Friuli: per Monai grave aver privatizzato l’acqua,

Dal MV di oggi

«L’attuale scelta impostaci dal Governo italiano ha uno storico precedente: uno dei primi atti dopo il golpe del generale cileno Pinochet – absit iniuria verbis – è stata proprio la privatizzazione dell’acqua…». Cominmcia così la replica del parlamentare dell’Idv, Carlo Monai, all’intervento dell’europarlamentare, Giovanni Collino, che difendeva la liberalizzione dell’acqua con l’approvazione del decreto Ronchi.
Sul bene acqua, sulla sua disponibilità, sull’accesso universale, discute e si interroga il mondo da anni. Per l’acqua – argomenta Monai – si fanno le guerre. «Archiviarne rapidamente la sua privatizzazione, come ha fatto il Governo blindando il decreto Ronchi con il voto di fiducia che ha zittito il dibattito alla Camera, non è accettabile. In linea di massima – insiste – è auspicabile una maggiore concorrenza nei servizi pubblici locali, e non tanto per adempiere ad un “obbligo comunitario”, come argomentato dal Governo, posto che è proprio l’Ue a prevedere la liceità degli affidamenti diretti».<br />
Per Monai, il problema dell’acqua privatizzata, semmai, è quello di averla equiparata ad altri beni di consumo, «con una disciplina univoca dei servizi pubblici locali che hanno, in realtà, notevoli specificità di settore, e in cui l’introduzione di spinte concorrenziali in una logica di mercato non si traduce sempre in un vantaggio per il cittadino. Questa eccezione è proprio rinvenibile nell’acqua: non è una questione ideologica, ma se qualcuno mette sul tavolo la concorrenza, cioè la dinamica fra una pluralità di operatori, e il mercato, non si può tacere sul fatto che le spinte liberalizzatrici disegnate da questo Governo nei servizi pubblici locali attuano delle vere e proprie privatizzazioni tout court, che prevedono solo onori, e non oneri, per le imprese private».
Per Monai, la riforma sarebbe stata più credibile se fosse stata affiancata da una disciplina sulla regolazione economica. «Questa riforma – insiste – non risolve i problemi dell’acqua: gli acquedotti sono monopoli naturali, parlare di liberalizzazione, imporre persino la privatizzazione del servizio, non garantisce affatto miglioramenti per l’utenza. Oltretutto, privatizzare una risorsa essenziale per la vita umana, quindi coessenziale ad un diritto fondamentale dell’uomo, e quindi così strategica, può essere rischioso. Quello dell’acqua, delle risorse idriche, è un settore vulnerabile: anche quando ci sono regole – ma la riforma del Governo ancora non le prevede – e non sono i privati a stabilire le tariffe, il loro lucro può conseguire dall’abbattimento dei costi del servizio o dalla selezione degli interventi più remunerativi, cui spesso si associa lo scadimento della qualità del sistema e la marginalizzazione delle potenziali utenze meno fruttuose. Senza contare i fortissimi interessi delle lobby delle multinazionali».