Legge Gelmini: applicata in Carnia e Val Canale avrebbe effetti devastanti

E’ chiaro che è ancora presto e che i nostri massimi rappresentanti regionali hanno già espresso tutta la loro contrarietà al provvedimento: ma la simulazione degli effetti che la legge Gelmini sul territorio montano della regione, è roba da far tremare i polsi.   Ariis dal MV di oggi

I primi dati sul numero degli allievi per l’anno scolastico 2008-2009 nelle scuole primarie della Carnia e della Val Canale-Canal del Ferro fanno tremare, soprattutto in vista della riforma Gelmini. La bozza di piano programmatico non ammette infatti, almeno per ora, in zona montana classi di scuola primaria con meno 12 alunni.
Dal prospetto, fornito nei giorni scorsi a Tolmezzo dall’ufficio scolastico regionale a dirigenti scolastici e presidenti delle comunità montane dell’Alto Friuli, riferito all’anno scolastico 2008/2009, emerge che solo 5 scuole primarie su 24 in Carnia (i dati non riguardano Tolmezzo), avrebbero almeno 60 alunni, altre 19 dai 6 ai 52 alunni (8 scuole non raggiungerebbero le 2 classi, 3 le 3 classi). <br />
A rischio anche molte scuole dell’infanzia: 5 non hanno i numeri minimi, 7 li hanno appena. Intanto giovedì, alle 15, nella Comunità montana della Carnia, ente da cui è stato organizzato, l’incontro tra i dirigenti scolastici degli istituti comprensivi della Carnia ed i presidenti delle associazioni intercomunali locali sulle possibili ripercussioni della riforma Gelmini sull’assetto delle scuole materne, elementari e medie della Carnia.
Seguirà un confronto serrato a livello locale e quindi il tavolo di lavoro per studiare e proporre soluzioni consone al contesto montano e condivise dal territorio. Ciò prima dell’approvazione dei decreti attuativi della Gelmini, così da poter far pesare, in qualche misura, le istanze ed esigenze della scuola montana.
Entro la prima metà di novembre si terrà anche l’incontro con i dirigenti degli istituti superiori organizzato dalle comunità montane della Carnia e del Gemonese, Val Canale, Canal del Ferro con la Provincia di Udine. Anche in questo caso, a stretto giro, seguirà un tavolo di lavoro per avanzare una proposta congiunta dell’Alto Friuli. Sui riflessi invece della formula Gelmini sulle scuole superiori l’incontro che riguarderà tutto l’Alto Friuli ed il gemonese si terrà probabilmente l’8 o il 10 novembre. Il presidente della Comunità Montana del Gemonese, Val Canale, Canal del Ferro durante la riunione organizzata giovedì scorso dalla Provincia aveva detto: «Sono preoccupato per i plessi, rischiamo una falcidia incredibile soprattutto in montagna, se non ci attiviamo subito. Dobbiamo fare pressione perché la Regione tenga conto della diversa condizione delle realtà montane. Le scelte devono saper essere razionali e tutelare la montagna».
Anche il presidente della Comunità Montana della Carnia, Lino Not, molto preoccupato, dice: «I plessi nei nostri paesi sono punti di riferimento di vita formativa e sociale. La loro chiusura è un segnale negativo per la gente che vive in montagna e va valutata caso per caso con delicatezza e attenzione».

5 Risposte a “Legge Gelmini: applicata in Carnia e Val Canale avrebbe effetti devastanti”

  1. speriamo che non se ne faccia niente… ma questo non sarebbe solo un problema della Carnia… anche qui in Calabria ci sono diveri piccoli centri con pochissimi bambini e dove sicuramente le scuole andrebbero chiuse. Maria

  2. la controriforma Tremonti-Brunetta targata Gelmini non ha previsto nulla ognuno scoprirà le conseguenze sulla propria pelle.

  3. Aggiornamento Gemona 30/10/2008

    Lettera al MV di oggi

    I sottoscritti docenti del Liceo scientifico “L. Magrini” di Gemona del Friuli, viste le recenti disposizioni in materia di Pubblica istruzione approvate o in corso di approvazione (la Legge 133 del 6 agosto 2008 e il Decreto legge 137 dell’1/09/2008), esprimono la loro forte preoccupazione per le conseguenze che questi provvedimenti avranno sull’intero sistema scolastico italiano, dalla scuola dell’infanzia all’Università, con effetti negativi in un settore strategico come quello della formazione. Noi tutti auspichiamo e sosteniamo azioni volte a una riduzione degli sprechi e a un miglioramento del sistema dell’istruzione attraverso il riassetto di settori scolastici come la secondaria superiore, che aspettano da lungo tempo una seria ed efficace riforma; riteniamo tuttavia che i drastici tagli a carico dell’istruzione previsti dalle recenti disposizioni, impropriamente definiti “riforma”, siano inaccettabili prima di tutto nel metodo: non si può procedere infatti a interventi così massicci che riguardano la vita della scuola, senza il minimo coinvolgimento di insegnanti, genitori e studenti. Sottolineiamo che i tagli previsti ammontano a una cifra complessiva in tre anni di circa 8 miliardi di euro e che tale drastica riduzione si inserisce in una già lunga serie di provvedimenti, susseguitisi negli ultimi 20 anni, che hanno portato la spesa del ministero della Pubblica istruzione dal 3,9% del Pil nel 1990 al 2,8% nel 2007 (pari a una riduzione in 16 anni di 16,9 miliardi di euro); tutto ciò a fronte di un aumento nell’ultimo decennio di circa 200.000 studenti e di una diminuzione di circa 20.000 insegnanti. A sostegno dei tagli viene affermato che la spesa per studente nella scuola italiana è superiore a quella della media Ocse, ma questo dato non tiene conto che in Italia sono a carico della Pubblica istruzione gli insegnanti di religione, gli insegnanti di sostegno e il personale Ata, cosa che non avviene negli altri Stati. Il taglio agli organici di 130.000 unità (corrispondente al 17% dell’attuale dotazione organica) previsto dalle recenti disposizioni ministeriali si tradurrà inevitabilmente in: 1) un aumento del numero di allievi per classe: è contemplato perfino un massimo di 32 studenti; 2) una diminuzione del monte ore di insegnamento: tutte le sperimentazioni saranno eliminate, senza una valutazione ponderata e articolata; 3) l’impossibilità di garantire in molti casi la continuità didattica: la mancata sostituzione degli insegnanti che andranno in pensione, infatti, determinerà un improduttivo alternarsi di docenti nelle classi (senza contare che per molto tempo mancherà il giusto ricambio generazionale nel corpo docente). Non comprendiamo, dunque, come da questi interventi possa derivare quel miglioramento dell’offerta formativa che ci sta a cuore e che il piano programmatico stesso del ministero afferma di perseguire. Qualora questi provvedimenti non vengano rivisti, infatti, si determineranno una riduzione e uno scadimento dell’offerta formativa nel suo complesso, con gravi conseguenze sul futuro della società italiana.

    Seguono le firme di 42 docenti

    Teresita Andreussi, Marina Archidiacono, Renzo Bellina, Silvia Benini, Caterina Bortolotti, Fabio Bove, Riccardo Brolese, Laura Candotti, Mariagrazia Castellani, Massimo Chersicla, Elisa Contessi, Santina De Monte, Stefania Del Fabro, Paolo Del Zotto, Gabriele Donato, Amalia Ellero, Canio Roberto Evangelista, Rudi Fasiolo, Claudia Garofoli, Emanuela Gerometta, Aldo Giavitto, Maria Rosa Girardi, Maria Grosso, Paolo Lamesta, Lucia Londero, Paolo Marsich, Claretta Menotti, Cristina Minisini, Andrea Mosca, Sandra Muzzolini, Luisa Nimis, Mariolina Patat, Stefania Pontecorvo, Carlo Pussigo, Maria Concetta Ruggiero, Maurizio Santi, Lia Scagnetto, Annalisa Tabiadon, Teresa Tonino, Stefania Tucci, Flavia Valerio, Mirella Zamolo

  4. Aggiornamento del 31/10/2008

    La Regione salva le scuole con meno di 50 alunni. La giunta Tondo ieri ha approvato i primi indirizzi programmatici sul dimensionamento della rete scolastica. Il provvedimento, proposto dall’assessore Roberto Molinaro, recepisce la legge nazionale dell’agosto scorso e individua gli obiettivi e i criteri di applicazione. Gli indirizzi specificano che il numero degli alunni da considerare è quello degli iscritti nell’anno scolastico 2008/2009 e che nel primo ciclo d’istruzione è da privilegiare la costituzione di istituti comprensivi. Ma si chiarisce che la chiusura di plessi o sezioni staccate di istituti con meno di 50 alunni «non va considerata come un vincolo da rispettare in modo automatico ma va valutato di volta in volta alla luce delle specifiche circostanze locali». Vale a dire che, soprattutto nei piccoli centri o in montagna, si prenderà in esame il ruolo sociale che svolge la scuola prima di decretarne la soppressione.

    L’applicazione in Friuli Venezia Giulia dei tagli alle scuole è stato anche l’argomento dell’incontro tra l’assessore Molinaro e gli assessori alle Politiche educative della Provincia di Gorizia Maurizio Salomon, di Pordenone Lorenzo Cella, di Trieste Adele Pino e di Udine Elena Lizzi, con il direttore dell’Ufficio scolastico regionale Ugo Panetta. Molinaro ha ricordato che in regione è vigente il piano regionale di dimensionamento, approvato nel febbraio del 2000. «L’istruzione è uno dei settori di attività in cui la Regione avrà, nei prossimi anni, un peso diverso da quello attuale», ha affermato Molinaro.

    Scuole non statali. Ieri l’assessore Molinaro ha portato in giunta la ripartizione fra le quattro Province i finanziamenti per gli assegni di studio a favore di alunni delle scuole dell’obbligo e secondarie non statali, parificate o paritarie, per il 2007-2008. Questa la suddivisione dei 2,9 milioni di euro: a Gorizia 198 mila; a Pordenone 1,1 milioni; a Trieste 427 mila; a Udine 1,7 milioni. Potranno complessivamente beneficiare 2.662 alunni.

    Università. Gli atenei di Trieste e Udine istituiranno, in collaborazione fra di loro e con il sostegno della Regione, un corso di laurea specialistica in Scienze della riabilitazione come prevede un Protocollo d’intesa approvato ieri dalla Giunta regionale, che impegna una spesa di 70 mila euro per la Regione.

    Direttori. Ileana Ferfoglia è stata nominata ieri direttore del servizio Gestione interventi per il sistema informativo della direzione centrale Istruzione, Formazione e Cultura. Enrica Nigris è stata invece nominata direttore del servizio Affari della Presidenza e della Giunta del Segretariato generale. Entrambi gli incarichi avranno la durata di 2 anni.

    Sindaci. L’Associazione dei sindaci della ricostruzione del Friuli terremotato avrà a disposizione 180 mila euro per il completamento del Museo del terremoto a Venzone; lo ha stabilito ieri la giunta regionale.

    Politiche per la famiglia. Il Servizio regionale per le Politiche per la famiglia e il Centro servizi condivisi stipuleranno una convenzione per la gestione, da parte di quest’ultimo, delle operazioni tecniche e organizzative necessarie all’attivazione dei benefici previsti dalla Carta famiglia, attribuita dai Comuni di residenza al genitore o ai genitori con almeno un figlio a carico.

    Finanziaria. Oggi la giunta si riunirà a Udine per esaminare la manovra finanziaria regionale 2009 che ammonterà a circa 4,4-4,5 miliardi di euro e punterà alla riduzione della spesa di circa il 3,8-4 per cento

  5. Aggiornamento //

    Trentasei docenti dell’istituto Linussio di Tolmezzo hanno scritto al ministero e a tutte le istituzioni locali, dal Comune alla regione, per manifestare la propria preoccupazione «per i cambiamenti radicali che stravolgeranno il sistema scolastico pubblico nell’immediato futuro». I docenti esprimono la loro ferma opposizione alla Legge 133 (ex Dl 112/2008), al Dl 137 e alla proposta di legge 935. In particolare i docenti sono preoccupati per il «drastico taglio di finanze all’istruzione pubblica stimato in 8 miliardi di euro nei prossimi tre anni (pari al 20% del bilancio) e conseguente cancellazione di 130 mila posti di lavoro tra insegnanti e personale Ata (per gli insegnanti sono previsti 87 mila posti in meno). Questa scelta ricadrà con estrema pesantezza sui docenti precari che saranno espulsi dal sistema lavorativo e la cui preparazione, ottenuta in anni di studio e tirocinio, sarà vanificata».

    I docenti del Linussio sono poi preoccupati per «l’aumento del numero degli alunni per classe, fino a 30/32 nella scuola secondria di secondo grado, con previsione per le classi prime di “non meno di 27 e non più di 30”. Si sottolinea che già ora in molti casi le aule non sono adeguate per contenere un numero elevato di allievi e quindi non rispondenti ai criteri di sicurezza previsti dalla L. 626. Dal punto di vista didattico il suddetto provvedimento annulla la possibilità di attuare un rapporto individualizzato con gli allievi e di sperimentare metodi alternativi alla lezione frontale».

    Viene poi evidenziata nella lettera inviata anche ad alunni e genitori «la diminuzione delle ore di lezione e conseguentemente del numero di discipline, fino ad arrivare al monte ore settimanale di 30 nella scuola media superiore e a 24 nella scuola elementare. Preoccupa particolarmente la possibile riduzione delle ore d’indirizzo nella scuola superiore che condurrebbe a un’estinzione delle specificità dei diversi istituti superiori». Si rileva anche «l’accorpamento degli istituti con meno di 500 studenti e chiusura dei plessi con meno di 50 alunni, che porterà alla soppressione delle scuole collocate in aree territorialmente periferiche, in cui l’istituzione scuola svolge un ruolo importante di sviluppo culturale (in Italia duemila scuole “sottodimensionate” sono a rischio di chiusura)».

    I professori della scuola superiore intervengono anche sulle novità che interessano la scuola primaria come, scrivono «il ritorno al maestro unico nella scuola elementare (previsto dal decreto legge 137) che danneggia pesantemente l’attività didattica della scuola primaria» o la «trasformazione delle scuole in fondazioni, con parziale finanziamento privato da parte di aziende,c he subordina alla logica del profitto le scelte educative (proposta di legge 935)».

    Preoccupa poi «l’incarico alle istituzioni scolastiche di assunzione del personale, che porterà a un permanente stato di precarietà del personale scolastico (proposta di legge 935)».

    «I suddetti provvedimenti – chiudono gli insegnanti nella loro lettera aperta – s’inquadrano non in un piano di meditata ristrutturazione del sistema scolastico, ma unicamente in una logica di taglio finanziario, presentata all’opinione pubblica come necessaria operazione di “essenzializzazione” e abolizione degli sprechi nel settore pubblico».

    I docenti del Linussio «esprimono, quindi, un forte disagio per il veloce depauperamento di risorse finanziarie, umane, professionali indispensabili per attuare percorsi formativi di qualità, fondamentali nella nostra società complessa, caratterizzata da sfide educative urgenti e ribadiscono il loro sostegno a un sistema d’istruzione ed educazione pubblico, gratuito e pluralistico, come affermato nella Costituzione italiana».

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