchici che lo caratterizzava; Tranquillo De Caneva (Ape), cui ho già accennato, dopo il 1945 fu emigrante, minatore e poi responsabile di livello nella CGIL, tanto da venir chiamato a Roma da parte di Togliatti, per dirigere il settore Assistenza, in seguito fu anche Consigliere regionale; naturalmente non si può dimenticare l’azionista Elio Martinis (Furore). Non è il caso di passare sotto silenzio anche  alcuni che, all’inizio osovani, passarono poi nelle file  della Garibaldi, come Decio Deotto e Giovanni De Mattia (Lupo). Credo infine che la propaganda comunisto-garibaldina abbia avuto il merito di riscattare molti giovani, plagiati dall’ideologia fascista, dando loro una piena dignità umana e civile, anche se in qualche modo condizionata da un credo fideistico».

Una risposta a “Carnia: omaggio a Romano Marchetti, che il 26 gennaio 2017 compie 104 anni”

  1. tanto di cappello a quella esperienza ideale e insieme profondamente pragmatica e responsabile, ma ricordo che mio nonno raccontò che a quel tempo in Carnia molti con lui avevano idee anarco liberali, ma dovettero piegarsi alla linea dominante socialista o bianca. Fa pena vedere come le nobili scelte di allora abbiano oggi corrispondenza in una democrazia decrepita e fallimentare: forse la strada libertaria era davvero quella giusta.

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