Carnia: paradiso dei ciclisti, all’ombra di Crostis e Zoncolan decine gli itinerari per tutte “le gambe”

di Antonio Simeoli

Pedalare sulle strade dei campioni, scalare le salite entrate nel mito del ciclismo. Benvenuti in Carnia, ormai diventata un vero e proprio Paradiso dei ciclisti. Ne arrivano da tutta Europa. Cercano due cose: la pace e la tranquillità di un paesaggio incontaminato e soprattutto la fatica. Difficile pensare a gente che va in vacanza per fare fatica. Eppure i migliaia di appassionati delle due ruote (senza motore) in Europa, ma non solo, vanno proprio a cercare la fatica. Sulle Dolomiti, sui Pirenei o sulle Alpi in Francia da anni migliaia di cicloamatori invadono le strade per conquistare le montagna, i valichi, i percorsi totem di Giro d’Italia e Tour de France. Tourmalet, Mont Ventoux, Galibier, Izoard, Alpe d’Huez; e ancora Stelvio, Mortirolo, Gavia, Pordoi, Marmolada. Fino a poche stagioni fa erano queste le mete più gettonate durante l’estate con un ritorno economico importante per gli operatori turistici di quelle valli. Ora la musica sta cambiando perchè al tavolo imbandito del “turismo sportivo” si è seduta anche la Carnia dopo l’irruzione nel panorama ciclistico internazionale dello Zoncolan, la salita più dura d’Europa. Nove anni fa, sebbene dal versante di Sutrio, il “mostro” fu scalato per la prima volta grazie all’intuizione di Enzo Cainero. Poi, negli anni successivi, sono arrivate le imprese di Simoni, Basso; al “mostro” si è aggiunto il “gemello” Crostis, scartato in extremis dal Giro 2011, ma diventato, assieme alla Panoramica delle Vette, un must per gli appassionati. E così, sulle orme delle folle oceaniche dello Zoncolan, da dieci anni si vedono d’estate in Carnia centinaia di cicloamatori in cerca della fatica e della gloria. C’è chi, nelle valli, ha capito subito che quei turisti un po’ bizzarri con bici al seguito sarebbero potuti diventare una risorsa. C’è chi, molti, faticano a comprenderlo, non aiutati spesso dalle organizzazioni di categoria o dalle istituzioni. Il fenomeno del turismo sportivo, insomma, è ancora una risorsa per pochi. In Carnia sperano che il nuovo corso dato a Turismo Fvg dal direttore Edi Sommariva porti presto il tanto sospirato marchio Zoncolan, capace di racchiudere sotto lo stesso ombrellone la promozione del territorio in tutto il mondo, intanto operatori “mosche bianche” come Silvio Ortis di Ovaro, un paio di alberghi di Ravascletto o alcuni sindaci “illuminati” tengono duro dando i servizi richiesti ai turisti. Ortis, ad esempio s’è inventato, con l’appoggio del Comune di Ovaro, la “Casa del ciclista”, un camping attrezzato per gli amanti delle due ruote; in Val Calda negli alberghi si possono trovare dei menù a tema per gli appassonati delle due ruote (carboidarti a colazione ad esempio). Per quanto riguarda gadget e souvenir legati alle imprese ciclistiche ancora nemmeno l’ombra. Insomma, si naviga a vista, col rischio concreto di perdere una miniera d’oro. Perchè in Carnia non ci sono solo salite “impossibili” per pochi con gli undici km dello Zoncolan da Ovaro con una pendenza media superiore al 10 per cento e quei sei km centrali da ribaltamento o i 14 km del Crostis da Comeglians con le pendenze che superano sempre il 10% e fanno da preludio agli eccezionali 6 km in quota della Panoramica delle Vette. Di salite più facili (Valcalda, Duron, la Val Pesarina, Cima Sappada, lo Zoncolan da Sutrio o Priola, il Passo Monte Croce) è piena la Carnia. Un posto dove la fatica può diventare una risorsa.