Friuli: strutture dei rifugi troppo vecchie? «Mancano soldi per rifarle»

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di Melania Lunazzi.
C’era una volta il rifugio alpino spartano, silenzioso, raccolto, raggiungibile a fatica. In centocinquant’anni di storia dell’alpinismo molto è cambiato e il grande aumento di frequentazione della montagna di questo millennio fa nascere a volte discrepanze tra domanda e disponibilità dell’offerta. Una questione di mentalità cittadina poco adattabile alle scomodità alpine o una incapacità da parte delle strutture alpine di adeguarsi alla maggiore domanda di comodità? In che termini va posta la questione sollevata dalle recenti lettere e dagli interventi pubblicati dal Messaggero Veneto? Da una parte c’è chi chiede più cura nella gestione delle strutture, dall’altra chi ricorda come la montagna abbia il suo ritmo e le sue leggi.«Sposo quanto detto dal sindaco Brollo anche se il signore della lettera di protesta qualche ragione ce l’ha» dice Stefano Sinuello, presidente di Assorifugi Fvg e gestore da più di trent’anni del rifugio Pelizzo sul Matajur. «È vero, periodicamente ci sarebbe bisogno di cambiare gli arredi, la perlina va marcia, i tavoli hanno cinquant’anni e le terrazze esterne avrebbero bisogno di abbellimenti, ma questi lavori non possono essere imputati ai gestori, che a ogni stagione pagano un affitto e devono vivere dell’attività che conducono. Spesso ci troviamo a dover sopperire di tasca nostra a carenze strutturali, perché la proprietà (il Club Alpino o altri proprietari) non sempre risponde tempestivamente alle nostre richieste di intervento: dalla sostituzione del gruppo elettrogeno al bisogno di attrezzi da cucina. Non metterei in dubbio la professionalità dei gestori nel servire per quanto possibile prodotti genuini e artigianali: ognuno di noi dà il massimo. Invece direi che gli introiti che le proprietà ricevono dai nostri affitti dovrebbero essere puntualmente investiti per apportare migliorie ai rifugi».Ma anche le sezioni del Cai proprietarie di rifugi alpini stentano a volte a stare al passo e non per mancanza di volontà. «I rifugi si trovano in ambienti difficili, sono costruzioni spesso datate e richiedono costanti manutenzioni – dice Antonio Nonino, presidente della Società Alpina Friulana, proprietaria di quattro rifugi (di Brazzà, Divisione Julia, Marinelli e Gilberti – Soravito). Investiamo ogni anno circa 45.000 euro sui nostri rifugi, importo che corrisponde esattamente agli introiti ricevuti dai gestori. Siamo tra l’altro ancora impegnati per quindici anni in un mutuo per pagare le spese sostenute nella ristrutturazione del Divisione Julia di Sella Nevea. Certamente se potessimo permettercelo vorremmo investire la cifra (circa 300.000 euro) necessaria per dotare i rifugi Marinelli e di Brazzà di corrente elettrica, in modo da consentirne l’apertura invernale, con un allacciamento a bassa tensione interrato. Ma questo non è nelle nostre disponibilità».Da Tolmezzo il presidente del Cai Alessandro Benzoni cita un altro esempio che è il rifugio alpino Fratelli De Gasperi: «Purtroppo c’è una netta disparità tra entrate e uscite da destinare ai lavori. In tre anni abbiamo incassato 13.000 euro e ne abbiamo spesi 21.000, senza contare le tasse. E al momento il De Gasperi ha bisogno di un impianto per il pompaggio dell’acqua che costa 100.000 euro e verrà finanziato con un contributo regionale». Altro che tendine tirolesi.