Ennio Zampa …. Fin a setembar

Una forma insolita di raccontare mezzo secolo di canzoni, parole, musica e vita. È quella usata dal cantautore friulano Ennio Zampa in …fin a setembar, che si è tenuto sabato scorso. Si tratta di un concerto-spettacolo, al debutto meno di un anno fa, che per profondità e per l’ampio respiro assume forme naturalmente diverse a ogni esibizione. E il pubblico viene avvolto da una miriade di stimoli che restituiscono un quadro cinquantennale con una carrellata di pezzi, concentrati in poche strofe, che appartengono sia alla creatività del cantautore sia a grandi nomi della musica e della poesia. «Più che un itinerario artistico attraverso le generazioni – ci spiega Zampa –, il mio è un viaggio attraverso le ere. Sono nato negli anni ’50, in quella che Pasolini avrebbe definito l’era del sottoproletariato, poi ho vissuto l’industrializzazione, che ha pervaso anche il Friuli, e ora l’era tecnologica. Evoluzioni importanti che non si sono sviluppate nei secoli, ma in pochi anni». Una performance sul filo di chitarra e voce, con incursioni nella poesia, come ormai il cantautore ci ha abituato. «La natura intima delle mie composizioni – aggiunge Ennio – è sempre legata al progetto PerauleSunColôr , quell’incontro tra arti friulane che rende la canzone sorella della poesia. Sto pensando di usare la formula di …fin a setembar anche per altri percorsi, articolati sulla produzione poetica a livello mondiale». E così l’ex diciottenne del ’68, anno in cui incise con I Ragazzi Soli il suo primo 45 giri, rielabora in musica, a modo suo, un grande salto temporale, dagli anni ’50 dell’infanzia trascorsa in un curtîl di provincia, ai mitici ’60, alle proteste giovanili degli anni ’70 – in cui compose il pezzo più noto, Il cjan di nissun –, agli anni ’80 dell’apoteosi della discoteca e del crollo della cultura friulana, ai ’90 del predominio dell’estetica, anche nei suoni, al 2000 delle migrazioni e di un nuovo modo di fare guerra. In cui rimane il valore forte della famiglia, che Zampa esprime con una sua canzone a cui è molto legato: Reste . Una storia di ere , questa, raccontata anche a suon di Gaber, Tenco e Endrigo, Rolling Stones, New Trolls e Profeti. E attraverso i colori delle poesie di Rimbaud e Montale. Con un omaggio speciale a Meni Ucel, qui, in un luogo vicino a quella che era la sua casa. Cristina Menis