Friuli: edilizia, in tre anni sparite 350 imprese a casa 2.600 operai

di Gino Grillo.

Il comparto edile in Fvg continua a boccheggiare. In meno di tre anni sono scomparse in regione quasi quattrocento aziende, con una contrazione occupazionale che sfiora il 30 per cento. A fare il punto della situazione nel settore delle costruzioni in Fvg è Francesco Gerin della Cgil, che ieri a Tolmezzo ha incontrato nella sede di Confartigianato Giampaolo Bidoli, impresario che nella sua azienda di Prato Carnico impiega 24 operai. In tre anni, secondo quanto illustrato ieri dal sindacalista, sono state chiuse 350 imprese (da 1350 a 1000), con 2mila 600 impiegati che hanno perso il posto di lavoro: nel 2009 erano 7mila 600 i dipendenti impiegati, mentre oggi sono poco più di 5 mila. «Numeri da brivido – sottolinea Gerin –, come chiudessero i battenti alcune tra le più grandi industrie friulane. Che ora devono confrontarsi con il sistema al massimo ribasso per l’aggiudicazione dei lavori». Un fenomeno che innesca tra le imprese comportamenti «alquanto strani, motivati da istinti di sopravvivenza», che non sono il ricorso alla cassa integrazione per mancanza di lavoro. I lavoratori hanno denunciato ai sindacati comportamenti scorretti da parte di alcune imprese, «come l’aumento dei ritmi di lavoro da 8 a 10 ore inclusi i sabati, con straordinario molte volte non retribuito». Gli operai devono fronteggiare anche l’eliminazione dei furgoni dell’impresa per il trasporto sui cantieri, con i dipendenti costretti all’uso di mezzi personali anche per lunghe tratte. «Ci sono aziende che licenziano lavoratori altamente specializzati, di 3° o 4° livello, capisquadra o capocantiere, per assumere altri lavoratori, meno professionali, che costano il 30 per cento in meno, facendo scomparire la professionalità e la sicurezza delle opere. Bidoli ha rilevato come la crisi abbia accentuato i problemi, «ma sin quando c’erano appalti e lavoro, i maggiori costi di personale non erano un problema: ora dobbiamo lottare per pochi appalti e i problemi sono di difficile risoluzione». L’impresario ha poi posto l’accento sul lavoro: «Per un’impresa la vera ricchezza è costituita dal lavoro e i lavoratori: possiamo avere quante infrastrutture vogliamo rileva –, ma se non abbiamo i professionisti che operano, mettendo un po’ della loro arte nel fare, l’azienda chiude». Eppure l’imprenditore non condanna la pratica del massimo ribasso: «E’ una conseguenza della carenza di lavoro», ammette. Bidoli si scaglia poi contro le “imprese-commercio”: «Un edile deve avere attrezzatura e manodopera: troppo facile partecipare agli appalti senza avere dipendenti e poi affidarsi ai subappalti. Prima di aggiudicare lavori per i quali si richiede una forte manodopera, bisognerebbe verificare se l’azienda ha avuto nell’ultimo anno lavoratori a sufficienza per eseguire il lavoro per il quale concorre».