Friuli: Cecotti serve un movimento friulano anticentralista

di Simonetta D’Este.
È stata l’occasione per affrontare il tema dell’autonomia della Regione, dell’identità del Friuli e per discutere in parte anche della riforma degli enti locali, ma soprattutto ieri sera a palazzo Belgrado è stato presentato il libro di Gianfranco D’Aronco (friulanista e critico letterario) dal titolo “Un contado chiamato Friuli”. All’evento hanno partecipato moltissime persone, anche il sindaco di Udine Furio Honsell, che si è seduto tra gli uditori, ma sopratutto il presidente della Provincia Pietro Fontanini, monsignor Duilio Corgnali e Sergio Cecotti, assieme all’editore del libro Vittorio Zanon (La Nuova Base) e al presidente della Fondazione Crup Lionello D’Agostini. Il testo raccoglie 33 scritti di D’Aronco – che ha preso la parola per ultimo chiudendo l’intervento con un «diamo a Trieste quello che è di Trieste e al Friuli ciò che è del Friuli» -, pubblicati dal 2009 al 2014. «Questa raccolta – ha spiegato l’editore – ha il significato culturale e sociale di tenere alto il dibattito su cosa e dove vogliamo portare il Friuli. Si tratta di articoli mirati su una problematica che fa discutere e soffrire e che ci dà soddisfazione, ma anche un contributo per mantenere viva la testimonianza sulla storia del Friuli». Il presidente Fontanini, poi, è intervenuto in friulano e ha affrontato subito l’attualità: «Ciò che mi preoccupa è che la Regione ha approvato la suddivisione del territorio in 18 Uti, diciassette in Friuli e una a Trieste. Significa che il Friuli subirà una trasformazione e rischia il frazionamento con solamente Udine a tenere alta la bandiera, mentre il capoluogo giuliano resterà intatto. Non c’è solo Trieste in questa regione. Cerchiamo di salvare l’anima e il corpo del Friuli». «I 18 pezzi in cui si vuole smembrare il territorio – dice monsignor Corgnali – è l’inizio del disfacimento dell’unità strategica del Friuli. Il contado rimarrà contado, e stupisce che i friulani non si accorgano di questo. E che non si muovano i sindaci». «Questo è il momento propizio per una nuova fase politica – ha dichiarato Sergio Cecotti –. La situazione in cui ci troviamo è grave, ma può essere il catalizzatore di un nuovo inizio, di un movimento politico del popolo friulano. Nemmeno i centralisti stanno messi molto bene, comandano, ma in realtà i luoghi del potere romano si stanno lacerando. C’è lo spazio per chi volesse riproporre un discorso serio, perché non credo di essere l’unico a non sentirmi rappresentato oggi. Le contraddizioni dello Stato e i gruppi di potere stanno creando una finestra di opportunità, ma bisogna approfittarne». «Se avessi 20, 30 anni di meno accoglierei questa occasione – ha aggiunto Cecotti -. I sindaci sono molti, ma credo possano esistere 20, 30 primi cittadini che possano essere il lievito di questo movimento, i catalizzatori. Poi il rischio è che arrivi il rottamatore dei rottamatori e avrà il pallino in mano». «Non sono riuscito – ha quindi concluso D’Aronco -, se non in minima parte, a incidere nei politici responsabili della realizzazione di una regione che avevamo sognato autonoma da San Marco e San Giusto ed è ora invece ridotta a mezzadria. Quando c’è stato qualche friulano al vertice regionale non poté contare su solidarietà del consiglio per far prevalere la volontà della maggioranza, è mancato un supporto adeguato della nostra gente che non fa sentire la propria voce. Dobbiamo riprendere a combattere, perché siamo nel giusto. Occorre rivedere lo Statuto regionale e riformare l’assetto istituzionale. Diamo a Trieste quello che è di Trieste e al Friuli ciò che è del Friuli».