Friuli: Tibaldi si rivolge alle Procure, per l’Elettrodotto dal comitato esposto alla magistratura

di Cristiano Tomasin

«Alla magistratura il compito di indagare e verificare l’eventuale dolo e le complicità»: così esordisce Aldevis Tibaldi, referente del Comitato per la vita del Friuli rurale, annunciando di aver inviato alle Procure di Trieste, Udine e Gorizia un esposto sulla vicenda elettrodotto, lamentando che, pur essendo scaduti i termini, il Ministero dello sviluppo economico ha invitato le amministrazioni comunali nei cui territori è previsto il passaggio della linea all’adozione di misure di salvaguardia per le aree interessate dai lavori. «Per imporre l’ecomostro Redipuglia – Udine Ovest – aggiunge Tibaldi – le hanno provate tutte. Sono scesi in campo parlamentari, partiti di maggioranza ed è stato promosso il silenzio degli ambientalisti e delle associazioni di categoria, ma non sono riusciti a tacitare i sindaci e il nostro comitato, inasprendo il dissenso. La Regione ha persino dato vita a un tavolo tecnico che si è risolto in una mezza farsa, snobbata e screditata persino da Terna». «A Roma si accorgono che il tempo è scaduto e che è saltato il vincolo della inedificabilità imposto nel 2008 lungo il tracciato – rileva ancora Tibaldi –. Così il ministero torna alla carica e passa la patata bollente ai sindaci, chiedendo loro di andare oltre la legge e di estendere il divieto contro l’interesse dei propri amministrati, già danneggiati da un congelamento dei beni durato più di tre anni. Inevitabile, quindi, una pronta segnalazione agli organi giudiziari affinché possano verificare eventuali dolo e complicità». «A maggior ragione – aggiunge – stupisce l’ennesima esternazione di chi pretende l’elettrodotto, pena la fuga in Serbia o Croazia, senza però spiegare quale sia il nesso fra quella linea elettrica, il ridotto uso delle centrali di casa nostra e l’operatività. Mentre nulla impedisce che l’elettrodotto si possa costruire interrato e che i lavori inizino subito con benefici per l’attrarre investitori della nostra terra, nulla vieterebbe alle aziende di accedere alle facilitazioni decise dall’Ue. E’ stato infatti approvato un piano con cui si propone di sostenere gli impegni ambientali con misure rigorosamente paritarie tra gli Stati affinché sia scoraggiata la delocalizzazione delle industrie e la dannosa esportazione di anidride carbonica. Non resta che scegliere fra il modello europeo e quello balcanico, dove la manodopera costa un quarto e l’ambiente è cosa di là a venire».