Sappada: stagione sciistica di nuovo in bilico, FriulAdria vuole 3,5 milioni da Fingefa


Mentre domani il nostro consiglio regionale sarà chiamato a dare il suo parere sulla richiesta dei cittadini di Sappada di diventare Friulani (uno dei passaggi necessari per permettere al Parlamento italiano di ratificare il cambio di appartenenza) il centro turistico non sembra avere pace e sembra rimessa in discussione la stagione sciistica invernale: lora è ’azione della banca FriulAdria a mettere a repentaglio l’attività sciistica del comprensorio 

 

LUANA DE FRANCISCO dal MV di oggi
 
 Il futuro di Fingefa, la società partecipata dall’Ente friulano di assistenza e dalla cooperativa Ge.Tur, comincia a scricchiolare. Messa da poco più di un mese in liquidazione volontaria insieme con le sue sei società “satellite” – tutte nell’orbita della Fondazione d’ispirazione cattolica, alla cui presidenza, con un ribaltone a dir poco clamoroso, l’estate scorsa l’arcivescovo Bruno Mazzocato ha insediato l’ex presidente della Regione, Giancarlo Cruder –, la Finanziaria gestione e assistenza è finita in questi giorni nel mirino di uno dei suoi creditori. E non di uno dei tanti fornitori, bensì di uno degli istituti di credito diventati, negli anni della precedente “reggenza”, serbatoio prezioso per prestiti e fidi: la Banca popolare FriulAdria. Che, con un’azione a sorpresa, nei giorni scorsi ha presentato al tribunale di Udine un’istanza di fallimento nei confronti di Fingefa. In ballo, un debito di circa 3,5 milioni di euro. Soldi che, stando alle prime stime sul presunto passivo accumulato da Fingefa e dalle sue partecipate durante la gestione di don Luigi Fabbro e del suo braccio destro, il commercialista Franco Pirelli Marti, rappresenterebbero soltanto una piccola parte del “buco”, complessivamente calcolato in una trentina di milioni di euro.
Carte in tribunale. La “crociata” dei creditori, dunque, parte dal sistema bancario. Ma la Chiesa, almeno dai primi segnali, sembra orientata a non cedere. O meglio, a non usare preferenze e a continuare lungo la strada imboccata con la formula della liquidazione volontaria. «Spiace che sia stata proprio una banca a dare inizio a questa “danza” – afferma Cruder –. Si tratta di una mossa spiazzante e che interrompe un percorso di trasparenza, finalizzato a quantificare il valore reale dei crediti e dei debiti contenuti nelle società». Un’operazione a tappe: prima, l’affidamento dell’incarico di liquidatore al commercialista udinese Giuseppe Bertoli, poi la stesura dell’elenco dei creditori e una perizia asseverata dei cespiti attivi e passivi, infine, il ripiano dei danni. Con l’istanza depositata in tribunale, FriulAdria contesta un debito complessivo di 3,5 milioni: 1,5 direttamente con Fingefa e gli altri 2 come fideiussioni di questa a Cogefa. Il caso sarà discusso dal giudice relatore nell’udienza fissata per mercoledì.
Il male minore. Che la situazione fosse critica era da tempo noto. Ma che una delle banche rimaste scoperte potesse rompere gli indugi e promuovere uno “strappo” del genere con il passato ben pochi lo credevano possibile. Da qui, la doppia convocazione fissata per oggi del Cda di Ge.Tur e di quello dell’Efa. «Informeremo i due Consigli di quanto sta accadendo – spiega Cruder – e, con i dati attualmente a nostra disposizione, discuteremo il da farsi. I conti – continua – non sono a nostro favore: in base alle carte fin qui accertate, risulta un indebitamento di circa 30 milioni di euro, a fronte di un attivo, specie in termini di beni immobiliari, pari una decina di milioni. Ma si tratta di numeri ancora assolutamente parziali, visto che all’appello mancano diversi documenti, molti dei quali relativi a Ski program». Una corsa contro il tempo, dunque, che ora rischia di annullarsi in un’eventuale dichiarazione di fallimento. «Non ci voleva: adesso diventa tutto più difficile – afferma Cruder –. Domani (oggi, ndr), valuteremo due ipotesi d’azione: da una parte, impegnarsi a reperire le somme necessarie a ristorare la massa dei creditori, strada che personalmente reputo impercorribile; dall’altra, lasciare che le cose vadano per il loro verso e che a decidere sia il giudice, strada che appunto volevamo evitare attraverso la formula della liquidazione volontaria». Il che, secondo Cruder, escluderebbe anche un risultato positivo per FriulAdria. «Nutro forti dubbi – dice – sul fatto che chi ha chiesto il fallimento di Fingefa possa trarre i benefici economici auspicati. Avrebbe avuto più possibilità, se avesse aspettato la fine del lavoro affidato al liquidatore. D’altra parte, non sarebbe corretto privilegiare un solo creditore, rispetto a tutti gli altri». Nel novero, anche la Banca popolare di Cividale. Ma su questo punto, Cruder preferisce glissare. «Dell’argomento – taglia corto – ci occuperemo più avanti».
Le ricadute su Sappada. Risolta la grana della stagione invernale di Sappada, che rischiava di saltare a causa della chiusura degli impianti imposta dal tribunale di Belluno per un’istanza di pignoramento ritirata proprio nei giorni scorsi, ora è l’azione di FriulAdria a mettere a repentaglio l’attività sciistica del comprensorio. «Se cade Fingefa – ricorda Cruder –, cadono come birilli anche tutte le sue partecipate. Comprese Ski program e Tuglia sci, che degli impianti sappadini sono le proprietarie. Da FriulAdria – continua –, con la quale abbiamo sempre intrattenuto rapporti di grande chiarezza, ci saremmo aspettati un supplemento di riflessione, visto che in ballo non ci sono soltanto aspetti di natura economica, ma anche questioni sociali di grande rilievo per il territorio».

5 Risposte a “Sappada: stagione sciistica di nuovo in bilico, FriulAdria vuole 3,5 milioni da Fingefa”

  1. aggiornamento del 23/11/2010

    La definisce la “favola del buco” e, per demolire le accuse di malagestione che gli sono state mosse contro dai nuovi vertici dell’Efa e di Ge.Tur, le contrappone “la realtà dei numeri”. Quelli che mostrano un sostanziale pareggio tra le attività e le passività di Fingefa e delle sue sei partecipate. A tre mesi dalle dimissioni dalla presidenza della Cooperativa e delle sue società “satellite” e all’indomani dell’istanza di fallimento di FriulAdria nei confronti di Fingefa, il commercialista Franco Pirelli Marti rompe il silenzio. E, carte alla mano, gira sui nuovi arrivati la responsabilità di un patrimonio «ormai – dice – irrevocabilmente compromesso».

    Il rimpallo delle colpe. Pirelli Marti non si limita a negare il “buco” presunto di 30 milioni di euro e a rispedire al mittente le accuse, ma sceglie di passare al contrattacco, attribuendo alla «totale inerzia di gestione» degli ultimi mesi – quella subentratagli dopo il “ribaltone” estivo voluto dall’arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato – la causa scatenante dell’istanza di fallimento depositata nei giorni scorsi al tribunale di Udine da FriulAdria e, lascia intendere, anche di quelle che eventualmente le seguiranno. Due i nomi sul libro nero del commercialista: il presidente dell’Efa, Giancarlo Cruder, e il consigliere della stessa, nonchè liquidatore di Fingefa e delle sue sei partecipate, Giuseppe Bertoli. «Sono stati loro – afferma Pirelli Marti – e, in particolare, il temporeggiare di Bertoli, a portare alla situazione attuale, che vede il patrimonio della Fondazione e della cooperativa di gestione Ge.Tur, socie partecipate di Fingefa rispettivamente con il 14 e l’81 per cento delle quote, ormai compromesso in modo irrevocabile». Nessuna responsabilità, invece, in capo a don Luigi Fabbro, allora presidente dell’Efa e che, ora, Pirelli Marti cerca di tenere in disparte. «In nessuno dei Consigli – dice – era presente monsignor Fabbro. Piuttosto – aggiunge – è bene ricordare che le varie iniziative erano deliberate da un Cda assistito da tanto di collegio sindacale».
    La verità dei numeri. L’“arringa” di Pirelli Marti, che di Ge.Tur è stato presidente dal 2001 al 2009, passa attraverso le carte contabili di Fingefa e delle altre sei società. Da una parte, la colonna delle attività: terreni (5,3 milioni di euro), fabbricati (17), sciovie (19,7) e beni mobili e attrezzature (1,2), per un totale di 43 milioni 223 mila euro. Dall’altra, quella delle passività: le somme dovute alle banche (oltre a FriulAdria, anche la popolare di Cividale, Unicredit e la Cassa di risparmio Fvg), per complessivi 29 milioni, i debiti con i fornitori (11,6 milioni) e quello con il Comune di Sappada (1,7), per un totale di 42 milioni 321 mila euro. Risultato: un pareggio che, secondo il vecchio Cda, gode anche del vantaggio di vedere il grosso dei debiti verso le banche (circa 22 milioni) mutuato per oltre 20 anni. «Altro che “buco” milionario», sbotta Pirelli Marti, che dei nove anni di Ge.Tur ama ricordare l’incremento di 42 milioni di euro procurato all’Efa tra costruzioni e ristrutturazioni a Lignano e Piani di Luzza. «La verità – dice – è che nei Cda dell’Efa, prima del “colpo di mannaia” del vescovo, erano state più volte illustrate le relazioni sulla consistenza del patrimonio a Sappada ed erano stati anche presentati due progetti di ripianamento del debito».
    Semina senza raccolto. Come dire, insomma, che le premesse per evitare il fallimento c’erano tutte. «Gli investimenti a Sappada, cioè la realizzazione di 24 appartamenti e la pista “Pian dei Nidi” – continua Pirelli Marti – sono stati effettuati ponderando il loro rientro finanziario a medio e lungo termine. Rientro che, però, è stato interrotto (con il cambio dei vertici, ndr) proprio nel momento in cui si stavano realizzando le condizioni di vendita e guadagno, che ci avrebbero permesso di ridurre l’indebitamento dovuto agli investimenti sugli impianti». Ma non è finita. Perchè, dopo l’uscita di scena del vecchio Cda e prima della messa in liquidazione volontaria di Fingefa di fine ottobre, Pirelli Marti ricorda come i nuovi vertici avessero ricevuto due successive offerte per l’acquisto delle azioni di Fingefa e delle sue controllate da un gruppo formato in gran parte da creditori.
    Efa, decisione sospesa. Rinviata a venerdì, intanto, qualsiasi decisione in merito alla strada da intraprendere ora che FriulAdria ha portato le carte in tribunale. Del caso si sono occupati ieri i Cda dell’Efa e di Ge.Tur, convocati da Cruder anche per fare il punto sullo stato economico e patrimoniale delle società.

  2. Aggiornamento del 26/11/2010

    di LUANA DE FRANCISCO

    UDINE. Potrebbe arrivare da una cordata formata dagli stessi creditori di Fingefa e delle sue sei partecipate la via di fuga al possibile fallimento della compagine societaria controllata dalla cooperativa Ge.Tur e dalla Fondazione Efa. Ossia, dal sistema di forze d’ispirazione cattolica finito al centro del ribaltone con il quale, l’estate scorsa, l’arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato aveva azzerato i vecchi vertici e assegnato la presidenza a Giancarlo Cruder.
    L’idea porta la firma di un gruppo di imprenditori, guidato dalla cooperativa Celsa di Latisana e dalla Stratex di Sutrio e coordinato dall’immobiliare Paulin di Udine: rilevare Fingefa (acronimo che sta per Finanziaria gestioni e assistenza) e le sue sei società “satellite” (Ski program e Tuglia sci, proprietarie degli impianti di risalita di Sappada, oltre che Ibisco, Costa Rei, Monte Ferro e Monte Sierra) e vendere impianti e piste a Ge.Tur o Efa. Molteplici, secondo i proponenti, i vantaggi che un’iniziativa del genere garantirebbe al territorio. A cominciare proprio dalla concreta possibilità di vedere scongiurato il rischio del fallimento di Fingefa e, a catena, delle sue controllate. Tutte messe da poco più di un mese in liquidazione volontaria. E tutte interessate da un indebitamento complessivamente valutato, al momento, in una trentina di milioni di euro.
    Lasciando la proprietà degli impianti sciistici a Ge.Tur o Efa, inoltre – sempre a sentire la cordata coordinata da Paulin e, a quanto pare, pronta ad allargarsi anche ad altri creditori – si metterebbe l’attività di turismo assistenziale delle colonie di Piani di Luzza al riparo dalle incognite di un’eventuale cambio di gestione. Non meno importanti, vista la portata delle attività e degli investimenti in gioco, i riflessi che un’operazione di “salvataggio” del genere avrebbe sul piano occupazionale. Stando a una stima approssimativa del gruppo che ha elaborato il piano, il fallimento delle sette società porterebbe alla perdita di una cinquantina di posti di lavoro, indotto compreso.
    Del progetto, che le imprese capofila e l’immobiliarista udinese avevano presentato già al Cda di Efa e Ge.Tur lo scorso 4 ottobre, si è discusso ieri, nel corso di una serie di incontri al vertice con la Banca popolare FriulAdria. Cioè, con l’istituto di credito che, nei giorni scorsi, ha presentato al tribunale di Udine istanza di fallimento nei confronti di Fingefa, a fronte di un credito pari a poco più di 3,5 milioni di euro. Ebbene, a quanto appreso, la proposta ha trovato FriulAdria non soltanto interessata, ma anche disponibile a sospendere per 30 giorni, a partire da lunedì – quando le parti si ritroveranno davanti al giudice relatore del tribunale fallimentare –, i termini della propria istanza. Un’apertura di cui lo stesso liquidatore, il commercialista udinese Giuseppe Bertoli, che proprio per oggi ha convocato l’assemblea dei soci di Fingefa, potrebbe tenere conto, in vista di una soluzione positiva al vicolo cieco nel quale la compagine societaria pare finita.
    Nel novero delle banche che, oltre a FriulAdria, vantano crediti milionari nei confronti di Fingefa e delle sue controllate figurano anche la Cassa di Risparmio Fvg, Unicredit e la Banca di Cividale. Tra i fornitori, invece, la stessa Stratex e la cooperativa Celsa, impresa di costruzione impegnata a Sappada nella realizzazione di un parcheggio e di alcuni immobili.

  3. aggiornamento del 02/12/2010

    dal gazzettino di oggi

    La stagione invernale di Sappada è salva, da sabato si apriranno le piste e l'intera comunità potrà tornare così a sorridere dopo settimane di sofferenza. Ieri pomeriggio c'è stata l'attesa firma sull'accordo di gestione degli impianti di risalita tra la società "Campetti Sappada 2010", costituita un mese fa da un gruppo di operatori locali sappadini (partecipati anche dalla Efa) e il liquidatore della Fingefa, il commercialista udinese Giuseppe Bertoli, chiamato a gestire i conti della finanziaria. Come illustrato da Danilo Quinz, presidente della società "Campetti", l'accordo permetterà «l'utilizzo in comodato per quattro mesi, sino quindi ad aprile 2011, delle seggiovie per il Monte Siera, la Pista Nera ed i Campetti». Impianti appartenenti alla Ski Program, le cui aperture prospettate, spiega ancora Quinz, «potrebbero scattare già da questo sabato». Rimangono invece per il momento ancora inutilizzabili gli impianti sottoposti al pignoramento scattato in ottobre su istanza di Friuli Elettroimpianti, ma sui quali si spera di poter contare entro pochi giorni. Grande soddisfazione è stata espressa anche dal sindaco sappadino Alberto Graz: «L'accordo ci permetterà di garantire un’offerta qualificata al nostro paese e nello stesso tempo permetterà di conservare la settantina di posti di lavoro che ruotano attorno alla gestione delle piste, oltre poi all'indotto». Ad aprile 2011 poi si vedrà. «Attenderemo gli sviluppi – conclude Quinz – aspetteremo di sapere se la società Fingefa fallirà, se verrà nominato un curatore fallimentare, ma ora è il momento di metterci all'opera, non c'è più tempo da perdere anche perché c'è da sparare la neve e battere le piste».

  4. aggiornamento del 03/12/2010

    di LUANA DE FRANCISCO

    UDINE. Nel pomeriggio, la sentenza di fallimento di Fingefa. Poi, di sera e fino a notte fonda, la perquisizione della Guardia di finanza nelle abitazioni e negli uffici del commercialista Franco Pirelli Marti e di don Luigi Fabbro. Entrambi, dopo la dichiarazione del crac, finiti nel registro degli indagati della Procura di Udine per l’ipotesi di reato di concorso in bancarotta fraudolenta. Nell’aria da tempo, lo tsunami che mercoledì si è abbattuto sulla compagine societaria proprietaria, tra l’altro, degli impianti di risalita di Sappada, ha investito anche i suoi vecchi vertici. Quelli che l’arcivescovo di Udine, Andrea Bruno Mazzocato, aveva messo alla porta l’estate scorsa.

    L’inchiesta. Dalla serata di mercoledì, dunque, nella turbolenta vicenda di Fingefa si è aperto anche un capitolo che parla di possibili responsabilità penali. Bancarotta fraudolenta aggravata l’ipotesi di reato della quale il procuratore aggiunto di Udine, Raffaele Tito, titolare del fascicolo, ha chiamato a rispondere Pirelli Marti, che della società è stato presidente dalla sua costituzione allo scorso giugno, quando rassegnò le dimissioni, e monsignor Fabbro, subentratogli a quel punto, in quanto già presidente di Ge.Tur, socia di maggioranza di Fingefa.
    Le perquisizioni. Il blitz del Nucleo di polizia tributaria di Udine è scattato immediatamente dopo la sentenza di fallimento dichiarata dal tribunale nel pomeriggio. Nel mirino dei finanzieri, che hanno agito su delega del magistrato, le abitazioni degli indagati, entrambi residenti a Tricesimo, e gli uffici udinesi di Pirelli Marti, dove la perquisizione è proseguita fino a mezzanotte. L’operazione si è conclusa con il sequestro di diversi documenti, cartacei e su file, relativi all’attività di Fingefa e delle sue partecipate. Nel decreto di perquisizione, infatti, si fa espresso riferimento all’istanza di autofallimento che il liquidatore di Fingefa e delle sue sei società “satellite”, il commercialista udinese Giuseppe Bertoli, ha dichiarato come imminente. E che, dunque, potrebbero a loro volta offrire le condizioni di procedibilità, per aprire un nuovo fronte penale.
    Le difese. Pur con tutte le prudenze del caso, l’avvocato Maurizio Miculan, difensore di don Fabbro, si dice certo di poterne sostenere l’assoluta estraneità. «Quando è stato nominato presidente di Fingefa, lo scorso 22 giugno – dice – il bilancio 2009, dal quale è emersa una situazione cristallizzata d’insolvenza, era già stato approvato». Quello del prete, inoltre, «è stato un incarico istituzionale: messo in sella per due mesi, per colmare una vacatio». Preferiscono attendere l’esame delle carte, invece, gli avvocati Luca Ponti e Vincenzo Cinque, difensori di Pirelli Marti.
    Operazione lampo. A colpire e, probabilmente, anche a spiazzare tutti, a cominciare dai diretti interessati, è stata l’estrema rapidità con la quale la “pratica”, una volta passata dai tavoli del collegio fallimentare a quelli della magistratura inquirente, ha messo in moto la macchina investigativa. Una tempestività probabilmente determinata dall’immediata acquisizione tanto della sentenza dei giudici, quanto della memoria difensiva e delle dichiarazioni rese dal liquidatore nell’udienza del 24 novembre.
    Buchi insanabili. «Quando ho cominciato a esaminare la situazione di Fingefa, mi sono trovato di fronte a un quadro disastroso»: Bertoli parla a ruota libera, ora che il tribunale ha sciolto le riserve. «In cassa c’erano 33 euro – dice –. Zero liquidità, a fronte di un indebitamento pesantissimo». Calcolato, per ora, in una trentina di milioni di euro, di cui 3,5 nei confronti di FriulAdria, la banca che nei giorni scorsi aveva depositato l’istanza di fallimento da cui ha preso il via la procedura. Tutte valutazioni fatte proprie dal tribunale. Che, nelle motivazioni della sentenza, parla di «reale e irreversibile stato di insolvenza» e «impossibilità a far fronte con mezzi normali alle obbligazioni assunte». E che ricorda come i soci non abbiano provveduto a rifinanziare la società, «essendosi alcuni limitati a prospettare delle eventuali soluzioni prive di qualsiasi concreta incidenza sulla gravissima crisi di liquidità che paralizza Fingefa».
    Il salvataggio di Sappada. L’unica buona notizia arrivata alla fine dell’“infausto” mercoledì riguarda l’accordo che Ski program, Tuglia sci e Monte Sierra – tre delle sei partecipate di Fingefa – hanno firmato, attraverso il liquidatore, con “Campetti Sappada 2010”, società costituita un mese fa da un gruppo di operatori locali e nella quale, a breve, entrerà anche Ge.Tur., per il comodato gratuito degli impianti di risalita: al via da oggi al 30 aprile.

  5. Aggiornamento del 04/12/2010

    dal MV di oggi

    Un disastro annunciato: l’istanza di fallimento in proprio di Ski program e Tuglia sci, depositata giovedì mattina dal liquidatore delle due società partecipate di Fingefa, il commercialista Giuseppe Bertoli, non è soltanto la naturale conseguenza di un terremoto che, negli ultimi mesi, ha investito l’intera compagine societaria d’ispirazione cattolica controllata dalla cooperativa Ge.Tur e dalla fondazione Efa, ma anche uno degli elementi “indiziari” centrali dell’inchiesta giudiziaria, avviata dalla Procura di Udine subito dopo – questione di poche ore appena – la dichiarazione del crac. Perchè dell’autofallimento di due delle sei partecipate della “moritura” Fingefa – le più “pesanti” in termini patrimoniali, essendo proprietarie degli impianti di risalita di Sappada – il liquidatore aveva parlato già al giudice relatore del tribunale di Udine. E perchè a quella stessa previsione il sostituto procuratore Raffaele Tito, titolare del fascicolo che vede indagati per l’ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta il commercialista udinese Franco Pirelli Marti e don Luigi Fabbro, aveva fatto espresso riferimento nel decreto di perquisizione notificato dalla Polizia tributaria ai due ex presidenti di Fingefa. Il cerchio si chiuderà la settimana prossima, quando il tribunale si riunirà, per decidere se dichiarare o no il fallimento delle due società. Anche in questo caso, Bertoli si è espresso in termini che lasciano pochi margini a qualsiasi speranza di salvataggio: «Stato di completa e palese insolvenza – ha affermato –, anche a seguito dei molteplici atti di richiesta dei creditori». Tradotto in numeri – sempre sommando al loro indebitamento quello accumulato da Fingefa –, significa un “buco” finora accertato di circa 30 milioni di euro. Tutti soldi dovuti a banche e fornitori. L’istanza di fallimento, tuttavia, non pregiudica affatto la funzionalità degli impianti sciistici. Prima di dichiarare la Caporetto anche per Ski program e Tuglia sci, infatti, il liquidatore aveva provveduto a sottoscrivere con la società “Campetti Sappada 2010” l’accordo di comodato gratuito che permetterà al comprensorio di inaugurare, proprio oggi, la stagione invernale. «Accordo – tiene a precisare il commercialista – sul cui futuro, ora, sarà il curatore a decidere».
    Sul fronte giudiziario, intanto, l’avvocato Maurizio Miculan, che difende don Fabbro, sta valutando l’ipotesi di presentare istanza di dissequestro della documentazione al tribunale del Riesame, anche al fine di valutare se esistano elementi in grado di ipotizzare un fumus di reato a carico del prete. Dal canto suo, Pirelli Marti fa sapere, attraverso gli avvocati Luca Ponti e Vincenzo Cinque, la propria disponibilità a chiarire davanti al magistrato qualunque aspetto, utile a dimostrare come, nella sua gestione, non ci siano mai state azioni tese a ottenere profitti personali.

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