Momix grandi come sempre

Sorprendono. Come sempre. E infiammano la platea del Rossetti, che per quattro repliche è stra-esaurita. Il tour italiano 2007 dei Momix è partito proprio da Trieste con Sun flower moon, lo spettacolo di Moses Pendleton che è stato creato in occasione del 25mo anniversario del gruppo. Dopo l’ironico Momix Show, Opus Cactus e il loro The Best of, ecco Sole, fiore, luna, che ci proietta in un mondo vegetale e lunare che è reale e onirico allo stesso tempo. È il nostro mondo quello che vediamo in scena, amplificato, dove colano suggestioni melanconiche gioiose vitali. Un mondo però che lentamente sta spegnendosi e quindi la compagnia lancia il suo appello sulle punte a salvaguardare l’ambiente. E lo fa con questo spettacolo, con i ballerini che si trasformano in tanti esseri monocellulari che poi si moltiplicano, visti dietro a un sipario su cui vengono proiettate immagini ingrandite sdoppiate come in un caleidoscopio.<br />
Dodici gli interpreti che, inguainati in tute optical disegnate da Phoebe Katzin, Moses Pendleton e Cyntya Quinn, perdono sembianze umane per rinnovarsi in qualcosa di evanescente fluttuante magico. Se le invenzioni create in questo spettacolo sono sempre incredibili – qui è utilizzata la tecnica del teatro nero con le immagini che si muovono repentinamente o ruotano in maniera ipnotica –, la danza però passa in secondo piano. Si possono intuire le capacità acrobatiche dei ballerini che risaltano meglio nel pezzo conclusivo degli applausi, dove ognuno si presenta ballando qualcosa. D’altra parte, questo è teatro d’illusione, capace di creare nuovi mondi dove vagabondare con la mente e con gli occhi per un po’.
White Arcades, il pezzo d’apertura, è davvero emozionante con queste quattro coppie, mezze bianche e mezze nere, che toccandosi e respirando diventano un unico organismo. Che può nuotare nell’aria perché è sollevato dal compagno nerovestito o in altri casi può fluttuare grazie a cavi sospesi o carrelli. L’impressione è che siano figurine mesmerizzate – non a caso alla fine dello spettacolo compaiono degli spettri agitatati da una lunga asta –. I disegni creati dai ballerini sono rubati dal mondo dell’arte. Certi incroci di braccia e gambe ricordano le figurine di Keith Haring, ma anche il pezzo sulle meduse con quegli abiti che si avvitano su stessi ricorda l’installazione di Ursula Neugebauer Tour en l’air. Ritornano i giochi con i palloni, i guizzi delle corde fluorescenti, il roteare dei ventagli, ma ci si stupisce, ed è un momento veramente angelico, il volo degli uccelli o strabilia il repentino ritorno alla legge del più forte che mangia il più piccolo. La battaglia dei ragni ricorda la lotta tra dinosauri in Fantasia che Walt Disney creò sulla partitura della Sagra della primavera. Qui a emozionare assieme al movimento le musiche di Brian Eno, Waveform, Hans Zimmer Buddha Experience. Dopo la lotta per la sopravvivenza, l’armonia dell’universo ritorna con la creazione di una meravigliosa stella su cui il sipario si abbassa. Per un po’ anche lo spettatore ha fatto un magnifico viaggio in un mondo alla Jules Verne