Friuli: pillola del giorno dopo nel fine settimana è boom di richieste

di Alessandra Ceschia

Si presentano la domenica mattina al pronto soccorso ginecologico dopo una serata trascorsa in discoteca o con il fidanzato, atterrite all’idea di una gravidanza non voluta, non prevista. Giovani. Giovanissime. Hanno dai 16 ai 20 anni, qualche volta di meno. Papà e mamma non sanno, e non devono nemmeno sapere. Vogliono la pillola del giorno dopo, da molti ribattezzata “pillola della domenica” proprio per la vistosa concentrazione del fenomeno nel week end. A parte le facili ironie e i duri giudizi che potrebbero venire dai fustigatori dei costumi, il fenomeno va gestito con capacità professionali e dialettiche che il personale della Clinica ostetrica e ginecologica dell’Azienda ospedaliera Santa Maria della Misericordia diretta dal professor Diego Marchesoni, composto da medico di turno e personale infermieristico, è chiamato ad applicare costantemente. «A volte le richieste giungono anche durante la settimana – osserva il professor Marchesoni – ma al week end aumentano: da due a cinque in una giornata. Vengono sottoposte a una visita e a un’ecografia per escludere la possibilità che ci sia già una gravidanza in corso». Quindi viene prescritto un farmaco utilizzato come metodo di contraccezione post-coitale (ossia per la contraccezione di emergenza) entro le 72 ore successive al rapporto sessuale. Si tratta di un progestinico, una sostanza presente anche in molte pillole contraccettive, impiegata però in un dosaggio 10-15 volte maggiore rispetto al dosaggio giornaliero. «Il numero degli accessi – spiega il professor Marchesoni – potrebbe anche aumentare con l’arrivo della pillola dei cinque giorni dopo». Tecnicamente si chiama ulipristal acetato ed è venduto con il nome di “Elleone” dall’azienda HraPharma. È stato approvato dall’Agenzia europea per il farmaco nel maggio del 2009, un anno prima rispetto all’agenzia per il farmaco statunitense (Fda) che ha dato il suo ok nell’agosto del 2010, ma nel nostro paese ha incontrato diverse resistenze, fra 4 o 5 mesi potrebbe essere nelle farmacie aggravando il carico del pronto socorso ginecologico. «Ogni anno eroghiamo circa 30 mila prestazioni a livello ambulatoriale» conferma il professor Marchesoni dando l’idea della mole di lavoro che afferisce alla clinica, con un unico filtro, quello del consultorio di via San Valentino. «Nell’anno appena trascorso le interruzioni di gravidanza effettuate in regime di day surgery a Cividale sono state 141 – ragguaglia il primario – un dato che rispecchia sostanzialmente quello dell’anno precedente. Si tratta in molti casi di donne straniere, provenienti dall’Est europeo, Polonia e Ucraina soprattutto, dove l’interruzione di gravidanza viene utilizzata quasi come metodo di contraccezione e una donna può arrivare a 8-9 aborti». A questi vanno aggiunte le interruzioni determinate da problematiche gravi dovute a patologie polmonari o di coagulazione, una decina i casi in un anno, mentre la tanto discussa RU486 non pare trovare largo seguito fra le friulane. «Abbiamo avuto un paio richieste – conferma il professor Marchesoni – ma quando abbiamo illustrato i rischi e la procedura che questa comporta comparandola con quella di una normale interruzione di gravidanza, le richiedenti hanno preferito ricorrere a quest’ultima». Un altro fenomeno, però, sfugge all’ufficialità e si diffonde nel sommerso, fa notare il primario, ed è quello delle donne gravide che si fanno prescrivere le prostaglandine chiedendo al proprio medico di base il farmaco per curare presunte gastropatie o, peggio, ricorrendo a medici compiacenti pur di procurarselo, ben sapendo che si tratta di un prodotto che può provocare contrazioni e, quindi un aborto spontaneo.