Friuli: sui fondo per il Friulano Tondo vs Lega


Il presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, vuole che l’assestamento di bilancio della Regione tenga conto dei fondi sulla legge per il friulano. Ma il presidente della Regione, Renzo Tondo, lo zittisce a distanza: «L’urgenza adesso non è la legge per il friulano, ma l’operaia della Caffaro che ieri, piangendo, mi ha chiesto come farà a pagare la rate del mutuo» . E’ questo uno dei passaggi chiave, applauditissimo, del presidente Tondo all’inaugurazione della nuova sala convegni della Cciaa di Udine intitolata allo scomparso ex presidente degli industriali, Adalberto Valduga. Un passaggio che riapre anche il solco dentro la maggioranza regionale del centro destra: dopo la questione dei centri commerciali, dunque, La Lega va in trincea anche sulla difesa del friulano la cui legge è stata stoppata dalla Corte costituzionale.
Per Tondo la crisi finanziaria è finita, ma quella industriale no. La Regione, ha spiegato ieri, sta quindi cercando di reagire su tre diversi fronti. Primo: accelerando la realizzazione delle infrastrutture per togliere la nostra realtà dall’isolamento geografico. Secondo: intervenendo con stanziamenti extra pari a oltre 400 milioni di euro a tutela delle piccole e medie industrie locali. Terzo: trovando soluzioni per sostenere e implementare gli ammmortizzatori sociali, magari togliendo fondi a altre iniziative e leggi che ora non hanno il carattere di urgenza. Come quella, appunto sul friulano.
«Anche per questo – ha insistito ieri il presidente Tondo di fronte alla platea degli industriali friulani – a giugno partiremo con una serie di riforme strutturali per trasferire soldi dall’apparato burocratico ai servizi ai cittadini e agli ammortizzatori sociali. Sarà un’impresa titanica, e che magari incontrerà resistenze, e riguarderà in primo luogo la sanità, l’energia e gli enti locali. Ma non taglieremo medici, ma dirigenti; non elimineremo ospedali ma apparati inutili».
Immediata la replica del senatore leghista, Mario Pittoni: «Condivido il discorso di e Tondo, ma attenzione perchè in Europa competitività fa sempre di più rima con identità».
Ma l’attacco più duro era già arrivato, sempre ieri ma in mattinata, dal presidente della Provincia di Udine e coordinatore regionale del Carroccio, Fontanini: «Nell’assestamento di bilancio vanno inseriti i fondi necessari per applicare la legge regionale sul friulano stoppata dalla Consulta». «Ora – aveva aggiunto Fontanini – che sappiamo entro quali limiti la Regione può intervenire diventa cruciale emanare i regolamenti attuativi della legge, soprattutto nel settore scolastico. Di conseguenza è anche necessario prevedere i primi fondi per permettere alle scuole che lo richiederanno di insegnare la marilenghe in classe già dal prossimo anno scolastico». Fontanini ha ricordato ieri che oltre il 60% dei genitori richiede l’insegnamento del friulano ma che «in molte scuole tale diritto non è garantito e quasi sempre per problemi di carattere organizzativo e finanziario: in pratica gli istituti vengono abbandonati a se stessi».






Una risposta a “Friuli: sui fondo per il Friulano Tondo vs Lega”

  1. Aggiornamento del 07/06/2009

    William Cisilino dal Gazzettino di oggi

    L’urgenza, oggi, non è certo il friulano, bensì la crisi economica, è stato detto nell’ambito del dibattito sui fondi per l’applicazione della legge sul friulano. Ma siamo così sicuri che i fondi destinati alla lingua friulana siano sempre “bêçs straçâts”, soldi buttati via? Lascio ora da parte ogni discorso ideologico e non chiedo se il fine “tutela della lingua friulana” sia opportuno o meno sotto il profilo politico: il mio è invece un quesito di natura prettamente economica sul mezzo, vale a dire sugli investimenti per il friulano. Da un punto di vista economico generale non c’è alcuna differenza fra gli investimenti pubblici sul friulano e le misure anti-crisi deliberate dalla Regione: entrambi gli interventi vanno ad incidere, con più o meno forza (circa 2 milioni di euro, il friulano; 400 milioni di euro, gli stanziamenti per le aziende), sulla componente pubblica del Pil. Lo dico perché spesso sembra che i fondi per il friulano siano destinati non a generare a loro volta ricchezza, ma ad andare direttamente al macero.

    Va aggiunta anche un’altra riflessione, che ad alcuni sembrerà paradossale. Fra le due tipologie di intervento, quella sul friulano è l’unica a dare sicure garanzie di una ricaduta esclusiva e permanente sul nostro territorio. Prendiamo, ad esempio, il mondo della scuola: gli insegnanti di friulano saranno per gran parte friulani o comunque dovranno risiedere in Friuli; la loro formazione dovrà essere effettuata dalle università locali; i libri per l’insegnamento dovranno essere prodotti qui; intorno alla didattica si creerà un indotto commerciale necessariamente friulano; e così via. Lo stesso non può dirsi con pari certezza per i fondi erogati alle aziende: basta leggere i giornali di questi giorni per constatare la disinvoltura con cui certe grandi imprese hanno deciso di chiudere le proprie sedi friulane.

    Alcuni anni fa sono rimasto spiazzato dai dati sciorinati in un convegno da una rappresentante del Governo Basco secondo i quali la spesa diretta alle attività di promozione del basco aveva implicato la creazione di valore aggiunto e di ricchezza per l’economia della regione superiore ai 200 milioni di euro, con entrate supplementari per le imposte pari a 35 milioni. Fantascienza? No. Anche questa è una sfida che, se solo lo vogliamo, è alla nostra portata.

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