Carnia: Romano, il partigiano più vecchio d’Italia, ecco la sua storia

di Gino Grillo.
«Si potrebbe idealmente considerare il nostro presidente della Repubblica carnica». Parole del sindaco di Tolmezzo Francesco Brollo rivolte a Romano Marchetti, che con i suoi 102 anni è il più vecchio partigiano d’Italia. Una frase che calza a pennello: Marchetti nel 1944 faceva infatti parte della Giunta della costituente della Repubblica Libera della Carnia, da dove scaturirono diverse novità che hanno poi trovato spazio nella Costituzione italiana, come il voto alle donne, la promozione della cultura e dell’istruzione. Nato a Tolmezzo il 26 gennaio 1913, Romano – a 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale – è lucido e determinato nelle sue osservazioni anche sul mondo attuale, tenendo sempre fede a quegli ideali che lo hanno portato a unirsi ai combattenti per la libertà. Una fede tuttora vivissima visto che domenica ha sottoscritto nella sua città il rinnovo della tessera dell’Anpi. Esperto di agraria, attualmente è il presidente onorario della Sezione Anpi di Tolmezzo. Dopo la laurea si era specializzato in agronomia tropicale assolvendo a importanti incarichi in Italia e in Africa. E di quegli anni Romano ha ancora ricordi vivissimi, in particolare della guerra, tra il 1940 e il 1945. «Fui mandato a combattere in Albania e Grecia con il grado di tenente per venire poi assegnato alla direzione di un’azienda agricola gestita dall’esercito a Prestrane di Postumia, dove rimasi sino all’armistizio». All’epoca Marchetti aveva già maturato la sua idea politica: l’Italia avrebbe dovuto essere «democratica e antifascista». Il suo antifascismo nasce, ricorda, «quando venni colpito dallo zampillo della terra causato da una bomba dei tedeschi dopo l’8 settembre: quegli stessi tedeschi che sino a poche ore prima erano miei commilitoni». Conscio di avere quali sottostanti più contadini che soldati, Marchetti li invitò, l’8 settembre 1943, a non far rientro ai loro reparti, ma a dirigersi verso casa o di seguire il suo esempio, spiegando che la sua scelta era quella di aderire alle forze di resistenza slave. Sulla via del rientro, sceso dal Monte Re, il suo anelito di libertà, che ancora lo permea, lo spinse ad accollarsi la responsabilità di lasciar partire dalla casera un reparto di soldati italiani. «C’era incertezza, nessuno neanche a Roma sapeva cosa fare. Immaginarsi noi. Ma un capitano non voleva lasciare andare i soldati e mi chiese di firmare un foglio dove mi assumevo io la responsabilità». Marchetti firmò il foglio, e i soldati lo seguirono verso la libertà. «Se conosci l’effetto delle tue azioni, sei libero, e io, come uomo, mi sentivo libero». Dopo diverse peripezie, Marchetti raggiunse in treno e in divisa, la moglie a Cormons, poi, in bicicletta si recò a Udine in caserma dove si accorse che la stessa era stata occupata dai tedeschi. Da qui l’idea di raggiungere la Carnia passando per Maiano, «luogo dove avevo frequentato le scuole e avevo diversi amici». «Qui – prosegue – presi i primi contatti con le forze della Resistenza». Alla quale ha aderito per combattere contro i nazifascisti, assumendo il nome di “Cino Da Monte”. La sua carriera lo vede militare nella Brigata partigiana “Osoppo-Carnia” in veste di delegato politico. Nell’estate del 1944 fu chiamato a far parte della giunta di governo della Zona libera della Carnia che aveva posto la sua capitale ad Ampezzo, in qualità di rappresentante dei partigiani della “Osoppo”. Infine assunse il ruolo di commissario del Gruppo Brigate “Garibaldi Osoppo Carnia” svolgendo il suo compito di orientamento sino alla Liberazione. Ancora vigile, ricorda le fasi del suo lungo passato, che non rinnega, anche se esiste qualche dubbio sui nostri giorni. Romano lamenta il “tradimento” della guerra di Liberazione: «Mi sento di dover chiedere scusa per non essere riuscito a portare a termine gli obiettivi che mi ero prefissato, assieme agli altri partigiani durante la lotta di liberazione». Marchetti si riferisce alla mancata attuazione dell’articolo 129 della Costituzione che parlava di «circondari» quali alternativa alle Province. Lacunosi rimangono i temi della scuola e della cultura, «mortificate purtroppo dalla mancanza di scuole di livello superiore e universitario sul territorio». Solo «attraverso la cultura la Carnia potrà superare i suoi ritardi sociali e uscire dalla marginalità economica». E sino a pochi anni fa, Romano si è prodigato per la sua Carnia insegnando all’Università della Terza Età.