Carnia: il patrimonio storico Coopca vada all’Archivio di Stato di Udine

di Giancarlo L. Martina.

«Mi piange il cuore» Piange il cuore. La Coopca ha chiuso definitivamente, non esiste più. Piange il cuore innanzitutto e soprattutto per i soci prestatori e per i dipendenti, i primi perché subiranno dei contraccolpi notevoli solo per aver dato fiducia a chi amministrava i loro soldi, così come avevano fatto nel corso della storia della Coopca i soci precedenti. I secondi, una buona metà di loro, si troveranno nella situazione di dover trovare un nuovo lavoro, con la speranza che chi ha il dovere istituzionale dia loro una mano. Piange il cuore, perché la storia della Coopca intesa non come azienda, ma come insieme di donne e uomini, si è conclusa, con lei la storia di migliaia di persone di oggi, soci e lavoratori, è stata travolta con danni incalcolabili. La Cooperativa Carnica di Consumo nacque nel 1907, con Riccardo Spinotti e Vittorio Cella come presidente e direttore. Nello stesso anno aprì lo spaccio di Tolmezzo e a seguire altri cinque distribuiti nella montagna del Friuli.I soci erano 556, in linea di massima socialisti o socialisteggianti, dato che l’idea di fondo era quella del socialismo riformista. Queste persone e quelle che seguirono diedero vita alla più grande realtà della Cooperazione di consumo friulana cui si affiancò quella di credito, secondo il sistema per cui i depositi dei soci fungevano da capitale per ampliare la rete commerciale, per acquistare a prezzi i più convenienti i prodotti, per permettere a chi non aveva contante di poter “segnare sul libretto” gli acquisti pagati alla fine dell’anno o al rientro delle rimesse degli emigranti. La Coopca rappresentava una sicurezza sia per chi partiva sia per chi restava. Nemmeno la prima guerra mondiale riuscì a demolire la Cooperativa, profuga anch’essa (a Bologna) come migliaia di friulani. Al rientro a Tolmezzo gli amministratori furono capaci non solo di riaprire i vecchi spacci depredati, ma addirittura di aumentarne il numero. Dopo aver aderito (a sorpresa) alla federazione fascista delle cooperative, la Coopca affrontò la seconda guerra ed entrò a far parte della prima esperienza di democrazia dopo vent’anni di dittatura : la Repubblica Libera della Carnia. La svolta fu quella degli anni ’80 e della fine del XX secolo, da cooperativa con finalità solidaristiche si trasformò in un’entità diversa, una società che investiva in attività immobiliari, in centri commerciali, nell’ampliamento dei punti vendita anche fuori Italia.Sembra di intuire un’entrata nel mercato della libera concorrenza e della ricerca del profitto a scapito delle premesse ideali, forse ideologiche nel senso migliore del termine, dei fondatori. Piange proprio il cuore, perché viene a mancare un punto fermo dell’economia della montagna e non solo della Carnia, un servizio per chi resiste nell’economia dei paesi o per chi è anziano o senza auto. Purtroppo poco o nulla si può fare. Spero che ci sia la consapevolezza del patrimonio storico e culturale che l’archivio e gli archivi della Coopca rappresentano; spero che le istituzioni culturali e anche politiche non permettano di disperdere questo patrimonio, magari proponendo all’Archivio di Stato di Udine di acquisire il materiale, o che possa entrar a far parte dell’imponente e affine, per certi versi, Archivio Gortani conservato a Tolmezzo. Un ulteriore contributo consisterebbe nello studio da parte degli intellettuali del movimento cooperativo nella nostra regione. Solo così possiamo impedire la dispersione dell’eredità di migliaia di donne e uomini che hanno creduto in un mondo migliore.

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