Friuli: Province e “corpi intermedi” sono insostituibili

 
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di Pasquale Davolio *membro direzione provinciale Pd- Udine

Eliminare le Province, eliminare i piccoli Comuni, ridurre il numero dei parlamentari e dei Consiglieri regionali, sopprimere tutti gli enti intermedi o ridurli ai minimi termini (aziende per i servizi sanitari, aziende territoriali per l’edilizia residenziale e via dicendo): siamo sicuri che sia la strada giusta per rendere più efficiente lo Stato e la nostra democrazia? Indubbiamente diminuirebbero i costi della politica, ma se ne gioverebbero i cittadini? A questa domanda mesi fa ha risposto negativamente il direttore del Censis De Rita all’Assemblea pastorale tenutasi a Udine e non starò qui a ripetere le dotte e stringenti argomentazioni dell’illustre sociologo. Di fronte alla richiesta di sopprimere i cosiddetti “corpi intermedi” De Rita propone il rafforzamento delle “relazioni coagulanti”, schiacciate o meglio stravolte dalla “verticalizzazione” delle istituzioni da una parte e dalla dispersione della moltitudine dall’altra. La “verticalizzazione” è quella che vede nella soppressione dei cosiddetti ”corpi intermedi” la soluzione delle inefficienze e quindi e degli sprechi, dovuti al moltiplicarsi di enti e istituzioni di base. Aboliamo le istanze intermedie, si dice, dalle Province ai piccoli Comuni, e avremo una società meglio regolata dall’alto. I corpi intermedi in sostanza rappresenterebbero un ostacolo all’efficienza e alla buona politica, e quando parliamo di corpi intermedi ci riferiamo non soltanto agli enti locali, ma anche alle aggregazioni di interessi, siano essi quelli sindacali oppure confindustriali. Non si può non convenire che questi corpi intermedi siano diventati più che delle lobby, delle vere corporazioni, tutte intente a difendere interessi particolari, grandi e piccoli privilegi. E questo vale anche per le istituzioni locali, a volte schierate a difendere l’esistente anche quando è manifesto e chiaro che certe aggregazioni vanno riviste. E allora anche la difesa delle Province o dei piccoli Comuni può avere un senso a patto che si chiarisca quali nuove aggregazioni devono sostituirsi alle piccole realtà. Attualmente in provincia di Udine abbiamo le seguenti suddivisioni: 1 Ato, 2 Ater, 2 Circoscrizioni giudiziarie, 2 Collegi Regionali, 3 zone altimetriche, 10 Collegi provinciali, 3 Ass e 9 Distretti socio-sanitari con gli ambiti socio-assistenziali, 3 Comunità montane (adesso 5), 3 Distretti industriali, 4 Consorzi industriali, 6 sedi dell’Inps, 9 Distretti scolastici, 10 Centri per l’impiego, 11 Regioni agrarie, 13 Ambiti territoriali ottimali e, fatto non trascurabile dal punto di vista storico, 25 Foranie ecclesiastiche. Se dovessimo cerchiare su una carta con colori diversi i diversi ambiti ne verrebbe un mosaico illeggibile. Nelle scorse settimane il presidente regionale dell’Anci (associazione nazionale dei comuni italiani), Mario Pezzetta, ha lanciato l’idea di costituire “ambiti amministrativi” sub-provinciali, senza specificare quanti e quali. Ci si potrebbe rifare, a mio modesto parere, a quella degli “ambiti socio-assistenziali” (9), lasciando alla Provincia, ineliminabile senza una legge costituzionale, eventualmente il compito di coordinamento degli “ambiti”. In sostanza occorre mettersi al lavoro subito se non si vuol rimandare alle calende greche un nuovo assetto ordinamentale degli enti locali, mantenendo fermo quello che si diceva all’inizio, vale a dire che i “corpi intermedi” sono essenziali per una democrazia efficiente e partecipata.