Friuli: cordoglio per la scomparsa di Monsignor Alfredo Battisti, arcivescovo emerito Udine e Vescovo del terremoto

E’ morto all’ospedale di Udine, dove era ricoverato da ieri pomeriggio, monsignor Alfredo Battisti, 86 anni, arcivescovo emerito di Udine Lo ha reso noto l’arcivescovo della citta’ friulana, mons. Alfredo Battisti, arcivescovo emerito Udine.

Andrea Bruno Mazzocato, che ha invitato tutti i fedeli ad una preghiera di suffragio. Battisti era nato a Masi (Padova). Era stato ordinato sacerdote il 20 settembre 1956 e vescovo nel 1972; laureato in diritto canonico a Roma nel 1951, ha prestato servizio a Padova come vicario generale. Era stato alla guida dell’arcidiocesi di Udine dal 1973 al 2000 quando si dimise dall’incarico per raggiunti limiti d’eta’. Durante il periodo in cui e’ stato arcivescovo di Udine, si era adoperato affinche’ la lingua friulana diventasse lingua liturgica. E’ stato definito ”il vescovo del terremoto” e poi della ricostruzione e per questo era molto amato dai friulani.Dal 1979 al 1982 è stato presidente della commissione CEI per i problemi sociali e del mondo del lavoro. Ha scritto numerosi articoli, nonché tredici lettere pastorali rivolte al clero e al popolo del Friuli. Per Paoline Editoriale Libri ha pubblicato nella stessa collana Il paradosso delle beatitudini

 

3 Risposte a “Friuli: cordoglio per la scomparsa di Monsignor Alfredo Battisti, arcivescovo emerito Udine e Vescovo del terremoto”

  1. Aggiornamento del 02/01/2012

    di Maura Delle Case

    «Quando ero preso dallo sconforto andavo da lui e ne uscivo sempre rinfrancato grazie al suo dolce sorriso e a poche ma efficaci parole. Mi diceva: “Coraggio, si faccia forza, vedrà che ce la farà, ce la faremo”». Così l’onorevole Giuseppe Zamberletti, già commissario straordinario del Friuli terremotato, ha ricordato ieri monsignor Alfredo Battisti dopo aver appreso con stupore e sconforto la notizia della sua improvvisa scomparsa. «Era un uomo di grande sapienza e umanità – ha aggiunto -, che con le parole sapeva toccare il cuore delle persone e infondere il coraggio necessario. Oggi perdo un grande amico». Il medesimo cordoglio ha colpito ieri tutti coloro che con Battisti hanno diviso dolori, speranze e gioie nel periodo dell’emergenza e della ricostruzione post sisma. A partire dall’ex assessore regionale alla ricostruzione, Salvatore Varisco, che ricorda: «La mattina del 7 maggio era già a Gemona. Lo vedo ancora affannarsi davanti alle macerie fumanti del municipio e poi corrermi incontro per assicurarsi sulle condizioni dell’allora parroco che si era salvato ed anzi era già a soccorrere malati e feriti». Nel racconto di Varisco troviamo tutto lo spessore del “vescovo della ricostruzione”: «E’ grazie a lui e all’interlocuzione costante con la chiesa se il Friuli è rinato dov’era e com’era – afferma Varisco -. Da monsignor Battisti abbiamo infatti ricevuto un’iniezione costante dei valori della friulanità, che nel limite del possibile abbiamo cercato di tenere in considerazione per rimettere in piedi i Comuni disastrati. Era sempre presente ai problemi, pronto a darci suggerimenti concreti per il nostro lavoro. E’ stato una figura insostituibile». Quella di “vescovo della ricostruzione” non è dunque una semplice etichetta. Per la gente del Friuli, per i sindaci e gli amministratori che 35 anni fa dovettero misurarsi con la catastrofe è bensì il modo più calzante, forse l’unico, per definire il presule. «Figura indimenticabile, specie per noi “vecchi” sindaci che lo ricorderemo sempre così», dice d’impulso Franceschino Barazzutti, oggi anima dell’associazione dei Comuni e dei sindaci della ricostruzione, 35 anni fa vicesindaco di Cavazzo Carnico. «Prese per mano questa terra come fosse la sua natale e pensare che non era nemmeno friulano – continua -. Del suo ruolo nel post terremoto bisogna ricordare una cosa fondamentale: fin dall’inizio si schierò dalla parte della gente, anche contro il potere politico, pretendendo che le istituzioni servissero la popolazione, facendo il possibile e l’impossibile per restituirgli le case, i paesi, il senso di comunità, rimettendo in piedi il Friuli e con quello anche le chiese». Citate in ultima battuta, non a caso. Battisti, come ricorda ancora Barazzutti, aveva infatti abbracciato con convinzione e sostenuto, anche sul campo, il monito che scandiva, in successione, le necessità dei terremotati: prima le fabbriche, poi le case, infine le chiese. Per il suo ruolo insostituibile, nel 30esimo anniversario della tragedia la “capitale” del sisma friulano gli aveva conferito la cittadinanza onoraria. «Un gesto – dice oggi Ivano Benvenuti, giovanissimo sindaco della città all’epoca del sisma – che testimonia come Gemona l’abbia sempre considerato a tutti gli effetti un suo figlio, un grande personaggio, sia dal punto di vista della pastorale, che del sostegno morale dato ai friulani nei momenti più difficili».

  2. Aggiornamento del 03/01/2012

    Come vescovo e come leader del Friuli, monsignor Alfredo Battisti ha illuminato l’ultimo quarto del secolo scorso». Monsignor Duilio Corgnali ricorda così l’arcivescovo emerito scomparso, l’altro giorno, a 86 anni, a seguito delle complicanze sopraggiunte all’indomani dell’intervento chirurgico a cui era stato sottoposto. Queste sono ore di riflessione sull’operato dell’arcivescovo veneto che seppe leggere nei cuori della gente. Lo fece a tal punto da appropriarsi di una lingua e di una cultura che non era la sua, sfidando i poteri forti per difendere l’autonomonia del Friuli che portò anche all’istituzione dell’Università di Udine. «Era un pastore a tutto tondo, si interessava di tutto ciò che era problematica della vita, era un uomo molto colto e capiva che l’evangelizzazione doveva andare a braccetto con la promozione umana». Nel ripercorrere 25 anni di vita condotta gomito a gomito con Battisti, don Corgnali ricorda quando «l’arcivescovo rinunciò al confronto con Andreotti perché non gli fu concesso di incontrare l’allora presidente del Consiglio con i senzatetto di Gemona». Battisti era un uomo fedele, sono sempre le parole di Corgnali, «quando sentiva che il Vangelo lo spingeva verso la gente nessuno lo fermava». Con questo spirito il presule «vigilò sulle leggi della ricostruzione del Friuli terremotato e denunciò il rialzo dei prezzi dei mattoni». Detto tutto ciò, don Corgnali è certo che «il Friuli deve molto alla figura di monsignor Battisti che dopo aver assistito alla ricostruzione delle case e delle chiese si dedicò alla ricostruzione morale e spirituale del Friuli. «Con il sinodo udinese quinto invitò la gente a ritrovarsi» continua don Corgnali soffermandosi sull’ultimo atto d’amore del presule per il Friuli: «Quando, poco prima di lasciare, tornò dalla visita pastorale in Carnia – ricorda il monsignore – annunciò l’organizzazione di un convegno sulla montagna perché sentiva che quella zona stava soffrendo. “Non posso andarmene, disse, senza fare qualcosa per la montagna”». Non a caso ora che l’arcivescovo del terremoto se ne è andato per sempre i messaggi di cordoglio continuano ad arrivare numerosi da tutta la regione. «La figura dell’arcivescovo Battisti era e rimarrà cara a tutti i friulani. Sua la pronta determinazione con cui si è posto a favore della nostra gente nei giorni tristissimi seguiti al terremoto – sottolinea il decano degli autonomisti, Gianfranco D’Aronco – . E’ stato il suo un aiuto eccezionale, senza risparmio, a confronto di un popolo scosso dalla sciagura. Ha dato forza all’animo nostro, ha rinvigorito la volontà di ripresa, ha rivendicato i diritti dello spirito, ha richiamato i valori della cultura. L’università è stata anche la sua opera». A definirlo «un friulano vero e profondo, a prescindere dalle sue origini» è anche il presidente dell’Agjenzie regjonal pe lenghe furlane (Arlef), Lorenzo Zanon, secondo il quale «è impossibile dimenticare quanto Battisti ha fatto per la lingua friulana e per la sua tutela e salvaguardia». Non a caso Zanon cita la dedica che Pre Checo Placereani aveva fatto all’arcivescovo emerito in occasione della pubblicazione del Messale friulano: «Se nol fos stât par Lui, siôr Vescul, chest Messâl achì nol sarès vignût fûr».

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