Friuli: le tradizioni del Carnevale nella montagna Friulana


di CRISTINA BURCHERI
Anche nella montagna friulana il carnevale assumeva grande importanza. A Timau, frazione di Paluzza, il carnevale vanta una storia antica. Fatto con poco, ma ricco di fascino, è un carnevale che si racconta attraverso gesti, suggestivi versi e idiomi tedeschi, in una lingua mantenutasi viva nei secoli. Fulcro della manifestazione (che quest’anno cade il 7 febbraio) è la sfilata delle originali maschere “belle e brutte”. Gli “jutalan” sono leggiadre maschere esclusive di Timau. Il loro abbigliamento comprende un cappello con velo che cela completamente il volto, una camicia e una gonna entrambe bianche, calze bianche e ai piedi queste figure calzano i tipici “scarpets”. Esse, inoltre, si avvolgono intorno alla vita una fascia dalla quale pendono molti nastri colorati. Gli “jutalan” non parlano durante la sfilata, piroettano con grazia e leggerezza al suono ininterrotto delle fisarmonica che le accompagna e coinvolgono nei loro balli le persone che assistono alla parata dai lati della via. “Dar maschkar” (i campanacci) sono invece figure paurose e selvagge. Si tingono di nero con la fuliggine il viso e le mani, tentando di sporcare a tradimento i volti di chi capita loro a tiro. Indossano una camicia di lavoro generalmente a quadri, ruvidi pantaloni di velluto al ginocchio, grossi calzettoni di lana e calzano pesanti zoccoli oppure grezzi scarponi completi di ramponi per la neve. Sulla schiena recano uno o più campanacci da mucca che rintoccano sordamente sbattendo, per effetto dell’andatura a “strappi”, contro le gobbe finte alle quali sono legati con funi da fieno. Appesi alla cintura o alla camicia hanno salsicce, pezzi di pancetta o di altri salumi che di tanto in tanto mordicchiano durante il cammino. La penultima domenica del carnevale in Valcanale, a Pontebba/Pontafel (sempre il 7 febbraio così come nella borgata di San Leopoldo), rivive la festa della “tae”, chiamata anche festa del “cioch”, del “puch”. La “tae”, ovvero un tronco d’albero normalmente di abete, viene concesso gratuitamente dal Nachbarschaft (Consorzio Vicinale) ai giovani del paese, ma ciò solamente negli anni in cui durante il periodo del carnevale non si sono stati matrimoni. I giovanotti, che provvedono da soli al taglio della pianta, sono poi aiutati dalle ragazze a guarnire il tronco con rami di pino abbelliti da fiocchi di carta e stoffa colorati. Da una corona di sempreverde scendono due nastri di seta, uno bianco e uno nero; nel centro della corona viene posto un cartello su cui vi è scritto in gotico: «Trauer der Jungfrauen, Freude der Burschen» (Tristezza delle ragazze, gioia dei giovanotti). Quando invece il detto recitava «Freude der Maedchen, Trauer der Burschen» (Gioia delle ragazze, tristezza dei giovanotti), il rito del ciocco non aveva luogo perché c’è stato un matrimonio nel periodo carnevalesco, infatti i nastri bianco e nero rappresentano i due opposti sentimenti. In passato, alla fine della giornata, la “tae” era esposta nella vecchia Hauptplatz – piazza principale –, davanti alla vecchia sede del Bar Impero, dove era simbolicamente venduta all’asta per finanziare il carnevale. <br />