Friuli: anniversario dell’approvazione della legge 15/96, l’Italia riconobbe il friulano e aprí la strada alle minoranze

di William Cisilino.
Amata e odiata. Vituperata e osannata. La prima legge regionale sul friulano – la 15 del 1996 – approvata il 22 marzo di vent’anni fa, non ha mai lasciato indifferenti, cosí come la sua sorella minore, la successiva legge di tutela del 2007. Quest’ultima fu addirittura definita dall’ex presidente (friulano) della Regione, Renzo Tondo, «una cazzata». Di opinione opposta il piú importante linguista italiano e già ministro dell’Istruzione, Tullio De Mauro, che ai tempi commentò molto positivamente il provvedimento. Una cosa è certa: sull’argomento le dichiarazioni dei personaggi pubblici potrebbero riempire pagine e pagine. Ma i friulani, cosa pensano? In osteria, il solo luogo in cui è possibile verificare i veri umori della nostra gente, ho sempre colto un clima tendenzialmente favorevole alla tutela della lingua. Dato, questo, confermato dalle recenti ricerche sociolinguistiche. Ecco, quindi, un primo effetto positivo della legge 15: aver fatto capire ai friulani che è vero che una legge, da sola, non può salvare una lingua. Ma, avere una legge dalla propria parte, aiuta non poco. Google e il Vaticano i primi a prenderne atto L’insigne friulanista Giovanni Frau lo ha spiegato benissimo nel suo “L’individualità linguistica del friulano”. Un idioma, per essere “lingua”, deve disporre di tutta una serie di requisiti: originalità grammaticale e della genesi storica, tradizione letteraria, coinè linguistica, coscienza di parlare una lingua e, soprattutto, riconoscimento giuridico. Requisiti che il friulano ha sempre avuto, tranne, appunto, fino al 1996, l’ultimo e piú importante. Ci si rende conto dell’importanza della “lex” soprattutto quando si batte altre zone di minoranza o si ha a che fare con Bruxelles. «Ma il friulano è riconosciuto ufficialmente?», ti chiedono. Questa è la domanda che fanno anche le multinazionali (Microsoft, Google, Apple), se vuoi collaborare con loro. Compresa quella grande multinazionale che è la Chiesa: prima del 1996 il Vaticano non ammetteva, se non in sacrestia, l’uso del friulano. Dopo la legge 15 vennero invece riconosciute le traduzioni ufficiali della Bibbia e del Lezionario. Il friulano scardina il centralismo romano Sarei irriverente se limitassi l’importanza di una legge della Repubblica alle esigenze delle predette multinazionali. Prima di tutto la legge 15 permise di mettere in pratica, con riferimento ai friulani, l’articolo 6 della Costituzione («La Repubblica tutela con norme apposite le minoranze linguistiche»), restato lettera morta per 50 anni. Permise anche di far uscire il nostro paese dal poco elegante “club” degli Stati dell’Ue anti-minoranze. Infine molte altre Regioni approfittarono della vittoria friulana per tirare fuori dal cassetto leggi simili e ciò convinse il Parlamento che non si poteva piú rimandare l’adozione di una legge nazionale, in gestazione da oltre 20 anni. Si può dire, quindi, che la legge 15 contribuí in modo determinante a far approvare la legge 482 del 1999, sulla tutela delle dodici minoranze italiane. Padri e padrini Se questa Legge è stata pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione va reso merito a tante persone: impossibile, qui, elencarle tutte. Mi limiterò a tre nomi. Anzitutto i suoi due padri politici: il compianto Sergio Cadorini, medico diessino di origini triestine, e Sergio Cecotti, che non ha bisogno di presentazioni. Il “terzo uomo” è il friulanista Adriano Ceschia, ghost-writer del provvedimento, il quale ha avuto anche il merito di intuire le modalità e i tempi con cui portarlo avanti. E i tempi in politica sono tutto. È grazie a queste persone e a tutto il movimento friulanista del secondo dopoguerra se il Friuli è una Regione un po’ piú speciale e l’Italia uno Stato un po’ piú europeo.