Friuli: illegittima la tassa rifiuti calcolata sui metri quadrati?

di DELIO STRAZZABOSCHI consigliere comunale, Prato Carnico

Oltre a quelle dell’Ici, sono arrivate le cartelle per la tassa rifiuti solidi urbani: grazie all’ampliamento d’ufficio delle superfici di riferimento gli importi sono aumentati anche del 50%. Invece d’essere rapportati ai rifiuti effettivamente smaltiti, sono comodamente calcolati sui metri quadri delle case, magari grandi e vecchie e abitate da una persona sola. Ma l’imposta è un prelievo di ricchezza indipendente da qualsiasi specifica prestazione da parte dello Stato o di altri enti pubblici, mentre la tassa è il corrispettivo dell’erogazione di un servizio ai cittadini. Quindi, in generale, la tassa rifiuti calcolata sui metri quadri delle abitazioni è illegittima. In caso di mancato pagamento delle cartelle, poi, la tassa più cara e detestata d’Europa espone i cittadini ad azioni esecutive, col rischio di vedersi pignorati lo stipendio, l’auto o la casa. Equitalia spa, insensato nome nostrano dello sceriffo di Nottingham, mena vanto di riscuotere ciò che i Comuni stabiliscono e ignorare volutamente qualsiasi comunicazione-contestazione dei cittadini. L’eroico servizio fiscale della Comunità montana, bicipite operativo delle amministrazioni comunali, si gloria di applicare le norme. I Comuni infine fingono di non decidere nulla e, come nel gioco delle tre carte, si nascondono politicamente dietro i soggetti che loro stessi hanno delegato. Il risultato finale di questa farsa è che il cittadino paga sempre di più ed è costretto a lavorare per i propri fornitori in cambio di un servizio residuale e scadente (non si è saputo neppure prevedere, per l’organico, un sacchetto normalizzato per i contenitori della porta del lavello delle cucine). Bisogna perciò che le comunità, attraverso l’unione dei Comuni o il Comune di vallata, si riprendano subito e direttamente il servizio di raccolta differenziata e smaltimento dei rifiuti, ma anche quello di riscossione dei tributi e delle entrate patrimoniali mediante l’Esattoria associata. Nel primo caso, una gestione di prossimità potrebbe ridurre la tassa che il cittadino deve pagare per l’indispensabile servizio, ma anche organizzarlo diversamente e meglio. Nella seconda ipotesi, gli attuali margini del 9 per cento sul riscosso e gli elevatissimi interessi per mora potranno essere ridotti a favore di cittadini e imprese, che percepiscono ormai il Comune solo come fonte di gabelle mangiasoldi che mettono in ginocchio una economia già esausta e un vita già difficile. I Comuni non meritano di sopravvivere sui cadaveri delle famiglie, soltanto per salvarsi bilanci e politiche di consenso, in cambio del nulla se non del proprio autoreferenziale mantenimento. Strappare le convenzioni. Perchè la priorità a iniziative che nascono dal basso per il conseguimento del bene comune (sussidiarietà) trova nel territorio la dimensione ideale, rispetto sia alle inadeguatezze del mercato sia all’inefficienza dell’intervento pubblico. Perché la vicinanza permette di conoscere le risorse materiali locali e di integrare competenze e responsabilità delle persone. Perché attraverso un servizio non ancora disponibile o migliorandone uno esistente, l’autonomia delle comunità assume rilevante portata economica, ma anche senso logico. E soprattutto perché i servizi pubblici locali, anche di rilevanza economica, possono essere ancora legittimamente gestiti in forma diretta in tutti i casi nei quali, se affidati al mercato, impedirebbero di perseguire i valori comuni dell’Unione Europea e di promuovere la coesione economico-sociale e territoriale. È la libertà di comunità, il tenace desiderio di autogoverno locale di cittadini rispettosi della legge ma decisi a non accettare, né personalmente né collettivamente, imposizioni dall’alto.