Comeglians: intitolazione di una piazza alla “Portatrici Carniche”, sui monti con in spalla gerle di 30 chili

(m.d.c. dal MV di oggi)

Definirle donne qualunque sembra una “diminutio”, ma nei fatti è proprio così. Quelle che sono passate alla storia come le “portatrici carniche” prima della Grande Guerra erano donne normali, ragazze, in qualche caso poco più che bambine. Dedite alla casa, alla famiglia, alle più “comuni” fatiche legate alla montagna. La gerla la portavano sulla schiena per chilometri e chilometri, colma di viveri, erba sfalciata per far fieno e di ogni altro peso che avessero avuto la necessità di spostare. Mai avrebbero però pensato che quel “gej” sarebbe potuto servir loro per trasportare armi e munizioni al fronte come invece accadde tra l’agosto del 1915 e la disfatta di Caporetto nel 1917. Ai 10-12 mila soldati presenti nella cosiddetta “zona Carnia” servivano quotidiani rifornimenti, che però si trovavano ai magazzini di fondovalle. Andavano portati a spalla, ma da chi se gli uomini erano tutti impegnati sulla linea del fronte? A casa restavano solo bambini, anziani e donne, che non ci misero molto a prendere una decisione. «Anin, senò chei biadaz ai murin encje di fan» (Andiamo, altrimenti quei poveretti muoiono anche di fame) si dissero le donne di Paluzza facendo inconsapevolmente muovere i primi passi al corpo di ausiliarie che nell’arco di poco avrebbe contato su oltre mille donne. Bracciale rosso al polso, con stampigliato il numero del reparto dal quale dipendevano, queste ardite “ragazze” percorrevano quotidianamente più di mille metri di dislivello, cariche di gerle gremite di vettovaglie, cartucce, granate, medicinali e altro. Pesanti anche 30, 40 chili. Partivano in gruppo, in 10, 15 di loro, per poi separarsi lungo l’ascesa, che affrontavano cantando o pregando per rincuorarsi dal terribile suono della guerra. Dall’esplosione dell’artiglieria nemica, pronta a ricordagli, a ogni passo – calzato in scarpets o peggio in zoccoli di legno – che il pericolo avanzava con loro. Dopo ore di cammino massacrante, arrivavano a destinazione, scaricavano la gerla e dopo un breve riposo, utilizzato per riferire agli alpini le ultime novità, riprendevano la strada della valle. Cariche di panni da lavare. Non di rado delle barelle dei militari feriti. E con le faccende domestiche ad attenderle prima d’iniziare un’altra giornata. Simile. Ancora piena di fatiche. A muoverle c’era però l’amor di Patria, i loro uomini al fronte. Entrare nelle file delle portatrici era come stargli vicino. Un richiamo ben più forte del piccolo compenso (pari a un euro e 50 di oggi) a viaggio che veniva loro pagato una volta al mese.

Una risposta a “Comeglians: intitolazione di una piazza alla “Portatrici Carniche”, sui monti con in spalla gerle di 30 chili”

  1. Bello l’articolo, ed esauriente. Mi permetto tuttavia apportare una precisazione alle ultime due righe non rispondenti alla realtà: “piccolo compenso (pari a un euro e 50 di oggi) a viaggio che veniva loro pagato una volta al mese.”
    Che venisse pagato una volta al mese va bene, come sommatoria dei compensi spettanti per tale periodo di tempo, alla stregua cioè di uno stipendio, diremo oggi.
    Il compenso che veniva offerto alle Portatrici non corrispondeva a 1 Euro e 50 a viaggio ma a Lire 1,50 di quei tempi.
    Facendo un calcolo molto vicino al vero, sappiamo che un operaio poteva guadagnare in media 2,50 Lire al giorno e con quella cifra poteva comprare, nel 1915, 6 chili o poco più di pane o farina, e soltanto quello, spendendo l’intera cifra.
    Fatte tutte le debite proporzioni, tenendo fermo un prezzo medio odierno di Euro 2,69/kg per il pane, una Lira e 50 centesimi guadagnata nel 1915 da una Portatrice poteva equivalere da 10 a 17 Euro di oggi, per stima ottimistica. Nel 1917, a motivo della riduzione dei salari, il valore d’acquisto si riduceva a da 8 a 16 Euro odierni per discreta approssimazione.
    Pare lampante quanto si trattasse di una miseria: oggi nessuno farebbe mille metri di dislivello con 40 chili di merce sulla schiena, camminando tutto il giorno, tra fatiche e rischi incalcolabili, per 10 Euro; sarebbe una pazzia. Quanto basta a rendere l’idea degli immani sacrifici cui andarono incontro le eroiche Portatrici Carniche.
    (Mario Bruno, Alpini di Barge – CN)

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