Marchiato? No grazie

Prendendo ad esempio un oggetto o un bene qualsiasi, il suo valore totale è determinato da due fattori: quello tangibile – ovvero il materiale di cui è composto, la lavorazione – ed un altro intangibile che, come la bellezza, "è negli occhi di chi lo guarda" ma anche direttamente proporzionale al lavorio del Marketing.
Un alto valore aggiunto consente di far passare in secondo piano lacune o povertà della materia di cui è fatto l’oggetto e di attribuirgli un prezzo che la sua stessa natura non permetterebbe.
I soggetti percepiscono in modo differente il valore relativo delle cose (per status, cultura etc.), alcuni non lo percepiscono affatto (gli avari, ad esempio, non attribuiscono importanza a molte cose, ritenendole di fatto superflue al loro stle di vita, se ne privano/non ne godono non acquistandole e peraltro senza sofferenza alcuna).

L’educazione alla percezione del valore relativo viene perpetrata sui giovanissimi con l’imposizione di loghi e simboli sui loro beni di consumo abituali (abbigliamento, giocattoli etc.), in modo da predisporli a diventare consumatori modello da adulti.
La pressione del Marketing sulle nuove generazioni è molto più subdola, trasversale e potente rispetto a quella subita dai loro predecessori di soli 15-20 anni fa.
E questo mi è facile da osservare perchè essendo molti dei miei coetani dei veri e propri imbranati informatici, per poter parlare seriamente di queste cose, ho trovato amici moooolto + giovani di me. La prima cosa che fanno quando ti conoscono è soppesare con lo sguardo il valore dei marchi che hai addosso e rimangono piuttosto schifati se scoprono che non sei marchiato affatto.
Come dire: quello che per una generazione (la mia) era un simbolo di esclusione (essere marchiato ai miei tempi ti rendeva un deficente senza palle e senza carattere agli occhi di tutti) diventa un plusvalore per la generazione attuale che esclude chi invece non è firmato.
Evidentemente le vie di mezzo non sono di questo mondo 🙂