L’eredità Berlusconiana, di Ermes Dorigo

di ermes dorigo.

Invece che nella promessa mitica età dell’oro o in un nuovo Rinascimento (Fatto!) tanta parte d’Italia dalla sbornia mediatica, dopo il torrenziale pantano parolaio e le scenografiche pagliacciate – che hanno stregato e imbarcato, insieme ai disonesti, tanti poveri cucchi e illusi in buona fede di partecipare alla modernizzazione del Paese –, oltre che con le scarselle vuote e depredate s’è risvegliata trasformata in una grande discarica a cielo aperto di rottami industriali arrugginiti, di insegne di negozi chiusi, di segnali turistici dismessi, di ferruginosi attrezzi artigianali accatastati alla rinfusa; in un deposito di reietti umani – immigrati, prostitute, tossicodipendenti, omosessuali, barboni -, ai quali si mescolano, relitti e rotti e feriti dentro, licenziati, disoccupati,  cassintegrati, precari, pensionati affamati, malati trascurati, magistrati calunniati ed emarginati, giornalisti e uomini di cultura epurati, sopra i quali esalazioni miasmatiche condensano una fosca ghignante nube, – che, a confronto, quella di ceneri e lapilli dell’Etna sembra una cartolina – di disperazione, paura, insicurezza, morte, incubi suicidi, che lugubri venti ghignanti trasportano e depositano su tutta la penisola, fanno penetrare nelle case dei cittadini onesti e pure in quelle d’ingenua gente comune anche perbene che tenta di chiudere le imposte sulla realtà, dopandosi  con la TV spazzatura; case pervase ora tutte da ansia e angoscia, da tensioni laceranti, da crisi d’identità e di valori, demoliti  uno ad uno, come l’onestà, il civismo, la laboriosità, la dignità e il rispetto dell’altro, l’intimità e la privatezza, lo spirito di servizio, la solidarietà, il dialogo politico ed il confronto dialettico con quello che nella nostra tradizione civile e culturale si chiamava ‘avversario’ ed oggi invece ‘nemico’.

Gli azzurri fiumi torrenti ruscelli, che allietavano il multiforme modulato paesaggio italiano, sono divenuti d’un color marrone scuro melmoso ed emanano una pestilenziale loffa diarroica – che si diffonde sino in Europa, nuova bandiera, prevalentemente verdastra, dell’incultura e inciviltà della rapace classe dominante italiana -, segnale evidente della mancanza di controllo degli sfinteri (vedi Freud) da parte dei nuovi padroni che, del resto, guazzano e si rinvigoriscono solo nella cacca, metafora del denaro; sopravvivono, in realtà, alcune altomurate zone protette, dove risiedono le consorterie dei delinquenti legalizzati che, anziché in carcere – lì dentro rischiano di finirci senza indulto gli onesti che si ribelleranno, perché hanno pagato sempre Irpef, canone Rai, bollo auto, Ici… -, se ne stanno beati nelle recintate oasi dell’evasione fiscale, dell’impunità giuridica, della frode sistematica, dell’insipienza, dell’improntitudine; ogni tanto escono, come i borseggiatori che di notte salgono/scendono con la metro dalle periferie per razziare il centro di Roma; poi si rinchiudono nella loro separatezza.

E ridono, mentre  gran parte d’Italia piange; sghignazzano deridono denigrano (e)ruttano (c’è chi mica parla: emette peti dalla gola); inventano giochi a chi più distrugge – “ Dai, dai! divevtiamoci!” -, proprio come adulti regrediti alla fase anale, tra deliri di onnipotenza e d’immortalità; nuove divinità intoccabili negli intermundia, al di sopra dei comuni mortali – si capisce come, con tanti e tali ceffi concorrenti, Dio si sia ritirato dal mondo. Recitano all’Olìmpore – aprendo periodicamente (c’è un timer) le cateratte del cielo e investendo i sudditi con diluvi verbosi incoerenti e farneticanti -, al banchetto dell’indiato (mi perdoni Dante) Prostatéus: unti del Signore (Dio mi perdoni la maiuscola); battezzati dal dio Po; giocatori di Monopoli (“Io do una pvopvietà pubblica  a te e tu ne dai una a me; tanto, mica son nostve”!); occhialute  Barbie, riciclate dall’economia domestica in economiste; la dea Tristizia, scheletrica Mary Poppins a cavallo d’una falce,   gode a tagliare e devastare università, ricerca (finanziata con la fumosa tassa sul fumo!) e istruzione (tra l’altro: nei professionali mancheranno i finanziamenti per gli stage obbligatori!); Ganimede si ribella talvolta alle eccessive palpate; e poi, un gradino più in basso, supponenti di mediocre statura vaniloquenti sui massimi sistemi, macchiette grezze,  comparse grossolane, maghi che trasformano gli occhi in video e il virtuale in reale – che squallore! -. Ma si divertono, soprattutto nei giochi di società, quali: sostituire i competenti con incompetenti; trasformare l’economia politica da scienza previsionale in navigazione a vista; sostituendo le estrazioni del Lotto con l’estrazione della Finanziaria; scommettere su quanti clandestini moriranno in mare in un giorno x e dove; quale additivo sia più adatto a trasformare le camicie verdi in camicie brune; come togliere il legittimo sospetto dai mafiosi; il gioco del baro, per testare la disonestà degli eletti; quiz storico: vince chi ignora il maggior numero di date, cause e avvenimenti (un po’ distratto il Ramarri, che rimugina su come scancellare L’eredità e Passaparola, troppo intelligenti per i suoi gusti e pericolose, perché rendono gli italiani colti: telefonerà al Re Magio che aumenti il numero di ore delle trasmissioni: “Esponete in pubblico le vostre mutande sporche!”). Questi giochi  sono facoltativi;  invece, in attesa che il Cacatelli ne lasci cadere una delle sue, tutti devono sottostare al gioco dell’Oco: sfilare servili, untuosi e reverenti ai piedi del trono di Prostatéus, che li rabbuffa con un sorriso, se hanno la mandibola un po’ cadente e non caninamente aggressiva; o le labbra troppo strette e poco ondulate e i denti un po’ giallognoli o cariati; o si mostrano poco scattanti e poco  arroganti con occhi magari limpidi e non carogneschi (in questo caso, però, è prevista una punizione: scendere e salire di corsa cento volte i gradini dall’Olìmpore alla terra): poi ognuno viene collocato nella sua casella –  proprio così, non: cella – in base agli equilibri vigenti nella  libera casa chiusa; infine, dopo che a tutti è stata sostituita in una parte cerebrolesa la cassetta preregistrata di quanto dovranno dire, tornati in terra, il Premier dei Consigli, come un buon padre di famiglia, scioglie l’adunanza.

Si divertono. Ma protervi cattivi vendicativi (si vendicano di aver dovuto in passato sottostare alle leggi come i comuni mortali), ossessivi nelle loro allucinazioni devastanti; sostenitori del darwinismo sociale e della legge della selezione naturale – la società come foresta di belve, in cui sopravvive solo il più potente -; privi di un benché minimo barlume culturale, etico e morale, disturbati da fantasmi, turbe psichiche – c’è chi sembra parlare come un impasticcato da come strascica la lingua -, traumi infantili mai/mal curati; senza disciplina interiore e freni intellettuali inibitori liberano gli istinti più bassi e bestiali, esaltano il primitivismo non la socialità e la razionalità. In realtà, dominati, direttamente o indirettamente, dalla paura della morte che determina, ad un tempo, vaneggiamenti d’eternità ( lasciare macerie come ricordo perenne di sé), atteggiamenti e comportamenti ridanciani (da bambini irresponsabili o da vecchi biliosi) e la cacarella, appunto, la cui puzza esonda dalle fogne e impesta l’aria, togliendo il respiro, riducendo la visibilità, soprattutto del cielo azzurro e infinito e del verde della speranza, – non dico dell’acqua,  fonte della vita, ridotta a torrenziali melmosi razzisti volgari sproloqui – con la devolution in Padania (?) Dante diverrà un autore di lingua straniera;  e un minimo di vivibilità  sociale, civile e culturale.

Dopo di loro, niente. E neppure prima. Nanuncoli, non hanno alcun interesse a confrontarsi col passato – se sono costretti, capziosamente lo distorcono -, sarebbero schiacciati da giganti. Per essi il mondo comincia con la loro presenza in esso ed esiste solo ciò che essi fanno esistere: se loro non ‘dicono’ (nominano) una cosa o una persona, queste non esistono: emarginati o epurati. Del resto, a subumani, trasformati in macchine contabili, aliquote ambulanti, indici borsaioli, apprendisti stregoni della finanza, frodatori legalizzati, antenne televisive, fonometri…, cosa può interessare la memoria storica, lo spessore culturale individuale e collettivo? Anzi, lo rifuggono come peste minacciosa, per la loro sopravvivenza omunculare. Le nuove divinità – tali sono, avendo realizzato la coincidenza degli opposti e annullato l’ossimoro: detto e disdetto coincidono, come pure vero e falso, apparenza e realtà – alimentano e utilizzano questa deprivazione intellettuale ed emotiva diffusa  con l’unico scopo di mantenere il potere degli affaristi: dividono e frantumano, delineano scenari impossibili, come illusionisti in scena, manovratori di marionette. Infantilizzano la società, capovolgendo anche i canoni tradizionali della psichiatria (una loro riforma poco evidenziata), per cui la schizofrenia diventa normalità, non tanto perché recto e verso coincidono, quanto perché abituano alla deresponsabilizzazione: “ ‘sta schifezza l’ha pronunciata il mio leader, mica io”;  “L’ho detto, ma non l’ho detto, nel senso che volevo dire…”; condivisione e presa di distanza sono simultanee. Questo cosiddetto comun pensare (si fa per dire) e agire, come una colata di immondizia lutulenta impesta e ammorba tutti coloro che non sono dotati di antivirus o di maschere antigas (loro ‘sono’ maschere: tutti vestiti uguali, con gli stessi gesti cialtroneschi, gli stessi movimenti, gli stessi sorrisi oltraggiosi e derisori: clonati sepolcri imbiancati), li intristisce, li impoverisce dentro; sporca i rapporti interpersonali e sociali, rendendo la società sempre più simile ad una porcilaia, dove la comunicazione è sostituita da grugniti, grufolii, urla, ragliate, motteggi ed irrisioni; dove il ragionamento (altra importante loro riforma) inizia dalle conclusioni poste come premessa (di nuovo la coincidenza degli opposti): non ha una articolazione, non più un diagramma di flusso logico organico argomentato, ma un segmentino: assiomi, spot, gesto con rutto, televisionese; deturpa, quasta immondizia, ogni bellezza: il patrimonio culturale storico è soffocato dal kitsch e dallo schif: ogni baggiano si reputa una persona colta e capace mentre, per il meccanismo della negazione dell’altro (altra importante loro riforma), la persona colta, che ha dedicato una vita allo studio, alla ricerca e al dibattito sulle idee, è considerata un povero …one,  che non ha capito che la vita va per denari non per conoscenza e valori: hanno ribaltato il messaggio di Dante: “Fatti foste a viver come bruti/ non per seguire virtute e canoscenza”.  

Dall’Olìmpore delle nuove divinità piovono scaracchi e caccole e non bastano gli ombrelli a proteggersi dalla loro nauseabonda appiccicosità, che rende scivolose le strade e dubbioso il procedere ancora in questo schifo. Invero, nei cittadini, a differenza che nei sudditi, disillusione disperazione sconforto cedimento interiore chiusura nel privato rischiano di aprire una voragine, dalla quale rischiano di essere ingoiati, se non faranno emergere ed esplodere tutta la loro indignazione per questa vergogna nazionale, uscendo dall’isolamento e dalla solitudine e ritornando sulle piazze di tutti i paesi e di tutte le città d’Italia, a ritessere legami interpersonali e sociali, a ragionare e discutere del bene comune, a denunciare truffatori e prepotenti, a fare progetti, a organizzarsi per realizzare direttamente quelli ‘piccoli’ e costringere le forze di opposizione a dare respiro e realizzazione a quelli grandi: fare da soli o in antagonismo a coloro si sono eletti garantisce solo un lungo futuro necro/coprofilo. I fatalisti e i rassegnati, che non sanno o non riescono a resistere e incazzarsi, potrebbero almeno andare in chiesa che così farebbero contenti almeno i preti senza pecorelle.

Mi auguro che sia ancora valida l’affermazione di Vincenzo Cuoco, per cui “gli uomini si muovono non per raziocinii, ma per bisogni”, vale a dire che la materialità cruda della vita quotidiana prevalga sulle chiacchiere e sul bambinesco mondo virtuale. Propongo un giuoco: dividere le 24 ore della giornata in minuti e provare a calcolare per ogni piccola e grande frazione di ora quanto esce dalle nostre tasche,  ad ogni respiro e per ogni giorno dell’anno, per Irpef – diminuite le tasse e aumentate le pensioni (Fatto! )-, bollette dell’acqua, della luce, del gas, canone televisivo, bollo e assicurazione auto, affitto, spese condominiali, tassa immondizie, trasporti, abbigliamento, assicurazioni sulla casa, alimentazione, tasse scolastiche, libri, trasporti, mense… e, come uscita, il diminuito potere d’acquisto dei salari e degli stipendi erosi dall’inflazione e dai mancati aumenti contrattuali: un gioco terra terra non olimpico, ma che dovrebbe riportare un minimo di coscienza e di consapevolezza in certe zucche, che infine butterebbero la testa in dotazione e in prestito e riprenderebbero la propria, sempre che ce l’abbiano o l’abbiano avuta una propria.