Friuli: tutti i segreti della potatura

di Isabella Buccino
Liceo scientifico Marinelli

Vi siete mai chiesti in che cosa consiste il mestiere del potatore? Ecco che allora ce ne parlano Marco Simonit e Pierpaolo Sirch, due giovani tecnici friulani che hanno fondato la prima “Scuola italiana di potatura”, mettendo a punto una tecnica innovativa, che si rifà comunque alla tradizione ma che permette di raddoppiare l’età della vite e di ridurre i costi all’interno della vigna. Quello del potatore, infatti, è un mestiere antico che si stava estinguendo, che è stato rivalutato e valorizzato notevolmente attraverso un metodo di potatura soft che consente di allungare il ciclo vitale delle viti e di conservarne il patrimonio, il pregio e, ultimo ma non meno importante, di preservare il paesaggio vitivinicolo italiano. Ma vediamo più da vicino quello che ci raccontano i due esperti e ideatori di tale tecnica.
Quanti anni avete?  88, o meglio 44 Marco Simonit e 44 Pierpaolo Sirch .
Da che cosa è nata l’idea di diventare “preparatori d’uva”, è una tradizione familiare oppure no?
«Ènata dalla constatazione di come i nostri vigneti – il vigneto italiano in generale – fossero sempre più sofferenti a causa delle crescita esponenziale delle malattie della vite , come, ad esempio il mal dell’esca (per gli esperti). Ma anche dal fatto che i produttori, dopo aver investito nelle tecniche enologiche e nelle cantine, hanno riscoperto il valore fondamentale del vigneto come fonte principale ed insostituibile della qualità. Il che significa “preparare” l’uva come si conviene in stretta relazione col vino che si vuole ottenere.. Ecco i preparatori d’uva».
Che cosa vi ha portati a fare o riscoprire questo mestiere molto antico?
«Discende da quanto appena detto: “preparare” l’uva come noi l’intendiamo vuol dire, innanzi tutto, ridare all’uomo un ruolo centrale nella gestione del vigneto e soprattutto nella potatura. Che significa? Significa che bisognava che il potatore torni a parlare il linguaggio della vite. Un esempio? una potatura scriteriata fatta di tagli di grosse dimensioni stava costringendo la vite e, di conseguenza, i vigneti italiani a un rapido e precoce invecchiamento. Tutto questo assieme alla constatazione che di fatto, il mestiere del potatore non viene più insegnato. Una volta erano i vecchi a tramandare la conoscenza di quest’arte fatta di osservazione e precisione, ora gli operatori vengono messi in campo e al massimo gli viene detto di fare un buon lavoro nel minor tempo possibile».
E dunque quando e dove avete cominciato?
«Il lavoro sulla vite è iniziato nel 1988 in Friuli, dove grazie all’aiuto di viticoltori coraggiosi e illuminati, che ci hanno messo a disposizione i vigneti, abbiamo potuto cominciare a sperimentare un metodo alternativo di potatura. Collaboriamo ormai con circa una quarantina di aziende vitivinicole, non solo in Italia, ma anche in Europa, Cile e Nuova Zelanda, a esempio».
Ma più precisamente, in che cosa consiste il vostro lavoro?
«Il nostro lavoro, in sintesi, si basa sulla formazione del personale aziendale, attraverso corsi sia teorici che pratici, questi ultimi svolti in vigneto con i potatori stessi. È così che cerchiamo di trasferire il nostro metodo di potatura della vite. Tale tecnica ha come obiettivo primario la salvaguardia della vitalità della pianta, cercando di ferirla il meno possibile e privilegiando i tagli solo di legno giovane, quindi di uno o due anni di età».
Perché è importante la metodologia con cui lavorate?
«Il nostro metodo di lavoro sulla vite permette la costruzione, attraverso la potatura, di un fusto che al suo interno risulta integro e perfettamente funzionante e che rende possibile un flusso continuo di trasporto di acqua e di linfa dalle radici alla parte aerea e viceversa. Il fondamentale lavoro di potatura invernale ha un seguito nel lavoro primaverile di scelta dei germogli, che viene impostato sulla base delle esigenze produttive, ma anche tenendo conto della potatura dell’anno successivo. Il metodo semplifica le scelte che il potatore deve saper prendere quando taglia. Grazie alla riduzione del numero di tagli che l’operatore deve fare in potatura e anche in virtù dell’apprendimento stesso che migliora di anno in anno, è possibile ridurre il numero delle ore destinate alla gestione manuale del vigneto, ottenendo così un notevole risparmio. Inoltre la tecnica si pone come obiettivo il recupero di un antico sapere che diversamente andrebbe perduto. Il mestiere del potatore infatti non viene più insegnato né a scuola né tanto meno in campo… con ovvie ripercussioni sulla salute e longevità dei vigneti stessi!».
La vostra fama si sta espandendo: come, quando e perché siete stati scoperti altrove?
«Nulla nasce per caso: sono vent’anni che sperimentiamo, facciamo ricerca, coinvolgiamo luminari come il professor Attilio Scienza e la professoressa Laura Mugnai, oltre alla facoltà di Agraria di Udine. Diciamo che abbiamo dato una risposta concreta a come risolvere un enorme problema che appartiene viticoltura italiana e non solo. Inoltre l’obbligo, imposto dal mercato, ad innalzare la qualità dei vini ha fatto sì che i vignaioli guardassero con maggior attenzione, come dicevamo, al vigneto. E noi ci siamo fatti trovare pronti e abbiamo ideato la prima Scuola italiana di potature della vite, che ha avuto grande rilievo sulla stampa. Unica nel suo genere non solo in Italia, ma a livello internazionale, è un centro di formazione permanente. In partnership con importanti centri di ricerca e università, si svolge in 7 regioni fra le più rappresentative dell’eccellenza della viticoltura italiana: Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Trentino, Valle d’Aosta, Toscana, Campania e Sicilia».
Siamo giunti al termine, ma prima, possiamo avere qualche anteprima dei vostri prossimi appuntamenti?
«Abbiamo molta “carne al fuoco”, c’è molto interesse anche fuori dall’Italia e stiamo riflettendo su come muoverci. Le ricerche e le sperimentazioni pratiche continuano a essere la nostra linfa principale per continuare a migliorare il nostro metodo. Stiamo coinvolgendo le scuole e abbiamo notato, con piacere, che c’è molto interesse da parte dei giovani che intravedono degli sbocchi professionali per il futuro. Nel 2011 partiranno altre scuole in altre regioni d’Italia, che si affiancheranno, così, alle sette già aperte nel 2010. I luoghi e le date saranno pubblicati sul nostro sito www.simonitesirch.it. Se volete sapere se possedete le carte per diventare potatori, ecco alcune doti che non possono mancare: spirito libero, sensibilità nei confronti della natura e del verde, interesse per il mondo del vino, voglia di viaggiare e di inventarsi un mestiere in sintonia con la natura».