Friuli: sviluppo di sistemi software sia di chi è competente in materia


di Stefano Maraspin
commissione ingegneri dell'informazione nell'ordine degli ingegneri della provincia di Udine
dal MV di oggi

Ve la sentireste di far progettare una centrale nucleare al primo passante che incontrate per strada? E di fargli progettare il software per il controllo di tale centrale? O quello per il controllo del traffico in un aeroporto? O un qualsiasi sistema che possa mettere a repentaglio la sicurezza vostra e delle persone a voi care? Voglio sperare che la risposta a simili quesiti sia no. E che possiate rimanere sorpresi nello scoprire che nel nostro Paese chiunque può cimentarsi nella progettazione di simili opere. Sebbene l'informatica abbia trovato diffusione trasversale, scarse sono infatti le norme a tutela dell'utente e della collettività in tale ambito. Con conseguenze gravi e facilmente riscontrabili; sembra perfettamente normale udire ogni giorno frasi banali, ma assolutamente indicative come: «Mi si è piantato il Pc», oppure: «Eh, mi dispiace, ma oggi il terminale è bloccato». Cosa che invece non è affatto normale e che soprattutto nei luoghi pubblici e nelle aziende è causa di perdite economiche  anche ingenti, dovute a frequenti interruzioni di servizio. E se le provocazioni delle prime righe sembrano eccessive, consiglio di provare a fare mente locale sulla concezione di computer che tutti noi abbiamo; e quindi di associarne il relativo funzionamento, approssimativo e inaffidabile, a sistemi critici come quelli precedentemente citati. E poi di dare anche un'occhiata a questa "Galleria dei Disastri" su Internet: http://bit.ly/fvA2pB , per rendersi conto di quanto sia grave, diffuso ed attuale il problema. E' paradossale che per intraprendere la più banale delle opere inerenti all'edilizia (settore dalle pratiche oramai consolidate) occorrano autorizzazioni di ogni tipo, quando la progettazione di un software, atto a gestire sistemi, anche critici, può essere affidata a chiunque. Per carità, non è intento di chi scrive inneggiare a situazioni potenzialmente dannose per la collettività, come una "casta" a numero chiuso per ingegneri e/o informatici. Quello che ci si auspica è che invece s'inizi a percepire l'informatica come una disciplina ingegneristica, in cui l'incarico per lo sviluppo di sistemi software, soprattutto se critici o di pubblica utilità, sia esclusivamente affidato a soggetti che abbiano dimostrato la loro competenza, attraverso opportune selezioni (incentrate sulla preparazione). Potrà sembrare che in queste parole si celi l'interesse della categoria. Ed effettivamente, non posso, né voglio, nascondere il desiderio da parte degli ingegneri dell'informazione (categoria professionale che, vale la pena di ricordare, comprende sia i laureati in informatica, sia quelli in ingegneria informatica) di potersi confrontare esclusivamente con altri professionisti, in una virtuosa competizione per la fornitura di servizi al cliente al miglior rapporto qualità prezzo. Ciò permetterebbe in ogni caso di dare miglior efficienza e sicurezza ad un settore attualmente ridotto a un far west, in cui personaggi senza né preparazione, né scrupoli, danno al cliente l'illusione di poter spendere poco, anziché il giusto, per poi comunque lasciarlo con niente in mano. In un simile contesto, non deve sorprendere che – secondo la fonte sopra citata – la metà dei progetti informatici fallisca. Il primo beneficiario di una regolamentazione diverrebbe perciò proprio la collettività, che ignara sta continuando a gettare al vento un sacco di soldi. In un contesto in cui i ciarlatani si confondono con i professionisti, molti progetti sono infatti affidati (spesso in buona fede) a fornitori impreparati. Progetti che ovviamente falliscono, o fanno comunque spendere più di quanto si sarebbe speso facendo le cose come si sarebbero dovute fare dal principio; o peggio ancora, mettono a repentaglio la sicurezza del cittadino e della collettività. *