Friuli: niente indennità di disoccupazione con le dimissioni

di MICHELE DE CARLO

Con la cessazione di un rapporto di lavoro, pur in presenza degli altri requisiti di legge previsti, non sempre si matura il diritto all’indennità di disoccupazione. Va, infatti, anche accertata la natura della rescissione del contratto. Le situazioni che si possono verificare sono di tre tipi: la risoluzione per scelta del dipendente, quella per scelta aziendale e la risoluzione contrattuale consensuale. La prima, che si identifica nelle dimissioni volontarie del lavoratore, esclude il diritto alla prestazione a eccezione delle lavoratrici madri che si dimettono durante il periodo in cui esiste il divieto di licenziamento (dalla data di gestazione – 300 giorni prima della data presunta del parto – fino al compimento del 1º anno di età del bambino) e dei padri lavoratori per la durata del congedo di paternità e fino al compimento del 1º anno di età del bambino. <br />
Fanno eccezione anche coloro che si dimettono per giusta causa intendendosi per tali quelle determinate dal mancato pagamento della retribuzione, dall’aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro, dalle modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative, dal cosiddetto mobbing (crollo dell’equilibrio psico-fisico del lavoratore a causa di comportamenti vessatori da parte dei superiori gerarchici o dei colleghi), dallo spostamento del lavoratore da una sede a un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”, dal comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente. Sulla seconda, quella per scelta aziendale, non vi sono dubbi sulla possibilità di ottenere o meno la prestazione di disoccupazione; l’unica eccezione riguarda il caso del licenziamento oggettivo o cosiddetto in tronco, per colpa del dipendente, che dà sì diritto alla prestazione, ma comporta lo slittamento della decorrenza di 30 giorni oltre il primo giorno indennizzabile (8º successivo alla data di licenziamento).
Relativamente alle dimissioni per risoluzione consensuale, è necessario precisare che sono da considerarsi tali e quindi utili per il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione solamente quelle conseguenti a “notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda”. Il caso specifico riguarda il lavoratore che venga trasferito a una diversa sede dell’azienda, quando quest’ultima si trovi a una notevole distanza dalla residenza e/o dall’ultima sede presso la quale il dipendente prestava la propria attività. Si tratta, in particolare, di quelle situazioni nelle quali la sede di destinazione dista più di 50 km dalla residenza del lavoratore eo si trova in un luogo mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi pubblici.
Diversa è l’interpretazione da dare alla cessazione del rapporto di lavoro per “risoluzione del contratto di comune accordo”. In questi casi la “risoluzione consensuale” deve essere assimilata alle dimissioni, in quanto detta motivazione sottintende, generalmente, la volontà di recedere dal rapporto, oltre che da parte dell’azienda, anche da parte del lavoratore interessato.