Friuli: approvato il piano per l’insegnamento del Friulano

L’insegnamento del friulano entra a pieno titolo nella scuola, come materia inserita nell’orario curricolare. È questa la principale novità contenuta nel Piano applicativo di sistema per l’insegnamento della lingua friulana che la Giunta regionale ha approvato oggi su proposta dell’assessore all’Istruzione Roberto Molinaro.
Con l’approvazione del Piano, che è stato condiviso sia con l’Ufficio Scolastico Regionale sia con la Commissione permanente per l’insegnamento della lingua friulana, si dà così piena attuazione alla legge regionale che detta “Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana”, sulla base del principio che “la realtà pluriculturale e plurilinguistica del Friuli Venezia Giulia è da considerarsi come una significativa opportunità formativa e di ricerca educativa”. Dal prossimo anno scolastico 2012-2013, dunque, nelle scuole regionali il friulano non si presenterà più semplicemente come progetto di arricchimento dell’offerta formativa, ma come vero e proprio insegnamento nell’orario curricolare. Si comincerà dalle scuole dell’infanzia e primaria, per estendersi dall’anno scolastico successivo in quella secondaria di I grado.
La redazione del Piano regionale permette infatti di raccordare in maniera organica le richieste delle famiglie degli alunni di avvalersi dell’insegnamento del friulano con i Piani dell’offerta formativa delle scuole e con le azioni di verifica e di valutazione delle attività svolte. Particolare attenzione è stata posta alla continuità didattica tra i diversi ordini e gradi scolastici. Per quanto riguarda i docenti, la Regione ha già istituito, in accordo con l’Ufficio Scolastico Regionale, un Albo degli insegnanti con competenze riconosciute per l’insegnamento della lingua friulana, sulla base di titoli culturali, professionali e scientifici.

2 Risposte a “Friuli: approvato il piano per l’insegnamento del Friulano”

  1. Echeggia malinconica una luce
    di stelle alle remote meravigliate
    cime della Carnia

    Pier Paolo Pasolini
    I padri costituenti previdero per la nostra Regione uno Statuto speciale (Art.116: “ Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli – Venezia Giulia e alla Valle d’Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali”; così modificato dalla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 all’art. 2: “Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale”); ma mentre gli Statuti delle altre quattro regioni furono approvati nel 1948, per quello del Friuli-Venezia Giulia bisognerà aspettare la Legge Costituzionale 30 gennaio 1963; addirittura per le Regioni a Statuto ordinario si arriverà al 1970.
    In Friuli la ‘friulanità’ ha assunto la forma del cosiddetto “autonomismo”, fondato soprattutto sul riconoscimento del ‘friulano’ come lingua e forma evidente della specifica identità, del quale è considerato ‘padre’ Tiziano Tessitori (1895 1973), che aveva iniziato la sua attività politica nelle file del Partito popolare di don Sturzo. “Al governo con De Gasperi – come scrive il suo biografo Michele Meloni – nella stagione della “rinascita”, senatore e ministro, penalista e storico, Tessitori ha legato in maniera indissolubile il suo nome alla Regione Friuli Venezia Giulia, della quale, appunto, è considerato uno dei “padri fondatori”. Un padre per alcuni aspetti ”incompreso” – aveva sempre ritenuto necessario allestire una struttura politica e amministrativa più duttile e dinamica, fondata sul presupposto che le sue componenti territoriali, anche tanto diverse tra loro (Trieste e il Friuli), richiedevano e richiedono il massimo di autonomia per poter convivere sotto un unico statuto – , nel cui disegno politico di allora si riconoscono molte proposte di adesso, non ultima una certa idea di autonomia, indispensabile per poter coniugare rispetto delle differenze territoriali e unità statale.”
    Anche Pier Paolo Pasolini, fino al 1949 a Casarsa, dove fonda l’Academiuta di lenga furlana, interviene sulla questione nel Quaderno romanzo n°3 (giugno 1947) con un articolo dal titolo Il Friuli autonomo, in cui privilegia soprattutto la ‘specialità’ della lingua:

    Noi abbiamo l’inopportuno candore, di confessare qual’è il nostro interesse, che è poi il nostro primo argomento per spalleggiare la causa dell’autonomia. Non denaro, né ambizione, ma una poetica. Una poetica della poesia dialettale come antidialetto, cioè come lingua… Lingua ladina, dunque, non dialetto alpino.
    L’art. 6 della Costituzione recita: «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche»; per quanto riguarda la nostra regione, alla X delle Disposizioni finali e transitorie si legge che “Alla Regione del Friuli-Venezia Giulia, di cui all’articolo 116, si applicano provvisoriamente le norme generali del Titolo V della parte seconda, ferma restando la tutela delle minoranze linguistiche in conformità con l’articolo 6”. La Legge 15 Dicembre 1999, n. 482 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”, che pur ribadisce all’art. 1 che “La lingua ufficiale della Repubblica é l’italiano”, riconosce nell’articolo 2 la specificità del friulano (“In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo”) e permette di attivare tutte le iniziative per la sua tutela e valorizzazione, ad esempio in ambito scolastico, come prevede l’art. 4, di cui riportiamo solo i primi due punti:
    1. Nelle scuole materne dei comuni di cui all’articolo 3, l’educazione linguistica prevede, accanto all’uso della lingua italiana, anche l’uso della lingua della minoranza per lo svolgimento delle attività educative. Nelle scuole elementari e nelle scuole secondarie di primo grado é previsto l’uso anche della lingua della minoranza come strumento di insegnamento.
    2. Le istituzioni scolastiche elementari e secondarie di primo grado, in conformità a quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, della presente legge, nell’esercizio dell’autonomia organizzativa e didattica di cui all’articolo 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti dell’orario curricolare complessivo definito a livello nazionale e nel rispetto dei complessivi obblighi di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi, al fine di assicurare l’apprendimento della lingua della minoranza, deliberano, anche sulla base delle richieste dei genitori degli alunni, le modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali delle comunità locali, stabilendone i tempi e le metodologie, nonché stabilendo i criteri di valutazione degli alunni e le modalità di impiego di docenti qualificati.
    La ricchezza della nostra regione sta nella diversità di caratteri e di parlate, nella nostra identità pluralistica e, paradossalmente, nella nostra unità. Oggi risulta fondamentale tutelare queste singolarità che rischiano di disperdersi nell’ oceano dell’ omologazione. Valori come il culto della casa (del fogolâr), della famiglia, del lavoro, dell’onestà del senso del dovere collettivo, rischiano di essere travolti dalle correnti oggi prevalenti. La diffusione della lingua friulana ha il merito di conservare la cultura e la tradizione. Sarebbe auspicabile una tutela maggiore per una lingua che racchiude le nostre origini e radici, testimonianza di una storia millenaria. Lo Stato in questo senso si è mobilitato istituendo l’ insegnamento della lingua ladina nelle scuole elementari, ma solo una maggiore autonomia e valorizzazione locale sono i presupposti necessari alla sopravvivenza e sviluppo del friulano.

  2. L’INFINÎT

    Sempri i ài volût ben al cuòl salvàdi
    e a la siêsa di mons, ca par un biél trat
    da l’ôr ultjm dal séil a niéa la vista.
    E intant ca i stasi sintât a vuardâ, lòucs
    fòur da l’uman, e una pâs fin tal profont
    jò i mi créi tal pinsiéi, an là ca quasi
    al miò còur al si piàrt. E comi c’al vient
    i siènti criciâ tra chistas plantas, chel
    sito e chê pâs infinîs cun chista vòus
    i meti a confront; e in ment l’eternitât,
    e las ‘sudas stagiòns, e chista di vuòi,
    la viva, e al so respîr. Cussì in chista
    infinitât al si arniéa al me pinsâ:
    e piardimi a mi plâs in chistu mâr.

    Traduzione de L’infinito di Leopardi nel dialetto di Forni di Sopra in Friuli

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