Friuli: i ragazzi e l’italiano “Kapizzato”, ma vivo e vegeto

 

di PAOLO PATUI

Prima o poi ti capita. Sei intento a spiegare un concetto importante, un passaggio della tua programmazione che ritieni fondamentale perché di certo e di sicuro rappresenta o rappresenterà un solido mattone nella costruzione del mondo futuro o per lo meno del futuro della vita dei tuoi allievi, quando uno di loro – sì proprio uno degli allievi tuoi, mica uno di un’altra classe – alza la mano candido e innocente per porti una domanda che ti mozza il fiato, ti toglie la parola, ti fa sgranare gli occhi. In genere la domanda è secca, precisa e senza subordinate. A volte senza senso. “Scusi prof, ma che voce del verbo è fu?” oppure “Con quante kappa si scrive cucchiaio?”. Tu spiegavi con precisa minuzia le varie cause della crisi dell’impero romano, provando ad alludere con sottigliezza a come le crisi epocali siano un passaggio obbligato di varie, e quindi anche della nostra società; tu stavi esercitando le loro menti in una sottile distinzione fra un complemento di fine e uno di scopo, e uno di loro si infila tra le tue parole con una domanda come quelle di cui sopra! Non inventate, credetemi. Vere. Dinanzi a simili richieste un prof vacilla: anche il più paziente e comprensivo, anche il più tollerante e disponibile; il fiato non arriva, il cervello si obnubila, la carotide ti si strozza in gola mentre diventi paonazzo e stai per urlare terribili invettive che (forse, ma forse anche no) trattieni a stento. E’ il momento in cui tutti i luoghi comuni ti si raggrumano nella testa e tutti i distinguo di questo mondo volano via come tanti pollini di primavera. E ti resta in testa solo una serie di frasi ovvie e banali, che hai sempre cercato di negare, ma che ora ti paiono sacrosante verità: gli studenti di oggi sono tutti ignoranti, non leggono e non scrivono, passano il tempo a giocare con i telefonini e a mandarsi messaggini idioti e per questo sono un’orda di barbarica inciviltà. Confesso che le avevo lì sulla punta della lingua, non ci fosse stato Stefano Bartezzaghi, giocoliere della parole, esperto di semiotica dell’enigma, ultimo ospite della stagione di LeggerMente. Incantato dalla levità con cui smonta e rimonte parole e significati, frasi e modi di dire, mi sono ricordato di una piccola cosa detta al pubblico pochi giorni fa. Che smontava appunto un luogo comune che vuole i nostri figli o nipoti alle prese con un italiano approssimativo e deturpato dal loro messaggiarsi frenetico attraverso Sms, Social Network e chi più ne ha più la smetta. Dinanzi al tentativo di demonizzare tali ordigni tecnologici e di renderli colpevoli dell’ignoranza dei nostri figli (con i quali poco parliamo e quindi poco usiamo la lingua), Bartezzaghi dal sorriso sottile ha ribaltato l’ovvietà, affermando che “così almeno i nostri figli scrivono”. E in effetti, solo qualche anno fa, terminato l’esame di maturità o ultimata la tesi di laurea un ragazzo non scriveva più scritti di nessun tipo (nemmeno amorosi, poiché démodé) per anni e anni. Adesso invece l’attività dello scrivere è tornata una pratica comune: telegrafica se vogliamo (per ciò che concerne gli Sms), spontaneistica e fragile per ciò che concerne FB, ma comunque si scrive e quindi si legge. Certo si scrive e si legge un italiano “Kappizzato”, abbreviato, in cui i suffissi strarigurgitano. Però se questo scrivere non rispetta sintassi od ortografia appare contrassegnato da una valenza espressiva primaria. Centuplicare le vocali in una lettera, eccedere in punti esclamativi, triplicare le z o le f, le k o le s, altro non è che il segno grafico di una volontà fortissima di far percepire al lettore la rabbia o la gioia, lo sconforto o l’emozione. Che poi è il senso primario della comunicazione orale e scritta. Stanno imbarbarendo la lingua? E’ probabile, ma almeno la mantengono viva. Così, sebbene sia un maniaco della correttezza linguistica, quando Gerry mi chiede in classe come mai “l’Estonia si scrive con apostrofo e la Lettonia no?”, faccio solo finta di scandalizzarmi e gli rispondo che con i tempi che corrono bisogna risparmiare anche sugli apostrofi!