Friuli: 36 anni dal 6 maggio 1976

di Antonio Simeoli 

Il Friuli oggi ricorda la tragedia del terremoto. Ricorda i mille morti, la distruzione immane scatenata, alle 21 del 6 maggio del 1976, da una terribile scossa che dal profondo della terra ha cambiato la storia di una regione. Non sarà un giorno qualsiasi quello di oggi in Friuli e specialmente nel “quadrilatero” della distruzione: Venzone, Gemona, Buja, Majano. Lì si concentrò il maggior numero di morti, anche se 137 furono i Comuni interessati dalla disgrazia. E lì oggi, dopo l’importante prologo di ieri, saranno decine le cerimonie per ricordare le mille vittime. Non sarà un giorno qualsiasi quello di oggi per il Friuli, non sarà mai un giorno qualsiasi il 6 maggio, perchè il territorio, la persone da quella disgrazia sono state radicalmente cambiate. In meglio? Di solito il tempo è galantuomo. E il tempo ha dimostrato che il Friuli si è asciugato le lacrime (tante) in fretta ed ha dato una sterzata brusca alla propria storia. Dopo il sisma la regione ha cambiato marcia, nei paesi è arrivato il lavoro, sono arrivate le infrastrutture (l’autostrada), è persino nata un’Università, ora molto apprezzata. Questo grazie all’abnegazione, al carattere di migliaia di persone, guidate da un pugno di uomini che sono entrati nel cuore dei friulani. Personaggi, quasi miti, che il tempo ci ha pian piano portato via. Chiavola il numero uno della segreteria straordinaria, l’ex presidente della Regione Comelli, i sindaci, che presero per mano le proprie comunità assumendosi responsabilità per gli amministratori di adesso semplicemente impensabili. E monsignor Battisti, l’arcivecovo di Udine, che se n’è andato all’inizio dell’anno. La sua assenza alle cerimonie di oggi si sentirà, perchè i friulani l’avevano da subito indicato come una guida da seguire per rinascere. «Noi ci troviamo come gli ebrei nella traversarta del Mar Rosso. Dovete sapere che in fondo c’è la Terra Promessa», disse monsignor Battisti ai gemonesi durante la messa celebrata nella zona del cimitero con i 400 morti appena sepolti. A ricordarci quella frase è stato ieri l’ex commissario per la ricostruzione, Giuseppe Zamberletti. Un altro di quei personaggi entrati nel cuore dei friulani per quanto fatto dopo il terremoto. Gli anni passano e il legame tra Zamberletti e la nostra regione si rafforza. «Ci mancherà monsignor Battisti – ricorda – perchè è stato una delle guide per la vostra gente, la nostra gente». Zamberletti è lombardo, ma con orgoglio dice che «da nove italiani su 10 sono considerato friulano». Del resto, da sottosegretario all’interno con delega ai Vigili del fuoco diventò, poche ore dopo il sisma, il commissario straordinario per l’emergenza. «Sono orgoglioso di tutto quanto abbiamo fatto con gli amici friulani, il povero Comelli, Benvenuti, Varisco, tutti i sindaci, i funzionari, i volontari. Tutti. In quei mesi è nata la Protezione civile, da quelle macerie oltre a una regione è nato un metodo per affrontare le emergenze che è diventato “il” metodo». Anche adesso, soprattutto adesso. Zamberletti l’altro giorno ha visto il ministro Barca, che dal premier Monti ha ricevuto la delega per la ricostruzione dell’Abruzzo tre anni fa colpito dal terremoto. E al ministro, Zamberletti ha subito indicato la via. «Vai a Gemona – gli ho detto – parla con quella gente, con i sindaci di allora, guardati intorno e segui quella strada». Il ministro Barca nei prossimi giorni arriverà a Gemona precedendo il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che il 30 maggio sarà nella città simbolo del dramma e della ricostruzione per vedere da vicino i segreti della rinascita. «E io sarò con lui – conclude – Zamberletti non posso mancare a un altro dei momenti chiave della storia del Friuli. Perchè l’arrivo del Capo dello Stato sarà un’altra prova che quanto fatto trent’anni fa ha un significato importante per il Paese». Già, il Paese. Dovrebbe imparare il Paese da quanto fatto nei giorni successivi alle scosse di maggio e di settembre in Friuli. In fondo, in un momento in cui i “tecnici” hanno sostituito la politica, si può dire che Zamberletti sia stato il precursore dei tecnici. L’onorevole se la ride, ma accetta il paragone. «Beh, io divenni tecnico sul campo, ma riuscimmo a prendere decisioni epocali in poche ore, vorrei quasi dire minuti» spiega il commissario-eroe per i friulani. E ha ragione. I sindaci delegati, con l’appoggio della Regione e del Governo ridussero al minimo la burocrazia, le pratiche per la ricostruzione delle case, grazie alla “genialata” degli appalti accorpati filarono lisce, i fondi vennero spesi con precisone svizzera senza perdersi in mille rivoli come poi è accauto nelle emergenze successive in giro per l’Italia. Verrebbe quasi da dire, inquinamento della laguna di Marano, compresa. Ma gli amministratori post terremoto non dovevano essere un esempio?