Gorizia: buono e pregiato, ma il radicchio sta scomparendo


dal MV di oggi

Belli come fiori il “canarino” e “la rosa di Gorizia”, i pregiati radicchi prodotti ormai da pochissimi contadini isontini, oltre che squisiti nel piatto possono diventare un prezioso e originale ornamento della tavola. Questi rari ecotipi di “Cicoria intybus”, selezionati nel corso dei secoli , sono coltivati prevalentemente nei rioni goriziani di Sant’Andrea e San Rocco, dove ogni famiglia conservava orgogliosamente i propri semi e le pratiche agricole per coltivare questi radicchi sempre più dolci, croccanti e anche belli nelle sfumature rosa, rosse, gialle.
Seminati con la luna calante, contemporaneamente al frumento, il radicchio, sfalciato il grano, ricresce. Tra ottobre e novembre le foglie, ormai grandi, iniziano a colorarsi: il “canarino” di verde-giallo, la “rosa di Gorizia” di rosso. Le foglie esterne proteggono il cuore abbracciandolo. Non resta che aspettare il freddo. Solo quando il gelo “brucia” le foglie esterne, inizia il suo raccolto. I cespi vengono tagliati con tutto il gambo e conservati in ambienti caldi e bui: coricati sotto un manto di paglia per diverse settimane, durante le quali vengono innaffiati frequentemente. Del radicchio originario, pulito dagli strati superficiali, non resta che il cuore. Meno di un terzo di quanto raccolto