Friuli: la crisi delle piccole e medie imprese del Nordest vista da Buzzatti


di Mario Buzzatti

La mappa della crisi dell’impresa del Nordest parla chiaro: al 30 di aprile 2011 i casi di crisi aziendale aperti in Regione Veneto sono stati 415 con il coinvolgimento di oltre 7.700 lavoratori. Non va meglio in Friuli Venezia Giulia dove a fine gennaio 2011 i casi di crisi aperta ammontano a 255 con il coinvolgimento di 416 unità aziendali. Il numero è rilevante, oltre che preoccupante, soprattutto se messo in relazione alle aspettative sul futuro per nulla confortate da segnali incoraggianti. Va, inoltre, fatto osservare che le statistiche considerano soltanto i casi che sono transitati per una delle procedure concorsuali, ovvero quelli per i quali è stata dichiarata la crisi aziendale attraverso la domanda di cassa integrazione. In realtà dunque i punti di crisi sono molti di più e riguardano tutte quelle realtà aziendali, per lo più piccole imprese, non ancora inserite nella statistica, ma che arrancano in una situazione di crisi latente, con l’imprenditore che lotta accanitamente contro l’emarginazione della sua impresa. Questa lenta agonia può durare parecchi mesi, nel corso dei quali gli sforzi della gestione sono tutti profusi a tamponare i fabbisogni finanziari e poco tempo e serenità residuano all’imprenditore per dedicarsi al suo core business. La piccola impresa non dispone di strutture operative che le consentano di far fronte alle diverse esigenze gestionali, molto spesso tutte le funzioni aziendali sono concentrate in un’unica figura e anche il ricorso al credito diventa assai problematico a causa della cronica sottocapitalizzazione di cui soffre da sempre il comparto, senza sottacere le esigenze sempre più marcate del sistema bancario in termini di informazioni e garanzie. Le crisi accertate, anche di grosse imprese, inevitabilmente coinvolge, prima o poi, anche i piccoli, che se da un lato hanno dalla loro la flessibilità, dall’altro non la possono sfruttare, come poteva avvenire in tempi di vacche grasse. Cosa fare allora per evitare che i prossimi mesi registrino incrementi di crisi preoccupanti? Al di là delle improcrastinabili scelte strategiche e riformiste sul modello industriale, sulla fiscalità ed altro, che certamente non competono al singolo imprenditore, è necessario tentare, perlomeno, di porre un rimedio immediato laddove è possibile intervenire. Intorno agli anni Ottanta, ricordo che l’allora Presidente del Gruppo Zanussi, consapevole delle profonda crisi che attanagliava il comparto delle piccole e medie imprese locali, si fece portatore di una proposta innovativa, in quanto formulata da un privato, e, forte del potere contrattuale che il suo Gruppo aveva con il sistema bancario, convinse le banche locali a costituire una società finanziaria, con la partecipazione maggioritaria delle Industrie Zanussi, per intervenire a sostegno di quei punti di crisi che, previa verifica tecnica, facessero intravvedere concrete possibilità di ripresa. Il credito veniva erogato soltanto se vi era un progetto credibile ed un imprenditore disponibile a sostenerlo ed attuarlo. Decine furono gli interventi perfezionati e tanti i punti di crisi risolti grazie anche ad accordi sindacali formulati ad hoc, a imprenditori sostitutivi e a progetti sostenuti dalla ben più corposa dotazione finanziaria della Finanziaria Regionale, che già da tempo operava con criteri similari. Non aiuti a fondo perduto quindi, ma su progetti condivisi, con ricerca di manager (spesso “prestati” dalla stessa Zanussi) per l’attuazione del piano di risanamento. Un esempio, insomma, di coordinamento tra i diversi interlocutori: l’imprenditore, il mercato, le banche, le OOSS e di categoria, nel momento di massimo bisogno e non come mero sostegno finanziario fine a se stesso, ma con utilizzo intelligente di quelle risorse che altrimenti distribuite non avrebbero fatto altro che ritardare ed aggravare la fine dell’impresa. Oggi, più di ieri, ritengo si possano rintracciare soggetti adeguati per riproporre questo modello, utilizzando strumenti che già esistono in un’ottica di prevenzione, piuttosto che di cura improbabile del malato termina Pordenone