Friuli: il racconto di Giovanni e Matteo Villani del terremoto del 1347

(inviato da Ermes Dorigo)

Di grandi tremuoti che furono in Frioli e in Baviera di Giovanni e Matteo Villani (dalla Nuova cronica Giovanni Villani capitolo CXXIII del libro XI)

 «Avrete udito di diversi e pericolosi tremuoti che sono stati in questi paesi, i quali hanno fatto grandissimo danno. Correndo gli anni del nostro Signore, secondo il corso della chiesa MCCCXLVIII, indizione prima, ma secondo il nostro corso della Anuziazione, ancora nel MCCCXLVII, a dì XXV di gennaio, il dì di venerdì, il dì della conversazione di san Paolo, ad ore VIII e quarta appresso vespro, che viene ore V infra la notte, fu grandissimo tremuoto, e durò per più ore, il quale non si ricorda per niuno vivente il simile.

 

In prima in Sancille la porta di verso Frioli tutta cadde. Inn-Udine cadde parte del palazzo di meser lo patriarca, e più altre case; cadde il castello di Santo Daniello in Frioli, e morìvi più uomini e femmine; caddono due torri del castello di Ragogna, ed iscorsono infino al Tagliamento, cioè uno fiume così nomato, e morìvi più genti. In Gelmona la metà e più delle case sono rovinate e cadute, e ‘l campanile della maggiore chiesa è tutto fesso e aperto, e·lla figura di san Cristofano intagliato in pietra viva si fesse tutta per lungo. Per li quali miracoli e paura i prestatori a usura della detta terra, convertiti a penitenzia, feciono bandire che ogni persona ch’avessono loro dato merito e usura andasse a·lloro per essa; e più d’otto dì continuarono di renderla. A Vencione il campanile della terra si fesse per mezzo, e più case rovinarono. Il castello di Tolmezzo e quello di Dorestagno e quello di Destrafitto caddono e rovinarono quasi tutti, ove morirono molte genti. Il castello di Lemborgo, ch’era in montagna, si scommosse; rovinando fu trasportato per lo tremuoto da X miglia del luogo dov’era in prima, tutto disfatto. Uno monte grandissimo, ov’era la via ch’andava al lago Dorestagno, si fesse e partissi per mezzo con grande rovina, rompendo il detto cammino. E Ragni e Vedrone, due castella, con più di L ville, che sono sotto il contado da Gurizia, intorno al fiume di Gieglia, sono rovinate e coperte da due monti, e quasi tutte le genti di quelle perite.

 

La città di Villaco in Frioli vi rovinarono tutte le case, se non fu una d’un buono uomo, e giusto, e caritevole per Dio. E poi del suo contado più di LX sue tra castella e ville sopra il fiume d’Atri per simile modo detto di sopra sono tutte rovinate e somerse da due montagne, e ripiena la valle onde correa il detto fiume per più di X miglia; e ‘l monistero d’Orestano rovinato e somerso, e mortavi molta gente. E ‘l detto fiume non avendo sua uscita e corso usato, al di sopra ha fatto uno nuovo e grande lago. Nella detta città di Villaco molte maraviglie v’apariro, che·lla grande piazza di quella si fesse a modo di croce, della quale fessura prima uscì sangue e poi acqua in grande quantità. E nella chiesa di Santo Iacopo di quella città vi si trovarono morti uomini che v’erano fuggiti, sanza gli altri morti per la terra, più delle tre parti degli abitanti; iscamparono per divino miracolo i Latini e’ forestieri e’ poveri. Per Carnia più di XVm uomini sono trovati morti per lo tremuoto; e tutte le chiese di Carnia sono cadute, e·lle case e ‘l monistero d’Osgalche e quello di Verchir tutti sobbissati. In Baviera la città di Trasborgo, e Paluzia, e·lla Muda, e·lla Croce oltramonti, la maggiore parte delle case cadute, e morta molta gente. E nota, lettore, che·lle sopradette rovine e pericoli di tremuoti sono grandi segni e giudici di Dio, e non sanza gran cagione e premessione divina, e di quelli miracoli e segni che Gesù Cristo vangelizzando predisse a’ suoi discepoli che dovieno apparire alla fine del secolo».

 

Nel capitolo CXXXV del libro X si legge di Come i Fiorentini mandarono in Frioli per cavalieri: «Nel detto anno MCCCXI i Fiorentini mandarono in Frioli per cavalieri a soldo, e vennono in Firenze del mese d’agosto CLX cavalieri a elmo, con altrettanti balestrieri a cavallo tra Friulani e Tedeschi, molto buona gente d’arme, ond’era capitano Iacopo di Fontanabuona grande castellano di Frioli, e feciono guerra assai a Castruccio; almeno dapoi gli sentì in Firenze non s’ardì a passare la Guisciana, come in prima era usato di fare». Di questo narra anche Antonio Pucci nel Centiloquio (canti 56 e 58), una sorta di traduzione in ottave della Cronica.

 

(Nel Sacchetti troviamo la testimonianza del grande successo in tutti gli strati sociali della Commedia (novelle CXIV (Dante Allighieri fa conoscente uno fabbro e uno asinaio del loro errore, perché con nuovi volgari cantavano il libro suo) e CXV (Dante Allighieri, sentendo un asinaio cantare il libro suo, e dire: arri; il percosse dicendo: cotesto non vi miss’io, in Giovanni Villani leggiamo un ‘asciutto’ ritratto del Poeta: «Questi fue grande letterato quasi in ogni scienza, tutto fosse laico; fue sommo poeta e filosofo, e rettorico perfetto tanto in dittare, versificare, come in aringa parlare, nobilissimo dicitore, in rima sommo, col più pulito e bello stile che mai fosse in nostra lingua infino al suo tempo e più innanzi»; e quanto al suo carattere annota: «Questo Dante fue alquanto presuntuoso e schifo e isdegnoso, e quasi a guisa di filosofo mal grazioso non bene sapea conversar co’ laici».)

 

Mentre in Filippo, il nipote di Giovanni, troviamo solo dei generici cenni geografici al Friuli, il fratello Matteo, che continua la sua opera, nel capitolo LXXXIV del libro I racconta di Come fu morto il patriarca d’Aquileia, e fattane vendetta:

 

«In questo anno, del mese di giugno, messer Beltrame di San Guinigi, patriarca d’Aquileia, cavalcando per lo patriarcato, da certi terrieri suoi sudditi, con aiuto de’ cavalieri del conte d’Aquilizia, ch’era male di lui, fu nel camino assalito e morto con tutta sua compagnia, e sanza essere conosciuti allora, coloro che feciono il malificio si ricolgono i·lloro paese. Per la qual cosa rimase il patriarcato sanza capo. I Comuni smossono il duca d’Ostericchi, il quale con dumilia barbute venne, e fu ricevuto da tutti i paesani sanza contrasto, e onorato da·lloro. E vicitato il paese infino nel Frioli, sentendo ch‘l papa aveva fatto patriarca le figliolo de·rre Giovanni di Boemia, no illegittimo ma legittimo, si tornò in suo paese. E poco apresso il detto patriarca venne nel paese, e fu con pace ricevuto e ubbidito da tutti i Comuni e terrieri del patriarcato. E statovi poco tempo, certi castellani il vollono fare avvelenare, e furono coloro ch’avieno morto l’altro patriarca, avendo a·cciò corrotto due confidenti famigliari. Ond’elli scoperto il tradimento, messer Francesco Giovanni gran terriere, capo di questi malfattori, con certi altri castellani che ‘l seguitavano, furono da·lui perseguitati sanza aresto, tanto che·ssi ridussono a guardia nelle loro fortezze, e ivi furono assediati per modo che s’arenderono al patriarca. Il quale prima abattè tutte loro castella, le quali erano cagione della loro sfrenata superbia, e al detto messer Francesco con otto de’ maggiori castellani fece tagliare le teste, e un altra parte ne fece impendere per la gola. Per la quale cosa tutto il paese rimase cheto e sicuro, e il patriarca temuto e ubidito da tutti sanza sospetto o·ccontrasto».

 

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