Marilenghe: come farsi del male da soli se un dizionario è lungo 12 anni


Quando non sono polemiche esterne create magari ad arte da chi è in cerca di facile pubblicità sparando a casaccio sul Friulano, ci pensano i Friulanisti a farsi del male da soli e con un "incompiuto" lungo 12 anni.
Un milione di euro già speso ma il “Grant dizionari bilengâl italian-furlan” è là da venire.

Dal MV di oggi

L’opposizione regionale scalpita, l’assessore alla Cultura, Roberto Molinaro, ci vuole vedere chiaro e il presidente dell’Arlef (Agenzia regionale per la lingua friulana) convoca per domani i vertici del “Cfl Lenghe 2000” che da oltre due lustri si sta occupando del Grande dizionario. «Voglio capire a che punto siamo e quanto manca per portare a conclusione quanto prima questo parto», sbotta Lorenzo Zanon. Zanon non nasconde un certo imbarazzo. «Sì – ammette – sono trascorsi 10 anni e pare che il traguardo non sia dietro l’angolo». In realtà di anni ne sono passati ben 12, giacchè fu l’allora giunta-Cruder, nel 1997, a partorire il progetto di un Grande dizionario friulano. Fu stipulata una doppia convenzione: con la Cooperative di informazione friulana e con l’Università. Ma nel 1999 a questi due enti subentrerà il Cfl 2000 (Centro Friuli Lenghe 2000), Consorzio di enti pubblici e privati tra cui l’Università di Udine, il Consorzio universitario del Friuli, la Filologica, la Cooperativa di informazione friulana, la Patrie dal Friûl, l’Union scritôrs furlans, il Circolo culturale Menocchio) cui spetterà la realizzazione dell’opera.
Il primo finanziamento regionale è stato di 72 milioni (si tratta di contributi annuali); l’ultimo, quello relativo alla convenzione del 2007, di 190 mila euro. In tutti questi anni la somma già erogata è di 1 milione, ma altri 300 mila euro dovrebbero essere pronti all’utilizzo. Una somma giudicata dai più stratosferica. Ma di recente il professor Michele Cortellazzo dell’università di Padova, cui era stata chiesto un parere complessivo sullo stato di avanzamento del vocabolario, aveva tenuto a precisare che la somma fin qui utilizzata non è assolutamente esagerata e che anzi per altre opere si è andati ben oltre questa cifra. Sarà, ma il problema è sapere a che punto è arrivata la stesura del vocabolario, che ora i più vogliono anche cartaceo e non soltanto multimediale. Ma facciamo un altro passo indietro.
Fino al 2004 la Regione finanzia il progetto del vocabolario all’Olf (Osservatorio lingua friulana) che a sua volta stipula le convenzioni annuali con il “Cfl 2000”. Nel 2004 all’Olf subentra l’Arlef (Agenzia regionale per la lingua friulana). La sede si trova a Udine, in piazza XX Settembre. Ha un consiglio di amministrazione di dieci componenti il cui presidente è, come citato, Lorenzo Zanon. Direttore è Massimo Duca e ha il compito di «responsabile dell’esecuzione delle deliberazioni e dei provvedimenti degli organi dell’Ente e degli obiettivi e degli indirizzi stabiliti dal Consiglio di Amministrazione e dal Comitato tecnico-scientifico». Lo stesso Duca è dipendente a tempo determinato dell’Arlef che conta anche su 1 persona “comandata” dalla Provincia e 4 Cococo. Infine, l’Arlef, oltre al Collegio dei revisori dei conti, dispone anche di un Comitato tecnico-scientifico i cui compiti più importanti sono quelli «di elaborare il programma annuale delle attività dell’Agenzia e i piani di politica linguistica». Annualmente l’Arlef riceva dalla Regione circa un milione di euro per la sua attività, parte della quale viene destinata appunto al Grande dizionario (una media di 100 mila euro l’anno).
Dunque, il presidente dell’Arlef e l’assessore regionale alla Cultura, Molinaro, vogliono vederci chiaro e capire a che punto è il lavoro. Di certo, mandano dire dall’Arlef, l’opera non è compiuta. Quanto ci vorrà o ci vorrebbe ancora? «Dipende da che opera si vuole realizzare – ribatte il direttore dell’Arlef –; se un mero vocabolario di base o un’opera con allegati con tutti i termini della lingua e l’analisi dei lemmi. Di questo se ne occuperà il Comitato tecnico scientifico. Ma il lavoro è assolutamente a buon punto».
Già, ma dopo 12 anni sarebbe proprio il caso di decidere per la sua pubblicazione.

4 Risposte a “Marilenghe: come farsi del male da soli se un dizionario è lungo 12 anni”

  1. Aggiornamento del 17/06/2009

    Pecile dal MV di oggi

    Dodici anni di lavoro e 1 milione già speso. Eppure il “Grant dizionari bilengâl italian-furlan” non è stato ancora partorito. L’Arlef, che tramite la Regione stipula le annuali convenzioni con “Cfl lenghe 2000”, il Consorzio che cura la stesura del vocabolario, vuole vederci chiaro. Ma intanto spunta il parere di un esperto: potrebbero essere necessari altri 13 anni per completare l’opera.

    Dunque, nel labirinto della situazione venutasi a creare, nel rimpallo di responsabilità tra enti e istituzioni, nell’incapacità o nella negligenza di dare una risposta al perché di un ritardo così evidente, l’Arlef (Agenzia regionale per la lingua friulana) che tramite la Regione cura la realizzazione del dizionario la cui setsura è di competenza del Cfl 2000, consorzio di enti pubblici e privati, ha chiesto di recente un parere al professor Michele Cortellazzo, del Dipartimento di romanistica dell’università degli studi di Padova. L’Arlef chiedeva un parere sulla congruità dei costi dell’opera, una valutazione tecnica sull’impianto informatico del suddetto dizionario e del relativo sito web, una valutazione scientifica sui contenuti e sui criteri di elaborazione, ovvero sulla validità linguistica dell’opera e dei tempi di realizzazione. Il tutto alla luce della convenzione tra l’Arlef e e il consorzio Cfl 2000.

    Leggendo la relazione dell’universitario di Padova emergono «forti preoccupazioni» proprio sui tempi di realizzazione del vocabolario. Come dire che l’opera verrebbe conclusa nel 2022. Secondo il docente universitario il lavoro svolto coprirebbe poco più del 10 per cento dell’intera opera. Ma ecco il passaggio testuale cosi come fatto pervenire dal docente all’Arlef: «Se si considera che, senza tenere conto delle polirematiche, il Gradit contiene 214.771 unità monorematiche (alle quali si possono aggiungere i neologismi presenti nei supplementi del 2003 e del 2007), delle quali 53.582 di uso comune (marche d’uso Fo, Au, Ad, Co), il lavoro finora svolto copre poco più del qo per cento dell’intero vocabolario di riferimento e circa il 36 per cento del lessico comune». Poi, il colpo finale: «Procedendo al ritmo attuale di circa 12 lemmi all’anno, la previsione del completamento dell’opera è di circa tre anni per il lessico comune e di ulteriori tredici anni per il resto del lessico. Il mio giudizio è che si tratta di un lasso di tempo eccessivamente lungo e che devono essere individuate soluzioni per accorciare i tempi di realizzazione dell’opera».

    I tempi di realizzazioni, dunque, al di là dei costi. Tutti concordano, ma al momento nessuno trova una soluzione. Si agita l’assessore regionale alla Cultura, Molinaro, che dovrebbe “governare” la situazione; si agita l’opposizione che per bocca dell’Idv lancia strali dimentica che dopo lunghi dodici anni le responsabilità sono di tutti i governi regionali che si sono susseguiti.

    Regione, Arlef, Comitati scientifici vari sono adesso costretti a correre ai ripari, ad accelerare per dare una risposta certa ai tanti, troppi legittimi dubbi.

  2. Aggiornamento del 18/06/2009

    L’assessore regionale all’Istruzione e alla Cultura, Roberto Molinaro, “assolve” il “Grant dizionari bilengâl italian-furlan”. E, anzi, sostiene che l’opera dovrà essere completata. Come? Tempi e modalità – spiega – dovranno essere decise dall’Arlef (Agenzia regionale per la lingua friulana).

    Molinaro è giunto a questa conclusione dopo l’incontro di ieri sera con i vertici dell’Arlef, che tramite la Regione garantisce la realizzazione del vocabolario, e quelli del Cfl 2000, il Consorzio cui spetta la stesura del dizionario. Insomma, “assoluzione” piena sulla tempistica (già dodici anni di lavoro), sui ritardi (non si sa quanto tempo ci vorrà ancora per completare l’opera) e sui costi (già speso circa 1 milione di euro)

    Per Molinaro quella di ieri è stata una riunione importante «che ha consentito di chiarire alcuni aspetti di questa opera opera strategica non emersi in questi giorni». L’assessore aggiunge che «il lavoro parte per creare un dizionario in digitale, originariamente non destinato alla stampa, ma di pronta utilizzazione con modalità informatica». Non solo, ma questa opera – aggiunge Molinaro – «ha ottenuto un riconoscimento di livello internazionale; c’è l’università di Stoccolma che in pratica ha copiato l’impianto del dizionario curato dal Cfl 2000 e lo ha fatto diventare la base di un vocabolario italiano-svedese con cui collabora anche le università di Pisa e Macerata». E ancora: «Il dizionario nella formula informatica è già disponibile dal 2005 e viene ampiamente utilizzato. Ci sono stati almeno 200 mila accessi ai singoli lemmi e risultano “scaricate” ben 5 mila copie del lavoro. Ciò significa che si tratta di un’opera che ha una diffusione non solo tra gli studiosi, ma anche tra le scuole. Come dire che è un’opera strategica» Infine, rispetto allo stato di attuazione del lavoro e alle osservazioni del professor Cortellazzo («di questo passo ci vorranno altri 13 anni per concludere l’operar») sarà il Comitato tecnico scientifico dell’Arlef a esprimersi» Dunque, «il lavoro sarà completato» anche perché «le risorse sono assolutamente sufficienti. Quelle spese finora ammontano a 940 mila euro».

    E sulla vicenda interviene il senatore del Pdl, Ferrucio Saro. Che dice tra l’altro: «Le istituzioni pubbliche devono giustamente agire per valorizzare il friulano, ma da ciò a investire cifre importanti in maniera indeterminata quanto alle tempistiche di realizzazione sembra poco lungimirante, soprattutto in un contesto di crisi economica come quella che stiamo tragicamente vivendo, anche sul nostro territorio dove mobilità e cassa integrazione straordinaria svettano e ogni giorni si contano nuovi disoccupati e una povertà in drammatico aumento. Gli aspetti culturali non possono essere monopolizzati dalle lingue minoritarie che devono, naturalmente, ricoprire una parte del bilancio, ma non assorbire quote considerevoli sine die».

  3. Aggiornamento del 18/06/2009

    Ogni momento di faticoso avanzamento della lingua friulana sulla strada della sua tutela e valorizzazione è stato accompagnato da polemiche. Coloro che cercano di realizzare in Friuli una politica linguistica per la lingua friulana non fanno altro che cercare di seguire i percorsi di tutela e di potenziamento linguistico che altre lingue europee più fortunate e pienamente riconosciute come il ladino in Svizzera e il catalano in Catalogna hanno già percorso. Eppure qui molti alzano barriere credendo di avere l’autorità di opporre grandi argomenti, quelli che in quei paesi sarebbero indizio di incompetenza e motivo di vergogna.

    Attraverso la stampa questa volta se la sono presa con i costi dei lavori sul GDB TF del CFL2000 (Centri Friûl Lenghe 2000) promosso dall ‘Olf (Oggi Arlef – Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane) a partire dal 1999, presentato a Udine nel 2005 con i complimenti del prof. Tullio De Mauro ed alla sua presenza, una volta raggiunti i 6.500 lemmi del vocabolario di base. E se la son presa con le sue scelte linguistiche. Tre sono i generi di oppositori, quelli che non amano la lingua friulana e la vorrebbero morta, e quelli che l’amano, ma la pensano usata nel solo ambito paesano e domestico (dal quale, invece, per una distorta visione del suo valore, l’uso con i figli delle lingua friulana per una buona percentuale è stata ormai esclusa); il terzo oppositore è il friulanista che conduce battaglie solitarie contro tutto e contro tutti, convinto di essere il solo competente a tracciare la giusta via per la lingua.

    Parliamo dei costi. Esiste un documento del prof. De Mauro che afferma in sintesi che i lemmatizzatori del GDB TF lavorano sottocosto, ed il costo medio dei lemmi è inferiore al dovuto. Ora esiste anche un documento di Michele Cortellazzo di Padova, richiesto dall’Arlef, che, secondo quanto affermano fonti ben informate, dice che i costi dei lemmi sono congrui, nel senso che non superano il dovuto. E io aggiungo che ben altri e immensamente maggiori di quelli della nostra Regione sono gli investimenti della Catalogna per il Termcat (il CFL2000 di quel paese), che si occupa della terminologia del catalano. Comunque spero che l’Arlef chiarisca presto queste faccende e non lasci che parlino sulla stampa solo i disfattisti.

    L’opposizione alle scelte linguistiche si manifesta come opposizione alla preparazione di dizionari della lingua comune (koinè), che dicono dannosa per le varianti territoriali, e come opposizione alla introduzione di neologismi. Dovrebbero sapere che anche il Pirona ed il Faggin sono in sostanza dizionari della lingua comune, quella che si è affermata a partire da 1600 con Ermes di Colloredo, e che la preparazione di un dizionario della lingua comune non esclude la preparazione di dizionari delle varianti. Nessuna lingua ora può fare a meno di un dizionario della lingua comune se vuole sopravvivere, e la lingua comune è solo una delle varianti con una sua funzione specifica: queste hanno bisogno di quella. Anzi, il GDB TF è stato concepito per accogliere anche i lemmi delle varianti nelle sue schede, solo che la preparazione di essi è lavoro che va pagato, e non mi risulta ci sia ancora disponibilità finanziaria regionale sufficiente per questo genere di ricerca. In quanto ai neologismi, essi prima di tutto devono essere tali da rispettare la forma propria della lingua, poi essi devono essere proposte accettabili nell’uso per la immediatezza del significato, quanto più è possibile.

    Questa operazione non sempre riesce bene; i dizionari delle lingue minoritarie possono a volte non centrare l’obiettivo con qualche lemma, ed il Grant Dizionari bilengal Talian-Furlan non è esente da questo rischio.

    Ma esso è anche aperto alle correzioni essendo su base elettronica. Le lingue maggioritarie introducono i neologismi prendendoli dall’uso (l’italiano, nella sua anglofilia, ora preferisce ‘week end’ a ‘finesettimana’, per esempio); le lingue minoritarie li devono introdurre deliberatamente nell’uso per vie diverse, considerato il loro status.

    Ciò che il Grant dizionari bilengal non potrà mai fare, senza venir meno al suo scopo generale di promozione, è quello di lasciare vuoti di lessico riempiti malamente da parole della lingua italiana, nella forma italiana, nemmeno come prestiti ordinari, ma come effetti di minorizzazione e sciatteria linguistica di chi riserva status all’italiano nello stesso tempo che lo nega al friulano.

    Luigi Del Piccolo

    esperto di lingua friulana

  4. Aggiornamento del 18/06/2009

    Applicare nell’anno scolastico che comincerà a settembre la legge regionale sul friulano; predisporre un piano pluriennale di risorse necessarie per l’applicazione della norma; emanare il regolamento attuativo.

    Sono le richieste che saranno presentate domani all’assessore regionale alla Cultura, Roberto Molinaro, da una cordata che schiera il presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, il sindaco della città, Furio Honsell, il rettore dell’ateneo friulano, Cristiana Compagno, l’Arcidiocesi di Udine con il suo vicario generale, monsignor Giulio Gherbezza, e Gianfranco D’Aronco, il presidente del Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli che nei giorni scorsi si è fatto promotore di un appuntamento per mettere a punto le proposte condivise da sottoporre alla Regione.

    La recente sentenza della Consulta che ha censurato alcune parti della legge, è il ragionamento di fondo del gruppo, “non significa una bocciatura della norma”, perché l’intervento della Corte riguarda “le modalità con cui i principi, cioè possibilità di insegnamento nelle scuole e uso del friulano nella pubblica amministrazione, si esercitano. Senza contare che – si aggiunge – molte parti della stessa non sono state toccate dalla sentenza”. Dunque, è la conseguenza del ragionamento, si renda operativa la legge.

    Da qui le sollecitazioni che saranno sottoposte all’assessore, con la richiesta preventiva alla Regione di rendere noti, anche in collaborazione con l’autorità scolastica, i dati relativi alla richiesta, nelle scuole, di insegnamento della lingua friulana e al suo uso veicolare nell’ultimo anno scolastico e nel precedente, per conoscere nel dettaglio il “reale interesse per la marilenghe”.

    La norma, poi, entri con i suoi effetti tra i banchi già da settembre e, soprattutto, a Molinaro si chiede di predisporre un piano pluriennale delle risorse, presupposto per una programmazione di respiro e in grado di garantire continuità formativa nei vari ordini e gradi scolastici, a seconda della specificità degli stessi.

    Lungi dal aver fiaccato gli animi e la volontà di veder applicati i diritti sanciti dalla Costituzione, la recente sentenza della Consulta offre alle istituzioni locali friulane forza per un ulteriore sprone all’assessore. «In prospettiva – dice il gruppo -, è opportuno che la Regione si adoperi per una revisione delle norme di attuazione dello Statuto speciale per ampliare la propria competenza in materia di minoranze. È la Consulta stessa – si evidenzia – ad indicare questa strada per superare alcuni limiti della legge nazionale 482/99”, ovvero la cornice entro cui può operare il legislatore regionale». Richiesto anche il pressing per un adeguamento finanziamento statale della norma

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